Educazione alla cittadinanza, occasioni (forse) perdute

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di Rodolfo Marchisio

Pandemia, crisi ecologica e climatica, crisi energetica, elezioni e diritti

Siamo al terzo ed ultimo anno della sperimentazione dei progetti di Ed Civica (meglio Ed. alla cittadinanza), ma le attività, anche se rimaneggiate dai futuri governi, resteranno obbligatorie, oltre che collegiali e trasversali alle varie discipline.

Ci siamo confrontati su questo, negli ultimi 3 anni (come nei 15 precedenti sui temi di Cittadinanza e Costituzione) con centinaia di docenti; anche sul tema della valutazione (o meglio della Programmazione, Osservazione, Valutazione e Certificazione delle progettualità, perché i vari momenti sono inscindibili).
La valutazione proposta dalle linee guida della EC era molto vicina, come logica, a quella proposta per legge alla scuola primaria. Una valutazione formativa, collegiale, partecipata e condivisa con allievi e genitori. Trasparente, perché altrimenti non sarebbe stata democratica.
Questa era la prima sfida della EC legge 92/19. Portare la valutazione formativa anche negli altri ambiti di scuola. Osservare e descrivere il progresso verso le competenze e gli obiettivi attesi (in modo condivisibile) attraverso indicatori. Osservare i progressi. Non misurare i livelli.
Valutazione formativa e non voto come si discute anche alle superiori.

Il MI ha rilevato che diverse scuole non hanno ancora attivati progetti e aveva, mesi fa, stanziato fondi. In molte scuole dei vari livelli si erano realizzati notevoli progetti, esemplari buone pratiche.
In molte scuole, la progettualità è stata scaricata su un docente (nelle superiori diritto o storia ad es) o su un ristretto numero di docenti del Consiglio di classe.

Mi hanno lasciata sola. Non possiamo fare un lavoro collegiale, perché mancano gli spazi ed i tempi per confrontarci (specie nella secondaria); ma manca anche l’abitudine e spesso la disponibilità a lavorare insieme.
Non posso partecipare perché ho già poche ore per la mia materia; anche se una buona progettualità non sarebbe una attività in più, ma una flessibilizzazione del proprio curricolo – i programmi non esistono più ma molti ci si nascondono dietro – una partecipazione, con ricerche relative ad argomenti disciplinari, ad un puzzle interdisciplinare comune con una sua logica che quindi non richiederebbe più ore di didattica (attiva). Come molti progetti dimostrano.

Una prima impressione è che gli IC (infanzia, primaria, sec. di 1 grado) abbiano cercato di lavorare in verticale, anche se con qualche difficoltà. Mentre gli IIS abbiano fatto progetti più inquadrati in una programmazione di Istituto e lavorato in orizzontale (tutte le prime fanno una cosa…)
Partendo da quanto appreso in 43 anni di scuola come docente (e 40 come formatore), so che gli allievi non imparano da quello che diciamo, ma da quello che siamo (ad es democratici o no), dalle esperienze anche emotivamente significative che fanno con noi. Dal clima di classe (Losito).
Abbiamo vissuto, negli ultimi 3 anni, e vivremo ancora almeno 4 grosse esperienze sociali che ben si prestavano o si prestano ad essere ricerca attiva, concreta di cittadinanza. Imparare a lavorare insieme, raccogliere ed elaborare dati ed informazioni validate e riflettere su quello che viviamo.

  1. La crisi sanitaria, sociale ed economica della pandemia, è stata (o poteva essere) un enorme laboratorio attivo di esperienze di cittadinanza e di cittadinanza digitale Non sfruttata dalla scuola, presa ad affrontare la emergenza e miope nei confronti della realtà come esperienza che si vive insieme, drammatica, ma formativa.
    Questa riflessione, questo modo di vivere la crisi in modo attivo dipendeva dalle famiglie (già in crisi) e dalla scuola anch’essa in enorme difficoltà. Ma ci sono esempi di buone pratiche, un esempio alle superiori ma anche in altri ordini di scuola.

Con la pandemia – smart working, DaD, ma anche divieti e limitazioni di diritti, passaggio temporaneo e limitato dei poteri all’esecutivo, peraltro regolamentato dalla Corte Costituzionale; ma anche abuso della rete e dello smartphone (Cfr dati Polizia Postale: + 133% di uso e dipendenza dai device, + 77% reati e cyberbullismo) – abbiamo imparato che:

  1. La rete è finita. La rete, la banda, è una cosa finita come l’acqua. Non apparentemente infinita come l’aria. Se tutti usiamo l’acqua ne arriva un filino a ognuno e le cose si rallentano (specie con i video) e si complicano.
  2. Siamo ormai, a scuola e nel lavoro, “schiavi di Google” anche a causa del MI.

