Le buone ragioni della soggettività nella valutazione

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di Raimondo Giunta

  • “Se la valutazione deve essere il più possibile equa,ci sono molte buone ragioni per restare soggettiva”(J.Cardinet-1992).
  • Dopo la pressante stagione in cui si è cercato e si è preteso di arrivare alla misura esatta nella valutazione, da tempo si cerca di superare questo orientamento per trovare nuove e più sentite pratiche di valutazione, che rispecchino la sua funzione educativa e la liberino dai sospetti che si aggirano intorno ad essa, come dice Perrenoud.
  • Forse è un sogno irrealizzabile l’oggettività o forse è una forma di ideologia cancellare la soggettività in alcune attività e in alcuni momenti del processo di formazione.
    Per quel che riguarda la valutazione è possibile affermare che essa si può dare proprio perchè viene implicata la soggettività di chi valuta. Non è la standardizzazione delle prove il modo per evitare l’arbitrarietà dei giudizi, giustamente sottolineata e condannata dalla docimologia.
  • “Non bisogna coltivare il sogno che sia sradicata ogni forma di soggettività, che l’insegnante sia una macchina per valutare senza pregiudizi, nè preferenze, senza errori e omissioni, senza stanchezza e noia. Bisogna rompere con questa diffidenza che rende stupida la valutazione” (Perrenoud).
    Nè tantomeno ci si può fermare alla logica giudiziaria della prova, che è insita nella pretesa della misura esatta.

    Valutare non vuol dire istituire il tribunale delle colpe e degli errori con tutto il corredo di drammatizzazione, di stress e di angoscia (Perrenoud). Se valutare serve per apprendere, bisogna ricordare che l’apprendimento vero si realizza in una relazione educativa esigente, autorevole, coerente,ma fondata sul rispetto assoluto del lavoro e della persona dell’alunno,sulla fiducia reciproca e sulla collaborazione.

Il problema da affrontare nella valutazione non è la soggettività, ma l’arbitrarietà. E contro di essa che bisogna combattere tenendo presente che la valutazione è un atto del pensiero, al quale si deve richiedere un modo cosciente, rigoroso e critico di procedere. Nella valutazione ”il progresso non va dalla soggettività all’oggettività, ma dall’inadeguato al pertinente”(Ch.Hadji). Nella valutazione non bisogna farsi illudere da analogie ingannevoli con le scienze esatte, che possono misurare o pesare gli oggetti di loro pertinenza.

“Valutare non è pesare un oggetto che si potrebbe isolare sul piatto di una bilancia e apprezzare questo oggetto in rapporto ad altra cosa rispetto ad esso”(Ch.Hadji).  La buona valutazione va sempre alla ricerca dell’attendibilità.

La valutazione liberata dalla tentazione oggettivistica aiuta a intavolare e a nutrire un dialogo proficuo tra docente e alunno e a permettere a quest’ultimo di gestire i propri apprendimenti, perchè potrà disporre di informazioni che lo possono illuminare, incoraggiare, guidare nell’analizzare la propria attività e nel porre attenzione ai propri punti di debolezza e di forza.

Valutare è un atto della soggettività. E’ prendere partito sull’accettabilità di una realtà:

A) La valutazione prepara una decisione. Secondo il tipo di decisione tutto il processo di valutazione sarà finalizzato al raggiungimento dell’obbiettivo fissato. C’è sempre qualcuno che sceglie il tipo di obbiettivo che bisogna raggiungere e questa scelta è un’espressione di soggettività;

B) Una volta conosciuto il genere di decisione bisogna scegliere i criteri ai quali dovrà corrispondere l’oggetto valutato. Per ogni valutazione c’è una molteplicità di criteri che possono essere presi in considerazione. Bisogna fare una scelta che non sia casuale. La scelta dei criteri è un’operazione importante da cui dipende la buona decisione. Si è sempre nella logica della soggettività;

C) I criteri definiscono in modo astratto e generale l’ideale a cui deve corrispondere l’oggetto valutato. Per sapere se i criteri saranno soddisfatti bisogna disporre di un certo numero di indicatori per ogni criterio. Gli indicatori sono tanti: bisogna farne una scelta. La scelta degli indicatori è una scelta soggettiva;

D) Per raccogliere le informazioni degli indicatori il valutatore deve scegliere un metodo tra i tanti possibili. La scelta del metodo è un’operazione soggettiva

E) Raccolti dati e informazioni bisogna confrontare indicatori e criteri per vedere se c’è o no adeguatezza tra realtà e norma. Momento cruciale della valutazione. Momento in cui si determina il valore, si assegna il “significato” attraverso un giudizio di valore. Un giudizio non arbitrario, ma conseguente alla procedura prima indicata e che deve essere in ogni fase ampiamente motivata.
L’assegnazione di un “valore” è un atto della soggettività di chi valuta. Con la chiarezza e la profondità che lo distinguono B.Rey afferma: ”La dimensione che si misura e che si prende in considerazione è l’effetto di una scelta soggettiva”.

A ben vedere tutte le operazioni inerenti alla valutazione sono tutte segnate dall’apporto consapevole e responsabile della soggettività del valutatore. Non ha senso evitarla, perchè è essa stessa a dare un significato alla valutazione.
Bisogna essere coscienti della propria implicazione personale, regolarla ed evitare ogni forma di arbitrarietà e di oscurità.

La valutazione a tutti gli effetti, sgombrate le macerie dell’oggettivismo e della misura esatta, è un atto ermeneutico in cui non si può trascendere da se stessi, anzi in cui si pone se stessi, ma in cui occorre fare chiarezza con rigore per evitare che la realtà venga assoggettata a criteri non debitamente formulati e motivati.

La valutazione spesso è un messaggio più che una misura. E’ quindi un problema di comunicazione, un problema di dialogo. Come messaggio, la valutazione deve essere chiara, accessibile e dotata di senso per quanti la ricevono.