Che ce ne facciamo di un Ministero del Merito?

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di Gianni Giardiello

Ossia: …. che cosa c’entra il premio al merito per alcuni, per una scuola che deve essere per tutti e per ciascuno.

Intanto cominciamo a chiarire che la nostra Costituzione dice che tutti i cittadini, a prescindere dalle differenti condizioni economiche e sociali e dalle possibili differenze di genere, di razza, di lingua, di credo, ecc. hanno diritto all’istruzione. La legge che stabilisce l’obbligo scolastico per tutti i cittadini dai 6 ai 16 anni di età, per 10 anni, conferma questo primo fondamentale principio costituzionale.

Il diritto all’istruzione deve essere assicurato a tutti i cittadini dal sistema scolastico pubblico nazionale al cui funzionamento presiede il Ministero dell’Istruzione.

Ebbene il primo problema che si pone è che il sistema scolastico cosi come sta funzionando non riesce a soddisfare questo compito primario che la Costituzione gli affida.
Le cifre ufficiali degli abbandoni scolastici e della dispersione scolastica nel segmento dell’obbligo e nel triennio superiore e nell’università lo dimostrano ampiamente.
Questa è la questione più rilevante. Credo che il bisogno primario non sia quello di premiare ulteriormente chi già è bravo o più bravo, quanto piuttosto di contrastare le politiche ancora molto in voga nella scuola pubblica, orientate a “respingere” (bocciare) o “abbandonare” i più deboli e meno attrezzati.

Il secondo problema nasce dalla considerazione, condivisa da molti, che bisogni dare a tutti le stesse opportunità di partenza e poi vinca il migliore. Quasi che il percorso di istruzione fosse simile ad una qualunque gara podistica.

Guarda anche la video intervista a Gianni Giardiello


Ma sappiamo altrettanto bene che le condizioni di partenza non sono uguali per tutti e quindi è falsamente egualitario dare a tutti le “stesse” opportunità,E’ evidente quindi che se diamo a tutti le stesse opportunità non necessariamente garantiamo  loro uguali condizioni di partenza. Una buona politica dell’istruzione ed educazione deve invece, come già disse Don Milani, proporre che chi parte svantaggiato (soprattutto per quanto riguarda le condizioni socio culturali ed economiche della famiglia) possa avere di più degli altri. Una politica “discriminatoria” in senso contrario.

Una politica che spetta al sistema di educazione e istruzione nazionale garantire e gestire e che comincia da cosa si è in grado di dare ai singoli individui fin dalla nascita.

Numerose ricerche hanno confermato, ad esempio, che la frequenza del nido e di una buona scuola d’infanzia, non solo risolve i problemi di socializzazione primaria e secondaria dei piccoli, ma ne potenzia anche le capacità cognitive, psicomotorie e, più in generale, del saper apprendere. Cosi come sappiamo che per i piccoli è altrettanto decisivo, per costruire le proprie necessarie competenze “di futuro”, poter frequentare una scuola primaria e secondaria di primo grado che consenta la conquista delle conoscenze attraverso l’utilizzo delle capacità espressive, comunicative, logiche, operative e fisiche di ciascuna e ciascuno, proponendo ambienti di apprendimento favorevoli sia alla socializzazione e alla cooperazione fra pari, che allo sviluppo di percorsi di apprendimento individualizzati.

Ad una scuola siffatta non credo interessi granché il compito di premiare coloro che sono migliori degli altri, quanto, piuttosto, il riuscire a dare sostanza e continuità ad una azione educativa e istruttiva in grado di rendere migliori tutti gli altri, compresi soprattutto i “meno bravi”, coloro che sono più deboli e più in difficoltà.

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