Quindi in Dad siamo “andati a scuola da Google”, per responsabilità del MI e per pigrizia.

  1. Usiamo la rete soprattutto attraverso lo smartphone, di cui abbiamo il record mondiale (93%), lo strumento più discutibile e pericoloso.
  2. Della rete usiamo solo alcune “stanze”, social o app ed ignoriamo tutto il resto: abbiamo un mondo da esplorare e stiamo chiusi in 3 stanze, sempre quelle. Quando domando ad un ragazzo “tu usi internet”, spesso la risposta è no. Poi scopro che ha un profilo social, fa ricerche con Google e invia mail e post. Quasi tutto da smartphone. È in rete, ma non lo sa.
  1. Siamo prigionieri in quelle poche stanze di Google e degli altri monopolisti (GAFAM), con i loro servizi apparentemente gratuiti e le loro app; anche nella scuola ed anche in epoca Covid hanno proseguito la loro politica di schedatura dei nostri dati, di “personalizzazione” della rete, di isolamento in gabbie [1] confortevoli ma vincolanti. (Bauman e Pariser).[2] Ed hanno guadagnato centinaia di miliardi di dollari.
  1. Esistono 4 tipi di fratture digitali

Si sono evidenziate nella società e nelle famiglie attraverso la scuola e la DaD quattro tipi di fratture digitali e di cittadinanza dovute a motivi sociali, economici, talora di zone del paese. Ma anche di arretratezza tecnologica (tipo di banda) o di scelte politiche: privato vs pubblico, chiuso/privato vs open/libero/pubblico:

  1. Chi ha e chi non ha la rete.
  2. Chi ha e chi non ha le tecnologie: soprattutto PC, Tablet.
  3. Chi ha e chi non ha le competenze alfabetiche (di base) digitali per usare la rete.
  4. L’essere esclusi per disabilità, povertà, cultura. I “dispersi” in DaD sono stati principalmente i disabili, gli stranieri, ma anche i più poveri che non avevano gli strumenti e che spesso si vergognavano di far vedere la casa in cui abitavano.

7- Che il web inquina. È la quarta potenza al mondo dopo USA, Cina, Russia, come consumo di energia elettrica e quindi produzione di CO2. Soprattutto se abusiamo di social e di video (spesso inutili), contribuiamo alla decadenza della terra. Coi nostri sfoghi o le nostre inutili esibizioni creiamo una massa di dati che si raddoppia ogni due giorni contribuendo a fare della rete una pattumiera digitale frammentaria di difficile utilizzo a livello informativo. Roncaglia.
E di questo è bene essere consapevoli.
Alla fine del percorso, dice la legge sulla Ed. civica i ragazzi non dovranno – come pensano troppi – “saper usare i computer”.  Dovranno invece oltre a Valutare fonti, Interagire con gli altri attraverso il web, informarsi, partecipare, crescere in modo autonomo. Conoscere e rispettare norme di comportamento e norme del web. Gestire la loro identità digitale. Preoccuparsi della Privacy e della dipendenza da device (smartphone e rete), ma anche… conoscere gli svantaggi della personalizzazione e del vivere in una bolla social. art 5.2 legge 92/19.
Essere consapevoli dei veri pericoli della rete
. Dai cattivi padroni (Rampini) al CB, sapere “Cosa succede sulla loro pelle in rete”. Vademecum MI 2018.

Bambini e ragazzi delle varie età dovranno essere consapevoli, in modo proporzionato alla età, di: in che mondo web vivo? Come funziona la rete e perché? Quali sono le conseguenze su di me anche come cittadino, e sulla società? Quali vantaggi posso trarre dal web e quale è la sua utilità?

