C’è giustizia nelle valutazioni?

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di  Raimondo Giunta

  • Il titolo di studio è ancora  garante  delle competenze in possesso dei giovani che escono dai nostri istituti superiori? Che valore ha oggi ?
    Gli effetti sociali,se ancora ce ne sono,sono proporzionali ai punteggi ottenuti dagli studenti. Per alcuni comportano la legittimazione ad entrare in alcuni settori universitari, se non si procede ai test di ammissione,e in alcuni limitati ambiti del mercato del lavoro,per gli altri ,invece,possono significare l’esclusione o la marginalità sociale.
  • nche se il titolo di studio è ridotto ad evidente malpartito, nei procedimenti di valutazione conclusiva come in tutti gli altri che li precedono si aprono questioni di giustizia, che non dovrebbero essere ignote ai responsabili di ogni singolo istituto, ai docenti e ai commissari degli Esami di Stato.
    L’insuccesso  non è solo la bocciatura o l’esclusione dagli esami di Stato;vanno considerati come insuccesso la totalità dei voti vicini al minimo e questi, che non sono pochi,costituiscono un problema sul quale si dovrebbe ragionare.
    Un problema che non nasce in sede di esami, perché in quella sede ha la sua ultima manifestazione.
  • Quando si parla di valutazione, da molto tempo, è diventato abituale nascondere le dimensioni sociali di un’operazione che ha comunque un’incidenza sul destino dei giovani che attraversano l’istituzione scolastica.
    La valutazione non è un atto esclusivamente didattico; non è pensabile come se ci fosse il vuoto tra scuola e società. Si trascura il peso che vi gioca il contesto in cui opera un’istituzione scolastica e in cui vivono gli alunni o i soggetti in formazione. Si obietta che l’attenzione posta all’insuccesso scolastico spinge a trascurare la valorizzazione dei meriti individuali, dando per scontato e necessario che l’una e l’altra debbano essere per forza in contraddizione.
  • Alcune forme di valutazione, purtroppo, funzionano spesso come sanzione per gli alunni in difficoltà e per quelli più deboli.
    La valutazione viene impiegata per escludere e stigmatizzare e spesso si dimentica che potrebbe/dovrebbe essere un’opportunità per consentire agli alunni di apprendere meglio. Nei fatti si registra un’oscillazione costante tra una concezione democratica della valutazione, inclusiva e a sostegno delle pari e migliori opportunità per tutti e una concezione elitista, formalmente meritocratica, funzionale alla riproduzione delle distanze sociali esistenti ad un certo momento della storia di una società.
    Successo e insuccesso scolastico non sono solo legati, come spesso si vorrebbe fare credere, alle caratteristiche degli alunni; verosimilmente sono il risultato di un giudizio degli attori del sistema scolastico sulla “distanza” di un alunno dalle norme di eccellenza scolastica in vigore.
    I criteri di eccellenza cosi come quelli di sufficienza non sempre sono adeguatamente giustificati e scevri di connotati sociali, così come le prove che li dovrebbero convalidare.
    Per dirla chiaramente, nella valutazione si annida spesso un certo grado di arbitrarietà. Sia nei valori di riferimento, sia nella scelta vincolante dei saperi e delle competenze da valutare.
  • Per potere affermare che c’è giustizia nelle valutazioni scolastiche, bisogna vedere se ogni giovane,qualunque sia la origine sociale, riesce a confrontarsi in classe  con gli altri su un piano di parità; bisogna vedere se ogni giovane ha la possibilità di valorizzare  le proprie attitudini  per vivere secondo il principio di dignità; bisogna vedere se si è contribuito a diminuire le differenze di riuscita tra giovane e giovane e se quelli che sono allo stesso livello di talento, di capacità e hanno lo stesso desiderio di utilizzarli hanno avuto le stesse possibilità di successo,senza tener conto della loro condizione sociale.
    Per fare giustizia nella valutazione si deve aver chiara l’idea che le disuguaglianze della società si riversano nella scuola e agiscono attraverso i meccanismi della sua organizzazione.
    I fattori interni che possono produrre effetti di iniquità, registrati e riassunti nel modo di fare valutazione, sono collegati al curriculum, alla dotazione degli organici, al reclutamento e alla formazione dei docenti, alle risorse disponibili, all’unitarietà e differenzazione degli indirizzi, alla formazione delle classi, all’assegnazione dei docenti alle classi.
  • Il curriculum ufficiale, quando evidenzia la prevalenza degli aspetti logici, linguistici e astratti, rende probabile l’insuccesso di determinati alunni.
    ”L’ineguale distanza dalla cultura scolastica è un fattore di successo per alcuni,di insuccesso per altri.Non partendo tutti dallo stesso punto,non hanno lo stesso cammino da percorrere per padroneggiare il curriculum. Basta che la scuola tratti gli alunni della stessa età come eguali in diritti e doveri per trasformare le differenze di patrimonio culturale in disuguaglianze di successo scolastico”(Bourdieu-1966).
    Senza questa consapevolezza l’aura di oggettività con cui si cerca di rivestire le pratiche di valutazione serve solo a dissimulare la riproduzione dell’ordine sociale esistente, con le sue grandi ingiustizie,mentre si proclamano ad alta voce il merito individuale e la mobilità sociale.