Autonomia differenziata e equivoci culturali, politici, istituzionali

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disegno di Matilde Gallo, anni 10


di Franco De Anna

La questione della “autonomia differenziata” è oggi alla attenzione del dibattito politico, culturale,
istituzionale, perché ha assunto il significato di una rivendicazione esplicita da parte di alcune
Regioni italiane tra le più rilevanti sotto il profilo economico e sociale, che chiedono, sia pure con
differenze significative, un ampliamento della devoluzione e una estensione delle loro titolarità rispetto alla ripartizione con lo Stato
Una parte significativa della alleanza politica che supporta il Governo generato dall’ultima
consultazione elettorale dei cittadini italiani, si batte, e da tempo, per la costruzione di prospettive e strumenti di autonomia differenziata da riconoscere alle Regioni italiane.
La “rivendicazione” politica, è storica per il movimento della Lega e la sua ispirazione federalista
(almeno nella versione “originale”), ma acquista oggi significati e valori che occorre reinterpretare e ricollocare nella attualità politico culturale, sociale, economica, profondamente diversa dal contesto nel quale fu inizialmente formulata.
Basti ricordare che quella rivendicazione originale si inseriva nella “novità” costituita dall’intreccio tra Riforma Costituzionale (il Titolo V e in particolare art.117, il “nuovo” ruolo delle Regioni) e il processo della riforma della Pubblica Amministrazione rielaborata attraverso la cosiddetta “Legge Bassanini” (la Legge 59/97, con le sue successive “interpretazioni”, fino al 1999). (1)
Il contesto politico, culturale, istituzionale dei primi anni “interpretativi” di quell’intreccio tra
riforma PA e Riforma Costituzionale è oggi “strutturalmente” diverso, e dunque è necessario
rielaborare diversi significati che acquista l’attuale confronto.
O meglio “rileggere” i significati culturali, politici e istituzionali entro i processi “strutturali” che
hanno modificato la “materialità” delle condizioni sociali, economiche, produttive, che stiamo
attraversando.

Autonomia Differenziata e Livelli Essenziali di Prestazione (LEP)

Come indicato in precedenza, vi sono processi di radicale mutamento delle questioni connesse con le proposte di autonomia differenziata oggi esse in campo.
E che si riflettono strutturalmente con la questione fondamentale della definizione dei LEP
Ne cito solo alcuni per il loro rilievo e perché spesso “sottaciuti” nel confronto politico e culturale corrente.

1. Vi sono alcune situazioni e condizioni regionali (alcune Regioni) nelle quali il richiamo ai
dispositivi previsti della “titolarità concorrente” o della “devoluzione” è in realtà un “costrutto”
di significato parziale e secondario.
Per esempio si pensi alla Lombardia (ma addirittura alla “Città metropolitana” della sua
capitale) e al suo sviluppo con intensi e significativi “rapporti internazionali” (per esempio con
la Cina) che “strabordano” il ruolo della politica statuale.
Ma alcune considerazioni simili (rapporti economici internazionali) sono applicabili anche ad
altre regioni del Nord con marcate “vocazioni manifatturiere”. Le “titolarità concorrenti”
definite nella riforma costituzionale dell’inizio del secolo si sono arricchite di una potenziale
dimensione “internazionale”.

2. Vi è un mutamento radicale dell’assetto baricentrico del Welfare. Il welfare pubblico è storicamente fondato sui servizi (Sanità, Istruzione, Assistenza,
Previdenza) prodotti e dedicati ai cittadini, e costruiti sul “baricentro” (economico, culturale, sociale) del “lavoro dipendente”, e del Sistema Fiscale che su di esso è fondato, nelle sue
“certezze” e disponibilità reali.
Un assetto “baricentrico” messo in crisi nella sua struttura e condivisione sociale, sia dai
mutamenti relativi alla composizione del lavoro e delle sue caratteristiche (lavoro dipendente e
autonomo, precarietà, salari “immobili” da anni) e dalla “domanda” che generano; sia dal
rapporto tra la “funzionalità relativa” del Sistema Fiscale, l’incremento progressivo del debito
pubblico e i vincoli reali che esso pone alla spesa che alimenta il welfare.
In parallelo vi è una accentuata moltiplicazione/stratificazione dei soggetti “produttori di
welfare” e dunque una diversificazione dell’offerta che tende a rispondere a tale modificazione
della domanda. (Dalla “proliferazione” di Enti Pubblici, alla affermazione del ruolo del Terzo
Settore)

3. Il rapporto tra cittadino e sistema welfare si modifica anche nei comportamenti “privati” e nei
riferimenti culturali relativi. L’identificazione tra primato del “Servizio Pubblico” rispetto al
“consumo privato”, un tempo fondata proprio sul reddito da lavoro dipendente, oggi si diversifica in rapporto al welfare ed alla sua funzionalità.
Spesso la combinazione tra la “convenienza pubblica” e “il vantaggio privato” investe anche i
servizi essenziali del welfare: dalla Previdenza (vedi sviluppo di sistemi pensionistici “integrativi”), alla Sanità, alla Assistenza, ma anche, sia pure con quantificazioni più ridotte (ma
si pensi allo sviluppo più recente delle Università on line) alla Istruzione.
I punti precedenti sono poco più che “citazioni”; ma invitano a riflettere ed approfondire l’analisi di processi e dislocazioni che tendono a mutare profondamente sia la struttura socio economica del Paese, sia le consapevolezze di essa diffuse tra i cittadini.
Come sempre nelle fasi di transizione occorre misurarsi sulla non corrispondenza
(contraddizione?) tra l’effetto innovativo di processi materiali ristrutturanti e le categorie
socioculturali, la costruzione e diffusione di significati condivisi capaci di interpretare quei
processi e di promuoverne “padronanza”.

NOTA

[1] Esempi di tale diversità e specificità del dibattito politico culturale degli anni indicati sono rintracciabili in elaborazioni dedicate in particolare alle questioni del rapporto tra quelle riforme e l’autonomia scolastica. Si possono rintracciare liberamente qui: Franco De Anna “A proposito di federalismo scolastico” in https://www.asperaadastra.com/politiche-dellistruzione/ancora-a-proposito-di-federalismo-scolastico/ e, Franco De Anna “Livelli
Essenziali di Prestazione per il sistema di istruzione” qui https://www.aspera-adastra.com/politichedellistruzione/livelli-essenziali-di-prestazione-per-il-sistema-di-istruzione-nazionale-una-questione-aperta/.
Entrambi i contributi presentano un intreccio di “questioni generali” e di “specifiche interpretative”.

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