Valutare è necessario, ma c’è modo e modo

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abcdi Giancarlo Cavinato

Il tema della valutazione è cruciale. Ed è cruciale il perché della valutazione.
Sottende un’idea di insegnante, di scuola, di società.
La valutazione, pur espressa in modi e forme diversi, é comune a tutte le scuole.
La valutazione è necessaria? Una scuola può non valutare?
Si può tranquillamente rispondere che la valutazione non è solo necessaria, ma che non è pensabile una scuola che non valuti. Ma c’é modo e modo, finalità e finalità, criteri e criteri.

Quando si cominciano a porre e porsi domande di tipo:
-Chi valutare?
-Cosa valutare?
-Come valutare?
-Perché valutare?
subito cominciano le differenziazioni.

Il valutare non è un fatto semplice e i fini, le modalità, le tecniche della valutazione non sono così definiti da non lasciare margini di dubbio e incertezza. [1]
Risale agli anni 70 la critica pedagogica e politica a una scuola selettiva che respingeva ed emarginava gli alunni più ‘lontani’ dal tipo di cultura che essa intendeva trasmettere. Colpevolizzando sempre e solo l’alunno e mai mettendo in conto le eventuali carenze dell’istituzione (assenza di strutture e risorse adeguate, povertà di strumenti didattici, brevità dei tempi di lavoro, carente formazione degli insegnanti). Una scuola che valuta l’alunno ma non valuta se stessa.

La scuola ‘moderna’ auspicata da Freinet è, viceversa, la scuola del successo, non una scuola dello scacco o degli errori.
Il bambino è della stessa natura dell’adulto… Non c’é una differenza di natura ma soltanto una differenza di grado. Prima di giudicare un bambino o di sanzionarlo, fatevi la domanda: se fossi al posto suo, come potrei reagire? E come agivamo quando eravamo come lui?”
Nessuno ama girare a vuoto , agire come un robot fare degli atti, piegarsi a dei pensieri iscritti in meccanismi ai quali non si partecipa. Se un bambino gira i pedali di una bicicletta immobile, si stancherà presto»
Ogni individuo vuole riuscire. La bocciatura è inibitrice, distruttrice dell’andatura e dell’entusiasmo[2]

Per attuare un insegnamento coerente, Freinet mette a punto una serie di dispositivi e di pratiche. Di alcune tecniche si tratta in altre rubriche di questo ‘alfabetiere: l’assemblea, il metodo naturale, il piano di lavoro, gli schedari autocorrettivi, il tentativo sperimentale. Altri strumenti verranno esemplificati in seguito (la messa a punto collettiva dei testi, i brevetti, i profili pedagogici,…).
Sono ‘tecniche di vita’ fondate sull’autovalutazione degli alunni e degli insegnanti, sulla discussione (chiedendo ai propri alunni cos’è secondo loro la valutazione’ per cosa è utile,..), sull’attivazione di processi di gruppo accanto a quelli individuali.

In una classe organizzata in forma cooperativa in cui il successo di ognuno è legato al lavoro e all’impegno di tutti. E le modifiche delle percezioni reciproche attraverso la registrazione dei progressi sono di stimolo e motivazione a cooperare superando competitività e individualismi.

Paul Le Bohec, maestro bretone collega di Freinet, utilizzava le puntine da disegno colorate. Ogni alunno aggiornava i propri istogrammi personali nelle diverse attività registrando gli esiti e i progressi, confrontandosi così con se stesso, non con gli altri e quindi evitando frustrazione e gerarchie di valore.
A sua volta la corrente della pedagogia istituzionale francese ha messo a punto strumenti e tecniche per la valorizzazione dei soggetti, del loro bisogno di essere considerati e di valere modificando le relazioni d’aula e considerando i soggetti in grado di darsi autonomamente regole e istituzioni della classe (‘da istituiti ad istituenti’). Oury introduce le cinture di capacità di diversi colori secondo il modello del judo. I possessori di colori più alti sono invitati ad aiutare i compagni.

