Homeschooling, Filter Bubble e lo spirito del tempo

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di Aluisi Tosolini

Sulla scuola parentale (e sulle specificità tutte italiane di questa esperienza) hanno già scritto in molti su questo sito e lo hanno fatto in modo per me davvero convincente e molto approfondito.
Così, quasi come una chiosa, credo possa essere utile aggiungere solo un piccolo ulteriore approfondimento che connette alcuni aspetti dell’esperienza homeschooling con il più complessivo spirito del tempo nel quale viviamo.

Nel 2011 lo studioso americano Eli Pariser ha scritto un saggio che ha avuto molto successo. Il suo titolo è The Filter Bubble: What The Internet Is Hiding From You, tradotto poi in italiano dalla casa editrice Il Saggiatore con il titolo Il Filtro (una sintesi della posizione di Pariser si può leggere su Internazionale).
Nel volume Pariser spiega con grande precisione il funzionamento della bolla nella quale molti utenti internet si rin-chiudono grazie ai filtri che vengono adoperati nel corso della navigazione. L’esito è semplice: ognuno vive la propria vita in un mondo fatto a misura di marketing che finisce per diventare costrittivo. Un’isola di sole notizie gradevoli, attinenti ai nostri interessi e conformi alle nostre convinzioni, che lascia sempre meno spazio a punti di vista diversi e a incontri inaspettati, limita la scoperta di fonti di creatività e innovazione, e restringe il libero scambio delle idee.

Il sociologo Vanni Codiluppi – studioso dei fenomeni comunicativi presenti nel mondo dei consumi, dei media e della cultura di massa –  recensendo il volume di Pariser scrive: ciascun utente del Web tende a vivere oggi all’interno di una “bolla” in cui può sperimentare soltanto quello che corrisponde ai propri interessi e alle proprie opinioni personali. Ne consegue che si riduce la capacità personale d’innovare, perché è noto che la creatività può nascere soprattutto dall’incontro con l’imprevisto e l’inconsueto. Il digitale sembra dunque produrre un effetto di tipo paradossale: accelera con forza i movimenti dei flussi comunicativi, ma rallenta pesantemente i processi di cambiamento in atto all’interno dell’economia e della società” (vedi link).

Inoltre, continua Codiluppi, Pariser mostra con chiarezza come funziona il “filtraggio” rispetto al mondo esterno, ovvero come “uno spazio nato come liberamente accessibile e privo di confini si è progressivamente trasformato in un insieme di luoghi recintati e chiusi, dove spesso si può accedere a certi servizi solamente pagando un determinato prezzo. Il risultato di tutto ciò è che ciascun utente tende a vivere all’interno di una “bolla”, la quale diventa progressivamente sempre più definita, ma anche sempre più isolata. Ciascuno vede riflesse nello schermo del computer solamente le sue opinioni personali e si vede offrire solo quello che corrisponde ai suoi interessi. Non siamo cioè di fronte ad un mondo più libero e democratico, ma semmai al suo contrario. La democrazia richiede infatti che ci sia un confronto tra diversi punti di vista a partire da una piattaforma comune, da una conoscenza almeno parzialmente condivisa dello stesso argomento. Se ognuno vive in una “bolla” personale popolata solamente dei suoi interessi, ciò difficilmente può verificarsi”.

Per questo motivo ho scritto prima che l’Homeschooling è, a mio parere, perfettamente connaturata allo spirito del tempo. Di questo strano ed assurdo tempo nel quale alla massima potenzialità e possibilità di incontro e scambio con l’alterità corrisponde poi, nella pratica quotidiana, una comoda bolla che ci tiene al caldo e al riparo da tutto ciò che è “altro”, diverso. Il rischio – a livello educativo e sociale – sta proprio qui: nel venire meno del contesto e dello spazio in cui far interagire le differenze. Lo spazio del conflitto da gestire in modalità nonviolente. La spazio della conversazione necessaria, direbbe Sherry Turkle.