Educazione civica, cittadinanza e Costituzione

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di Franco De Anna

In via “normativa” (come succede spesso nel nostro sistema di istruzione) la complessa problematica de “cittadinanza e costituzione” è diventata oggetto di definizione di una “materia di studio” con tanto di durata (numero di ore complessive), distribuzione di compiti di insegnamento (da progettazione collettiva a “titolarità” specialistiche), valutazione finale.

Come ovvio, data la complessità dell’oggetto tradotto in dispositivo di legge (vale erga omnes e dunque la definizione formale deve comprendere tutto ciò che non può non esserci), nello stesso itinerario di produzione normativa, si sono aggiunti tutti i tratti “comprensivi”: dalla educazione stradale, alla lotta al cyberbullismo, alla educazione ambientale, l’agenda 2030, ecc…ecc….
Una sorta di “enciclopedia delle educazioni”. 
Nelle strettoie dei tempi di approvazione della Legge, di pubblicazione sulla G.U e sulla andata in vigore, si delinea il rinvio alla attuazione effettiva della norma al prossimo anno scolastico. Da più parti si è avanzata l’idea di utilizzare tale intervallo per “provare” sul campo le condizioni di applicazione e realizzazione di quanto indicato nel “dispositivo normativo”.


Confermando (se ve ne fosse bisogno…) la mia personale lontananza da approcci normativi alla problematica pedagogica (programmi, indicazioni, tecniche didattiche codificate, segmentazioni curricolari…) provo ad elaborare alcune suggestioni al problema, che non hanno certamente “traduzioni operative” (le lascio a tanti esperti) ma forse non sono inutili come “premesse”.

• Cittadinanza e noità
Se ci si pone dal punto di vista dello sviluppo del “soggetto in formazione” verso l’adultità e l’autonomia soggettiva (la “formazione transitoriamente compiuta”: compiuta, non “ultimata”), nella dimensione strutturale, psico antropologica, la cittadinanza ha a che fare con la dimensione del “noi” nella formazione del soggetto.
Sul piano “sovrastrutturale” si riferisce invece ovviamente a modelli culturali socializzati e dinamiche storiche connesse, modelli di comportamento e scale di valori condivisi, e strutture istituzionali codificate. 
L’esplorazione della dimensione “sovrastrutturale” (dai comportamenti sociali “ammessi” alla organizzazione istituzionale) avviene attraversando stratificazioni complesse entro le quali si rielabora collettivamente la “strutturale” dimensione del “noi”.
Vorrei che si tenesse sempre presente l’articolazione delle due dimensioni nella formazione, sia perché il confronto con le articolazioni codificate della cittadinanza è solo una tappa, più o meno “avanzata”, ma non è certo a fondamento precoce del percorso formativo del soggetto, sia perché il livello istituzionale è quello più specificamente e storicamente determinato, e storicamente “variabile”. 
I processi a livello di struttura psico antropologica, invece, una volta consolidati nella formazione sono assai meno plastici, ed anzi, spesso operando come latenze, influiscono “nascostamente” ma con grande efficacia sui comportamenti collettivi.
In tale senso si ricordi sempre, per esempio commentando e lamentando la diffusione di derive razziste, che “ogni etnocentrismo è alimentato da egocentrismo”. E in tal senso non vi sono “prediche efficaci” (anzi, spesso controproducenti) se quella fonte sotterranea non viene governata fin dalla sorgente.
Nei processi formativi occorre perciò affrontare il problema innanzi tutto a livello di “costruzione del soggetto” (bildung) in un itinerario complesso che fonda su tale processo la stessa (e attentamente collegata) esplorazione progressiva della dimensione istituzionale/educazionale (le sovrastrutture, più o meno codificate).
Ovviamente per fare “educazione civica” non basta “imparare la Costituzione”.
Come si potrebbe fare, altrimenti, “educazione alla cittadinanza” per esempio in Gran Bretagna, dove non esiste una Costituzione codificata? Pure si fa e forse con maggiore efficacia.


• La dimensione strutturale della “noità”


L’animale (zoon) homo ha due caratteristiche fondamentali che presiedono la sua dimensione sociale (gregaria): arti e organi di senso non specializzati e una marcata neotenia.