Tocca a noi trovare le organizzazioni adatte per far lavorare ogni bambino, per farlo riuscire, progredire, senza per questo rinunciare ai lavori collettivi che assicurano la coesione e il dinamismo del gruppo-classe e che fanno della cooperativa una realtà generatrice di impegni personali. Ci sembra difficile parlare di cooperativa, di gruppi, di istituzioni o di qualsiasi altra cosa, se prima di tutto nella classe ogni bambino non ha la possibilità di lavorare al suo livello e al suo ritmo.’[3]

Così come A. De La Garanderie ha condotto ricerche sui diversi stili di apprendimento e le modalità (lui li definisce ‘gesti’ mentali) di elaborazione, memorizzazione, evocazione di contenuti, riflessione personali, suggerendo di condurre con gli alunni un dialogo pedagogico per farle emergere e rispettare.[4]

Il ritorno dei voti numerici e della possibilità di bocciare con l’epoca Gelmini ci conduce a riprendere quel lungo percorso che aveva portato, grazie a tante maestre e maestri, alle motivazioni sociali e culturali di una pedagogia attiva e cooperativa.
Tanto più che oggi la presenza nelle classi di alunni portatori di culture, lingue, contesti di appartenenza diversi, rende necessario ripensare l’impianto complessivo di contenuti e attività.
La mia incapacità a esprimere con un numero quella complessa realtà che è il bambino a scuola, ha diverse motivazioni. La pagella, così com’è oggi, è uno strumento di valutazione impreciso e soggettivo. Il numero che dovrebbe essere scritto nelle caselle corrispondenti alle “materie” o a gruppi di attività, è il risultato di una strana miscela di sensazioni riguardo alle attività del bambino, che il maestro compie sulla base di un modello di sufficienza che varia da insegnante a insegnante.[…] La prima scoperta che fa l’educatore quando instaura un rapporto non autoritario con gli alunni, è che essi sono tutti diversi. […] L’educatore che ricerca e utilizza le diverse attitudini e capacità personali nel contesto sociale della classe, realizza attività collettive nelle quali ogni bambino, stimolato dagli altri, dà il meglio di sé. Viene così innalzato il livello collettivo della ‘produzione scolastica’ realizzata sulla base degli interessi dei bambini e non dell’imposizione del maestro. In questo caso non è possibile valutare l’apporto individuale sia qualitativo che quantitativo, perché ogni intervento è legato agli altri. E’ un tipo di intervento che la pagella non considera…’[5]

IL MOVIMENTO DI COOPERAZIONE EDUCATIVA E LA VALUTAZIONE

a) la valutazione è attribuzione di valore per l’autostima e la motivazione al successoè riconoscere:

  • LE CONDIZIONI SOCIALI E PSICOLOGICHE DEI SOGGETTI
  • I BISOGNI FORMATIVI E LE CONDIZIONI PER ESPLICITARLI
  • IL GRUPPO COME RISORSA PER L’APPRENDIMENTO

b) la valutazione attesta i livelli di apprendimento, le competenze raggiunte e orienta l’azione didattica e la progettazione della scuola descrivendo gli apprendimenti effettivamente realizzati in termini di conoscenze e competenze;

c) è una valutazione “per l’apprendimento” e non “dell’apprendimento” nel senso che riconosce le potenzialità e facilita l’autovalutazione da parte dell’alunno;

d) non si limita a “registrare” i successi o gli insuccessi ma accompagna il processo di apprendimento attraverso modalità di valutazione che supportano la motivazione di ciascun alunno e registrano i processi personali e di gruppo ;

e) descrive le competenze e gli apprendimenti effettivamente raggiunti superando il concetto di valutazione come misurazione degli apprendimenti: valutare un alunno non è calcolare la media aritmetica delle singole verifiche, ma individuare le sue reali competenze.

f) per questo il MOVIMENTO DI COOPERAZIONE EDUCATIVA ha lanciato la campagna di sensibilizzazione ‘Voti a perdere’ coinvolgendo oltre 20 associazioni, organizzando giornate di studio e incontrando centinaia di insegnanti e genitori

La campagna si inserisce in un percorso di riflessione e di ricerca-azione attorno ai temi più complessivi della valutazione formativa, e delle competenze. Resta forte la nostra attenzione all’innovazione delle metodologie, al superamento della lezione frontale e di una didattica trasmissiva, alla ricerca di pratiche didattiche volte al riconoscimento della dimensione formativa nella valutazione,in un’ottica di scuola inclusiva.

Per aderire alla campagna www.mce-fimem.it

[1] Malfermoni B., ‘La valutazione’, supplemento a ‘La vita scolastica’, fascicolo n. 11, 1977
[2] Freinet C., Les invariants pédagogiques- Oeuvres pédagogiques’, Seuil-Paris-1994 vol. 2 pp 383-413, traduzione di Alain Goussot
[3] A. Vasquez, F. Oury ‘Tecniche e istituzioni nella classe cooperativa’, Emme ed., Milano, 1979
[4] De La Garanderie A., ‘I profili pedagogici’, La Nuova Italia, Firenze, 1991
[5] Lodi M., ‘Le pagelle’, in Cooperazione Educativa n.5-6, la Nuova Italia, Firenze 1974 (questo e altri testi nel blog ‘finedeivoti’)