C come cooperazione

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di Giancarlo Cavinato

Cooperazione è l’opposto di individualismo, egoismo, sopraffazione, depredazione delle risorse comuni, guerra. Pratiche, queste ultime, che si sviluppano in tempi rapidi, non  richiedono particolare preparazione e riflessione. La cooperazione, al contrario, non si improvvisa in base ad impulsi. Richiede pazienza, tempo di attesa, ascolto, dispositivi da mettere in funzione con cura e costruzione lenta. Così si istituisce una classe cooperativa come ambiente di vita in Freinet.

Educare alla cooperazione è necessario per ritrovare interesse ai valori collettivi e dare senso alla vita, per immaginare e costruire mondi migliori.

Nel mondo attuale segnato da pesanti disuguaglianze e individualismi distruttivi educare alla cooperazione  è necessario per costruire equilibrio sociale, per combattere l’iniquità e l’ingiustizia, perché siano  riconosciuti  i diritti fondamentali a tutti gli esseri viventi e ognuno/a si assuma la responsabilità della  loro realizzazione.

In un mondo in cui troppo spesso  il conflitto è la cifra dei  rapporti sociali e il linguaggio delle armi risuona sempre più forte, è necessario educare alla cooperazione:

  • per ritrovare interesse ai valori collettivi e dare senso alla vita, immaginare e costruire mondi migliori
  • per costruire equilibrio sociale, per combattere l’iniquità e l’ingiustizia che pervadono tuttora i nostri contesti anche se spesso non ‘vediamo’
    • per riconoscere diritti a tutti gli esseri viventi e salvaguardare l’ambiente e la vita nel pianeta
  • per una reale cultura della pace

Cooperare, fin dai primi anni di vita, significa ri-conoscere sé e l’altro, sviluppare la capacità di ascolto,  dare e ricevere fiducia,  saper lavorare insieme a un progetto comune, essere accolti/e e riconosciuti/e con la propria identità e la propria storia ed essere arricchiti/e  dal  confronto con le identità e le storie degli/delle altri/e. Ampliare la percezione, costruendo solidarietà  piuttosto che rinforzare la competizione e la disparità, evita che si formino  rappresentazioni dei fatti sociali   rigide e   immodificabili.

Nella scuola la cooperazione nasce  se l’ambiente educativo è pensato per accogliere, far interagire,  sviluppare relazioni di reciprocità nella concretezza dell’agire  quotidiano, se da parte degli adulti vi è apprezzamento, curiosità e ascolto ed è bandito il giudizio. Per dare ‘ a tutti, ossia a ciascuno, la possibilità di avere nella scuola  il punto di incontro dei motivi più profondi della propria vita e della propria ricerca’

 (A. Canevaro).  

Il che significa, nell’agire quotidiano, agire sugli spazi e sui tempi, istituire democraticamente un ordine dinamico  da comporre  e ricomporre,  attuare una pedagogia della ricerca e della narrazione ( un ‘pensare per storie’), studiare strategie di valorizzazione di ciascuno/a che consentano di  star bene insieme, provare il piacere del fare, l’emozione del conoscere, dell’ agire in modo riflessivo e condiviso, per scoprirsi uguali e diversi.

Significa attuare una scuola laboratorio sociale, palestra di democrazia, ma nello stesso tempo nuova agorà aperta al territorio, luogo di incontro, di pensiero e di cultura.  Una  scuola viva con  un’IDENTITA’,  un sistema di memoria e documentazione,  una propria cultura.

  1. Asch ( in ‘Psicologia sociale’, SEI) : ‘l’azione di cooperazione è analoga alla formazione di un gruppo: il gruppo e il compito costituiscono un sistema, ed il cambiamento in una qualsiasi delle parti del sistema modifica tutte le altre parti.’

Freinet definiva la propria didattica come un insieme di ‘tecniche’ e sosteneva che ogni tecnica ha valenza formativa se è tecnica di vita inserita in un sistema di valori. L’insieme delle tecniche modifica l’impostazione, il ritmo, le norme della scuola attraverso pratiche , strumenti, messa a disposizione di condizioni operative, crea le condizioni per  crescere insieme in una dimensione sociale superando i condizionamenti negativi, le diverse forme di emarginazione, la rigidità percettiva e culturale, gli stereotipi, l’etnocentrismo,  l’assunzione di  punti di vista parziali.

Intervenire su tali idee, ampliando la percezione, costruendo solidarietà  piuttosto che rinforzare la competizione e la disparità, evita che le rappresentazioni dei fatti sociali siano  rigide e   immodificabili.

  1. Oury, padre della pedagogia istituzionale, aggiungeva che ‘le relazioni umane ( sottostanti alle tecniche ) sono educative’ in quanto arricchiscono le percezioni reciproche.

Una classe organizzata cooperativamente  non è un  mondo a sé, ma un  sistema complesso e coerente in evoluzione, che crea  proprie  ‘istituzioni’ , che funzionano grazie a strategie e a progetti  non lineari o fondati su parametri di efficientismo , ma su una sensibilità ’ecologica’. Riflettere su come regolare la vita comune,  su come tener conto dei pareri e dei diritti di tutti, è un percorso trasversale all’intera esperienza scolastica,  forma cittadini/e attivi/e . Mario Lodi , commentando una  seduta di bilancio della cooperativa nella sua classe, afferma  l’importanza  di ‘render conto agli altri’, della condivisione della responsabilità,  dell’assumere il bene comune come valore.

In un paese in cui spesso le istituzioni sono soggette a pressioni esterne,  a forme di  familismo amorale, a forme di  deregulation, in cui singoli e gruppi sociali sono  guidati da forme di fascinazione derivate da quella  che Ph. Meirieu definisce ’la terza fase del capitalismo: il capitalismo compulsivo’, la cooperazione può essere  lo strumento per una trasformazione del modi di fare scuola, per il decondizionamento, elemento fondante di una cittadinanza attiva e della costruzione di un’etica pubblica.