Divagazioni e frammenti di riflessione sulla scuola e sui giovani

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di Raimondo Giunta

• Per apprendimenti significativi e duraturi ci vuole del tempo e della pazienza, ma a scuola si ha sempre fretta e ci sono tante scadenze, tanti impegni da onorare; tanti progetti da portare a compimento. Al posto della riflessione regna sovrana la concitazione.
E’ forse questa la causa che impedisce di prestare la dovuta attenzione ad ogni alunno; è forse questo il motivo per cui è ancora alta la dispersione. Ma su questo problema non mi pare che si abbia voglia di capire e di andare fino in fondo.

• Una scuola è davvero scuola di democrazia, se non lascia nessuno indietro e se gli insegnanti si impegnano, affinchè tutti gli alunni posseggano i saperi indispensabili per orientarsi nella vita. Lavorare per raggiungere questo scopo non significa abbassare il livello delle esigenze, ma scegliere la condivisione, piuttosto che la discriminazione; significa volere il successo di tutti e non quello di una minoranza. Gli alunni in difficoltà, come dice Meirieu, rendono un servizio immenso agli insegnanti e ai compagni, perchè li rendono consapevoli dei problemi che bisogna affrontare per crescere e andare avanti. E molti alunni a scuola sono in difficoltà, perchè spesso sono arbitrarie le mete che si dovrebbero raggiungere, arbitrari i livelli da superare, non adeguati i metodi di insegnamento.
• Educazione buona, oggi, significa porre attenzione alle dimensioni affettive e spirituali della persona. A molti ragazzi manca l’affettività della famiglia, ma non dovrebbe mancare quella della scuola. Bisogna preoccuparsi della formazione degli alunni, ma anche dei problemi della loro esistenza. Il mondo è talmente cambiato che i giovani devono reinventarsi tutto (M. Serres)e non possono essere lasciati soli.• Senza la voglia di imparare non si produce apprendimento; non c’è in giuoco , però, solo l’elemento intellettuale, cognitivo e la mancanza di motivazioni nello studio non è solo un problema pedagogico -scolastico. Bisognerebbe essere capaci di trasformare gli scopi della formazione in interessi presenti e quotidiani.
• Bisogna allenare i giovani a sapere utilizzare l’immenso capitale culturale parallelo ed esterno a quello della scuola; farli diventare capaci di discernimento e di selezione delle informazioni. L’educazione e l’istruzione sono oggi una sfida difficile, ma sono le uniche alternative alla stupidità e alla violenza, alla seduzione dei media che non danno conoscenza. La scuola sia per i giovani, che vivono immersi nella realtà virtuale, l’incontro con le cose, le persone, le tradizioni e i valori del mondo circostante. Senza farsi molte illusioni. Lo sviluppo delle sole qualità intellettuali può non avere alcuna influenza sui tratti morali di una persona.
• Si richiedono ai giovani capacità di iniziativa, attitudini al lavoro di gruppo e alla collaborazione, senso di responsabilità; ma come possono acquisirli se in classe si crea un clima competitivo individualistico e si lavora con una didattica autoritaria?
D’altra parte l’educazione al senso di responsabilità non compete solo alla scuola, perché se dovesse appartenere solo alla scuola, non si andrebbe molto lontano con tanti cattivi esempi nelle istituzioni e nella società.
• Il mondo giovanile che riempie la scuola è diventato complesso e a volte indecifrabile a motivo della sua sempre più frastagliata composizione sociale, della sua diversa provenienza nazionale, della sua molteplice appartenenza religiosa. Nella società multietnica e multiculturale è improponibile un solo modello indiscutibile di razionalità, di cultura e di umanità; a scuola non ci dovrebbero essere mondi da civilizzare; l’etno-centrismo delle nostre tradizioni scolastiche non è un fattore di integrazione e andrebbe seriamente discusso.
• E’ cresciuta in modo esponenziale l’insofferenza giovanile verso la scuola, perchè molti non sono preparati a vivervi dentro e ad accettarne regole e ritmi.
E’ cospicua la parte dei giovani che abituati a casa ad un regime di vita di assoluta libertà, a scuola non riescono a trovarsi a proprio agio e ad accettare quelle limitazioni che consentono di potere svolgere regolarmente le attività di formazione. A scuola è necessario che tutti si riconoscano vincolati, per potere stare insieme, da quei principi che consentono nello stesso tempo di rispettare le altrui esigenze e le proprie; gli altrui convincimenti e i propri e che lo spazio comune di convivenza sia gelosamente delimitato e difeso.
• Bisogna chiedersi che tipo d’uomo e di società si vuole. Il primo dei compiti della scuola è quello di dare gli strumenti ai giovani per costruire il proprio progetto di vita, per potere partecipare alla vita democratica. Non si diviene umani da soli, ma con l’educazione che ci rende membri di diritto, eredi consapevoli del patrimonio di conoscenze e di valori della società a cui si appartiene ed oggi persone accoglienti, dialoganti, aperte alla comprensione e all’accettazione delle diversità. Le differenze vanno capite, rispettate, ma non coltivate. Bisogna trovare una comune visione del futuro.