Tempo perso? Ma quando mai!

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di Raimondo Giunta

Un bel post di Simonetta Fasoli mi spinge a tornare sull’infelice, sgradevole e immotivato proposito di recuperare il tempo che si sarebbe perso nelle tante settimane di didattica a distanza.
Non credo che ci sia stato un periodo così difficile nella vita della scuola come quello che si è trascorso e si trascorre per mantenere in vita e sviluppare nei limiti del possibile il rapporto educativo tra docenti e alunni. Il tempo della scuola è stato ed è quello determinato dalle istituzioni che la governano; lo sarà ancora, per gli evidenti vincoli che tutti conosciamo. Non può essere dilatato a piacimento; forse a piacimento lo si è ridotto e ancora lo si può ridurre con le più complicate motivazioni.
Nel tempo della scuola scorre con un proprio e diverso ritmo quello della crescita, dell’educazione, della maturazione degli alunni. Non sono rari i casi in cui il tempo della formazione non collima con quello istituzionale e dentro questa cornice può soffocare.

Il conflitto tra il tempo istituzionale e quello educativo ha certamente avuto modo di verificarsi nei tanti mesi della didattica a distanza; può, però, darsi che abbia avuto più successo quello educativo proprio per le particolari condizioni in cui si è sviluppato il processo formativo.
In parole povere può darsi che si sia imparato meno di quanto si doveva, ma che si sia cresciuti più di quanto si fosse sperato.
Da questo dato, che può non essere una semplice ipotesi, ma la realtà delle cose, ripartirei quando sarà il momento.
Visto che si è fatto e si sta facendo tutto il possibile per non perdere tempo, con buona pace di tutti quelli che piangono sui disastri educativi degli attuali studenti a partire dalla povera ministra, al ritorno della normalità ci si dovrebbe soffermare per vedere come sviluppare, mettere a tema quanto di vissuto e di appreso c’è stato in questo difficile momento per gli alunni e per i docenti. L’unica preoccupazione dovrebbe essere quella di tesaurizzare le molteplici esperienze provate in un periodo che resterà nella memoria della scuola, degli insegnanti, degli alunni e dell’intera società.
Un periodo che non dovrebbe passare come una parentesi da chiudere, ma che dovrebbe e potrebbe essere il fondamento di un nuovo inizio per alunni e docenti, avendo sperimentato la complessità del fare scuola e avendo finalmente appreso e compreso la sua imprescindibile necessità nella vita di tutta la comunità.