Gli arti dell’uomo non hanno artigli per ferire, cacciare, aggrappare: non hanno zoccoli o ammortizzatori per favorire la corsa; homo ha un odorato rudimentale rispetto a tanti mammiferi, una vista limitata sia per distanze che per spettro, un udito di portata assai ristretta.
Gli adattamenti evolutivi, per tutte le specie, sono sempre contrassegnati da “compromessi” (adattamenti, appunto) ma la specie umana sembra essere caratterizzata da una concentrazione particolare di tali compromessi.
Anche una sua “specialità” come la stazione eretta, che ha costituito un fattore di successo evolutivo, ci costringe però quotidianamente a misurare la portata di tali compromessi attraverso i nostri mal di schiena.
L’assenza o il basso livello di specializzazione sono funzionalmente legati alla plasticità e complessità del cervello e del sistema nervoso come condizioni di un permanente adattamento.
E quello specifico coordinamento, proprio per la “plasticità” che lo caratterizza, sortisce effetti e risultati fortemente “individuali” e diversificati. In tal senso confermando la “non specializzazione”.
Il carattere neotenico dell’animale uomo presiede, a sua volta, ad una particolare lunghezza del percorso verso il raggiungimento della piena adultità. 
Anche limitandosi alla biologia homo sapiens impiega diversi anni per diventare adulto. Se si guarda ai processi di adattamento complessivi, probabilmente tale processo non è mai concluso. 
La neotenia marcata implica una gestione più che prolungata dei cuccioli (senza altri confronti zoologici) che, superando nettamente le fasi di fertilità non può che essere affidata in gran parte al “gruppo”. Lo specifico prolungamento della fase di adultità è cioè una componete essenziale e strutturale della gregarietà.
Il fondamento dell’adattamento e del successo della specie homo sta nel coordinamento tra un arto poco specializzato e dunque adattabile, ed un cervello plastico e in permanente sviluppo.
Su tali basi il carattere della gregarietà, che l’animale homo condivide con altre specie, acquista, rispetto ad altri “animali sociali”, carattere specifico, per il fatto che non si fonda sulla necessità di “collaborare” nel potenziare la propria specializzazione. (significativamente per garantire sopravvivenza e alimentazione). Ma dal fare fronte al basso livello di specializzazione e dunque al “mettere insieme” le proprie debolezze.
Un branco di lupi mette insieme la specializzazione delle proprie zanne aumentandone la potenza per cacciare un grande bisonte. 
Un gruppo di cacciatori umani mette rimedio alla debolezza della assenza di zanne e unghie (di specializzazione) soprattutto dividendosi i compiti e “specializzando” i ruoli, gli strumenti ed il loro uso (dunque a partire dal diverso coordinamento mano-cervello, plastico e fortemente individualizzato).

• Noità e formazione del soggetto

La noità cui si è accennato nel punto precedente non ha dimensione pedagogica. È a-pedagogica ed anzi spesso elabora, in sé, una dimensione antipedagogica 
Non si richiamano qui riferimenti antropo-etnologici che certo non mancano, sia per il passato che per il presente. Ma, sintetizzando e generalizzando (e scontando qualche inevitabile superficialità) si potrebbero formulare le seguenti proposizioni.
1. Il “luogo originario” della acquisizione (mai lineare) della dimensione del noi è ovviamente la famiglia. La prima dialettica io-noi è esercitata nel dimensionare e mediare il rapporto con fratelli, o comunque con altri “cuccioli” presenti nella famiglia allargata (si pensi alle famiglie contadine ed agli insediamenti famigliari plurigenerazionali: certo nella tradizione, ma tuttora presenti nelle aree agricole).
La cura dei cuccioli è affidata alla collaborazione collettiva dei componenti della comunità famigliare più o meno allargata. E l’esercizio autonomo della noità è “regolato” entro tale “cura”, e ad essa ed alla sua “sapienza” è affidato il delicato (e spesso inconsapevole) compito di accompagnare un processo dialettico e conflittuale di adattamento e “compromesso” evolutivo (vedi note precedenti)
2. La famiglia urbana e mononucleare (pur con tutte le varianti comunque compresenti) prosciuga storicamente quest’ambito di esercizio formativo della noità: non ci sono più fratelli, cugini, cuccioli conviventi. 
Non ci sono cortili e strade “di gioco”. E non vi è più la cura collettiva dei cuccioli che si esercitano ad acquisire il “noi”. La dimensione individuale tende a diventare “ambiente esclusivo” della formazione del soggetto. Correzioni, anche esse tradizionali, di tale evoluzione storico-sociale, sono le dimensioni associative giovanili: dagli scout agli oratori, dalle associazioni sportive