In questo cammino è utile sapere che esistono vari tipi di intelligenze, e che si può essere bravi in una cosa e meno in un’altra. Molte di queste intelligenze (interpersonale/social, intra personale/ identificazione attraverso i social, oltre che linguistica, logico-matematica etc…) si esercitano in rete. [3]

b- La crisi ecologica, i cambiamenti climatici, la crisi energetica, che sarà anche una crisi economica ci pongono di fronte alla necessità, troppo trascurata, di modificare in fretta comportamenti individuali e collettivi.
Sinora, ci ricorda Zagreblesky da anni, abbiamo consumato “come se non ci fosse un domani e come se non avessimo figli”. In tre saggi paragona la ipertrofia ego-individualista attuale alla crisi dell’isola di Pasqua che è collassata su se stessa, sino al cannibalismo, consumando tutto (piante, habitat, fauna) per rivalità, guerre e sete di potere. Abbiamo i granai vuoti e consumiamo più di quanto possiamo permetterci.
La crisi energetica/economica sarà lunga e complessa, perché è l’intreccio di scelte politiche non lungimiranti, non generazionali (solo gli statisti “pensano alle generazioni future”- De Gasperi), di divisioni politiche, di una guerra complicata, di speculazioni finanziarie.
Non credo che i singoli comportamenti più razionali e virtuosi che in passato, ci possano salvare da soli, ma
– una somma di comportamenti improntati al risparmio a partire dalle piccole cose che possiamo fare, incide per una quota.
– Soprattutto dimostra, in modo esplicito, che stiamo cambiando mentalità individuale. Che non siamo più come quelli dell’Isola di Pasqua. Che c’è un cambiamento di mentalità, di cultura.

c- I 3 filoni indicati della Ed Civica si intrecciano in modo inscindibile in continuazione, perché non sono altro che i 3 ambienti in cui viviamo in contemporanea: l’ambiente sociale (le regole, i diversi tipi di diritti e i doveri); l’ambiente naturale (il mondo, le sue crisi e le sue risorse); il “digitale”, se possiamo usare questa parola “ombrello” ormai priva di significato, il luogo dove viviamo, noi e i nostri ragazzi anche 7 ore al giorno e 2, 3 di notte.
Da cui dipendiamo psicologicamente e fisicamente (dopamina).

La ipertrofia dell’individualismo sociale è speculare (e coltivata, indotta, dai “cattivi padroni della rete” Pariser, Bauman) all’uso che facciamo della rete, non come risorsa collettiva, ma come luogo della esibizione e vanto della nostra ignoranza (se 1 vale 1 “la mia ignoranza vale come la tua competenza”, Asimov); come luogo di protagonismo, di esibizione, come luogo dove sfogare la propria difficoltà di identificarci se non in contrapposizione ad un gruppo di altri, di diversi: ovviamente le donne, gli omossessuali, gli stranieri soprattutto.  Non come luogo di convivenza, cittadinanza, collaborazione, comunicazione, condivisione. Le finalità originali.
Sino alle parole dell’odio ed agli odiatori seriali.

d- Anche durante la crisi pandemica, in DaD e dopo, abbiamo continuato a voler usare gli strumenti digitali e alcuni ambienti che ci sono stati imposti dal MI in modo pericoloso.
Pochi di quelli che hanno usato le piattaforme per la DaD e continueranno (nella “Scuola di Google”: Zoom, Class room… ) ad usarle hanno potuto fare prima una riflessione sugli Ambienti di Apprendimento, sulle loro caratteristiche formative (non tecniche: ma spazi, tempi, relazioni, ruolo del docente, metodologie possibili o indotte) e sugli ambienti di apprendimento digitali.

Il digitale può essere inteso come strumento (e tutti li vogliamo o li abbiamo), ambiente di ricerca (googlare), lavoro, didattica, ma soprattutto è un ambiente di vita che richiede consapevolezza e cultura. Quante ricerche troviamo su questo tema?
Come il digitale può favorire la cittadinanza attiva ed agita e come si forma la cittadinanza e la cultura digitale?
Usare il digitale senza cultura non solo è pericoloso, ma è diseducativo.

e- Infine. Fra pochi giorni si vota. Sarebbe un atto di consapevole cittadinanza interrogarsi, prima (e a scuola a posteriori) e documentare in base a dati e riflessioni:

  • Quanti e perché non esercitano più questo stanco diritto/dovere?
  • Quali diritti, pochi sono stati menzionati sinora, corrono rischi in queste elezioni?Meglio che far studiare gli articoli della Costituzione o l’inno, perché studiare gli articoli senza una vera ricerca che si sa da dove parte, ma non si sa dove finisce, non forma cultura di cittadinanza.  

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Bolla_di_filtraggio
[2] https://www.ted.com/talks/eli_pariser_beware_online_filter_bubbles Breve conferenza TED di Pariser.
[3] Pluralità delle intelligenze, Gardner