Educazione civica, una materia senza identità

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di Antonio Brusa

Che sia un pasticcio se ne sono accorti quei dipartimenti di storia che già si sono dati da fare per organizzare l’insegnamento dell’educazione civica, la cui introduzione – dal settembre successivo all’entrata in vigore della legge – è stata votata dalla Camera il 2 maggio di questo anno 2019. Che sia “un pasticcio” lo ha dichiarato in Parlamento uno dei tre astenuti, l’on. Gabriele Toccafondi (Gruppo Misto), ex sottosegretario al Miur nel governo Gentiloni. Una dichiarazione fatta in buona compagnia, nonostante la legge sia stata approvata – tra la soddisfazione generale – con una maggioranza che in altri tempi si sarebbe definita bulgara. Infatti, scorrendo il resoconto stenografico delle dichiarazioni di voto si constata che, sia pure con accenti diversi e pur votando a favore, quasi tutti i gruppi parlamentari ribadiscono le obiezioni di Toccafondi: la nuova materia non ha un insegnante dedicato, sarà difficile conciliare i contenuti disparati che prevede, mentre la quadratura del cerchio viene demandata alla bravura di un coordinatore che dovrebbe tirare le fila di lezioni e interventi didattici che potrebbero anche essere distribuiti fra tutte le discipline (e ricavarne un voto unico in pagella). Infine, dulcis in fundo, non vengono stanziati fondi sufficienti per formare queste nuove figure, o ricompensare adeguatamente un lavoro di coordinamento che – al dire dell’on Patrizia Prestipino (Pd), che da professoressa di lettere lo conosce bene – è massacrante.

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