3. L’ambiente di esercizio della componente “strutturale” della noità si sposta progressivamente verso la scuola, investendola di responsabilità e funzioni e problematiche complesse. Innanzi tutto come dare spazio ed elaborazione alla dinamica io-noi, senza ricondurla semplicemente alla “legge”, o se si vuole alla “etica pedagogica” e al suo “repertorio idealtipico”. Occorre una combinazione assennata tra la possibilità di esplorare compiutamente i caratteri della gregarietà strutturale psico antropologica di “homo”, rielaborare noità e ricondurla e ricombinarla con la dimensioni “sovrastrutturale” dei “comportamenti sociali” o della acquisizione delle dimensioni istituzionali. (Si veda oltre)


4. La scuola “istituzionale”, in particolare nel modello italiano, dimostra spesso di essere un “contenitore inadeguato” per quella complessa dia lettica, declinando in modo assolutamente prevalente la dimensione di una “istruzione” che rinvia alla “enciclopedia” delle discipline e a “modelli” comportamentali formalizzati. La difficoltà ad affrontare alcune tematiche con radici profonde nella struttura psico-antropologica del soggetto dimostra la prevalenza di tale impostazione. È sufficiente il richiamo a due di esse assolutamente “opposte” ma che hanno comunque che fare con gli assetti psico antropologici più che con i “contenuti” tradizionali dell’insegnamento: la questione “bullismo” (e ancor più quella del fenomeno connesso all’uso delle ICT) e la questione “competenze” che ha una dimensione che va oltre l’apprendimento disciplinare.

Il problema cruciale che abbiamo di fronte, anche per tracciare sperimentazioni e transizioni è quello di recuperare proprio la declinazione della dimensione “strutturale” (psico antropologica) della noità entro il processo educativo.

Costituzione, Diritto, Economia, Storia, Filosofia, sono “discipline” che possono anche agevolmente trovare proprie “risagomatuire” per contribuire a percorsi finalizzati di “Educazione Civica”.

Ma è quella dimensione fondamentale della noità che deve trovare un difficile spazio nei nostri approcci “curricolari” (!?)
Rinvio ad un mio lungo articolo nel mio sito (CITTADINANZA E COSTITUZIONE lo trovate qui)
Voglio solo riprendere alcune affermazioni precedenti: quella dimensione originaria della noità umana ha i caratteri della socialità dell’homo sapiens basata sulle “debolezze” e sulle “individualizzazioni” dell’adattamento (la debolezza dei cacciatori umani) non sulla “potenza” della specializzazione collettiva (le zanne e gli artigli del branco dei lupi).
Tanta pseudo psicologia si propoala invitando a “valorizzare la propria forza e la propria autostima”.

Ogni docente buon osservatore delle dinamiche della noità che si sviluppano nella sua classe riconosce che ciascuno dei gruppi che la animano (la classe NON È UN GRUPPO) è proprio composito da diverse “parzialità” che si combinano: c’è il “forte”, il “furbo”, il “comico”, il “debole”… e il “leader” non è il “più” ma quello che sa stare sui nodi e la intersezione della comunicazione degli altri…
La seconda affermazione è che senza la assennata esplorazione e elaborazione di tale dimensione si residuano “prediche” e invocazioni generiche che lasciano inalterate le strutture profonde del soggetto e i meccanismi della loro costituzione. Come quando facciamo “educazione alla pace” e poi i nostri alunni, stanchi di prediche, se le danno di santa ragione allo stadio. (Per tacere delle tante “unità formative” dedicate all’ambiente).

Per approfondire consulta e leggi altri interventi di Franca De Anna nel suo sito Per aspera ad astra