UNA TECNICA DI VITA: IL TESTO LIBERO

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UNA TECNICA DI VITA: IL TESTO LIBERO
(twitter, SMS, Messenger…e il piacere della scrittura?)

di Giancarlo Cavinato

 

A distanza di quasi cento anni, il testo libero fa ancora parte delle ‘nuove tecniche’ didattiche[1]

Nella pedagogia popolare c’è un concetto centrale, il testo libero, da vedersi non come pura tecnica strumentale (“occasione” per esercizi di vario tipo), ma, in un ambito più vasto, pensiero che si esprime e si comunica ad altri, che si estende ad altre forme espressive anche non verbali, ad attività manuali (ad es. la tipografia), alla riflessione linguistica muovendo dalla messa a punto collettiva dei testi”[2]
Il testo libero’, scrive Gisella Galassi[3], ‘consente una ricchezza di articolazioni come lingua viva, ‘vissuto’ che si deposita nella scrittura, entra ed esce dalla scuola e conduce al possesso di molti codici linguistici oltre che ad un notevole arricchimento umano.’

Eppure la pratica del tema continua a prevalere nella scuola nonostante uno sviluppo delle scienze del linguaggio fondato sulla comunicazione e sulla necessità di interlocutori reali e contenuti significativi per i soggetti.
Pierre Clanché, un pedagogista francese, ha raccolto centinaia di testi liberi adottando come schema di analisi dei contenuti il lavoro di Barthes sul piacere del testo e ricercando delle costanti, legate a temi di ambito familiare e di vita vissuta.[4]

Scrivere senza un argomento definito a priori, (lo stesso per tutti gli alunni della classe), richiede come condizione la libertà di scelta e di espressione.
Paul Le Bohec, maestro francese del movimento Freinet, parla di ‘testo libero “libero”[5].
La consegna agli alunni non può esaurirsi nel dire loro ‘scrivete quello che volete’. Questa, dice Paul, è una falsa libertà. In realtà di tratta di un testo condizionato all’atmosfera povera della classe, al modello offerto dall’insegnante, ad interventi adulti che sminuiscono il valore degli sforzi. Si dice ‘scrivete liberamente’ ma in realtà il messaggio subliminale è: ‘scrivere così che l’insegnante sia contento’.

Quello che la pragmatica della comunicazione definisce un doppio vincolo.
Muovendo dai primi racconti orali, che l’insegnante trascrive su grandi fogli appesi alle pareti, così che possano essere letti e apprezzati dai compagni e da altri insegnanti, genitori, dai corrispondenti, in cui si raccontano piccoli episodi di vita familiare o del quartiere, giochi e scherzi, si parla dei propri animali, di un film, uno spettacolo di circo, una sagra, si perviene al desiderio di scrivere da sé le proprie storie, così da suscitare negli altri voglia di ascoltarle, leggerle, scriverne a propria volta. Ma bisogna che sia stato dato il segnale che si può ‘davvero’ scrivere di tutto.

Anche giochi di parole[6], codici inventati, storie ‘a rovescio’ (partendo dalla fine), catene di parole e di frasi, elenchi, spiegazioni del funzionamento (di un gioco, di uno strumento,…), ricette ‘vomitevoli’,…[7]

Questo desiderio di libertà non è lo stesso anche per gli adulti? ‘Nessuno ama girare a vuoto’ scrive Freinet nelle sue Invarianti[8]; ‘Nessuno- il bambino come l’adulto- ama essere comandato d’autorità’ ‘A nessuno piace essere costretto a fare un certo lavoro. La costrizione è paralizzante.’
Scrivo per la stessa ragione per cui leggo, per cercare di vivere meglio, per provare un maggior numero di sensazioni e con più intensità, per riuscire a comprendere meglio le persone e le cose, per vedere più chiaro dentro di me e fuori di me, per donare e ricevere, ed ancora per ricevere e donare, per sfogarmi, per riuscire a vivere imparando a comportarmi sempre meglio. Qualche volta anche per gioco, per il piacere dato dall’immaginazione, per gioire della libertà, uguale a quella del gioco, di eludere la vita quotidiana. La passione di scrivere non fa vivere un po’meno per creare un po’ di più, bensì penso che sia per sé e per gli altri l’arte di illuminare un po’ più la vita per viverla intensamente.’[9]

Molte di queste sensazioni ed esperienze si possono provare fin dai 7-8 anni. Provare per credere. I testi via via prodotti, che aumenteranno in qualità e in quantità, possono trovare un’adeguata collocazione in giornalini, corrispondenze, in un ‘libro di vita della classe’, abbelliti con disegni, foto, incisioni,…
Ogni alunno nel suo piano di lavoro personale potrà settimanalmente proporre di scrivere da uno a più testi che, raccolti in dossier, verranno via via letti ( in momenti molto attesi in cui i compagni ascoltano, consigliano, chiedono… senza timori di giudizi e voti). Si crea così un circuito fra la produzione, la comunicazione, il perfezionamento attraverso la messa a punto ( ben diversa dalla correzione degli errori da parte dell’adulto.

