di Annalisa Filipponi[1]
Il cambiamento non è mai stato così veloce
e non sarà mai più così lento
(Graeme Wood, 2019)
Il paradigma della complessità, caratteristico della società contemporanea, richiede mutamenti ed adattamenti sempre più frequenti e repentini ed ha necessariamente imposto un ripensamento tuttora in corso, sia dal punto di vista organizzativo, sia dal punto di vista didattico.
Come descrive bene Giovanni Lo Storto[2] due saranno i modelli educativi prevalenti: l’ormai tradizionale lifelong learning (imparare nuovi saperi lungo tutto il corso della vita) e quello che possiamo chiamare life largelearning, che, usando le parole di Lo Storto in un passaggio del suo libro “Ero Studente”, possiamo definire in questo modo: “Life largelearning è altro. Non è più la sola determinazione temporale che conta, perché è oramai un dato di fatto che la formazione debba durare tutta la vita. (…) E’ un processo di istruzione e allo stesso modo di vita – ecco perché life – e conta al suo interno opportunità e abilità, conoscenza e umanità”
Infatti, posto che si dovrà imparare sempre, è necessario “allargare la formazione, abbracciando ogni occasione di apprendimento che si presenta davanti a noi”. Sempre secondo Lo Storto nessuno è più “studente” in senso tradizionale, non si riceve più la conoscenza in forma diretta e trasmissiva dall’alto, siamo tutti “apprenditori permanenti”. Il life largelearning si realizza quando gli studenti imparano che, oltre allo studio, c’è tutto un mondo da conoscere, quando appare chiaro che continuare a formarsi “all’antica”, anche se in un’ottica multidisciplinare, escluderà da molte opportunità.
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