Un circuito che passa attraverso l’espressione e la creazione personale e di gruppo di canti, poesie, grandi pannelli con storie in sequenza,… così che le fantasie si accendano e si contaminino e ogni alunno possa esplorare possibilità diverse.
G. Perec, del gruppo dell’Oulipo, scriveva che l’individuo nel suo sviluppo parte parlando di sé, poi degli altri, del mondo, e inventando situazioni nuove.
Ci sarà chi preferisce una strada, un ingresso nel mondo della scrittura, chi un altro, a seconda di quanto lo avrà colpito e a cui sente il bisogno di reagire, e chi un altro. I percorsi, per essere liberi, non possono seguire tutti la stessa progressione.

L’insegnante ha il compito di curare la cornice, l’organizzazione dei tempi e degli spazi, la lettura agli altri dei propri testi (gli alunni si accorgeranno che se ci sono più testi da leggere nello spazio dedicato a questa attività e bisogna scegliere uno-due testi al giorno, per rendere appetibile il proprio testo dovranno dargli un titolo il più accattivante possibile; un titolo come ‘Delitto in cucina’ attirò subito la curiosità- trattava della nonna che aveva tirato il collo a una gallina), l’attività di revisione per renderlo più comunicativo. Ma l’insegnante può anche proporre degli stimoli (immagini, musiche, uscite interessanti, giochi, argomenti di ricerca, laboratori tematici di carattere espressivo o scientifico,…). Rodari definiva la pedagogia Freinet una pedagogia dello stimolo e non del modello, con proposte aperte.

Lo sforzo di noi educatori, scriveva Le Bohec, è di fornire opportunità per impadronirsi del linguaggio e non farne strumento di potere per indurre a comportamenti condizionati ma tramite di emancipazione. ‘E’ illusorio credere di poter raggiungere tale scopo concentrandosi unicamente su una dimensione. Bisogna poter circolare continuamente e liberamente da un campo all’altro, dal livello ‘demens’ a quello ‘sapiens’, attraversando l’aspetto ‘ludens’ senza bloccare i processi di elaborazione che sono specifici di ogni singola persona. Riuscire a fare questo richiede, è chiaro, da parte dell’insegnante, una formazione, una pratica personale, una effettiva esperienza.’[10]

Chi vuole avventurarsi su questa strada troverà nel Movimento di cooperazione educativa idee e proposte di lavoro e supporto alle esperienze.

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[1] Ciari B., ‘Le nuove tecniche didattiche’, ed. dell’Asino, riedizione 2015
[2] Pettini A., Informazioni MCE, bollettino della pedagogia popolare, n. 6/1984, p.19
[3] Galassi G., ‘Il testo libero’, Cooperazione educativa, La Nuova Italia, Firenze, n. 6/1985, p. 16
[4] Clanché P., ‘Le texte libre, écriture des enfants’, Maspéro, Paris ; ‘Anthropologie de l’écriture et pédagogie Freinet’, Prresses Uiversitaires de Caen
[5] Le Bohec P., ‘Le texte libre…libre’, éd. Odilon, Nailly, 1996
[6] Vretenar N. ( a cura di) ‘Dire fare inventare. Parole e grammatiche in gioco’, Asterios, Trieste, 2019
[7] Le Bohec P., ‘Scrivere è anche giocare’, Cooperazione Educativa, La Nuova Italia, n. 8/ 1988, p. 32 sgg..
[8] Freinet C. ‘ Gli invarianti pedagogici’ (Les invariants pédagogiques- Oeuvres pédagogiques- Seuil-Paris-1994-vol2 pp383-413 ; (traduzione Alain Goussot)
[9] Roy C., ‘Permis de séjour’, Gallimard 1986, p. 78
[10] Le Bohec P., ‘Scrivere è anche giocare’, cit., p. 39