Elly Schlein, la cultura, gli insegnanti 

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di Mario Maviglia

 Avviso ai lettori: questo non è un articolo a favore o contro Elly Schlein. È il tentativo di fare un ragionamento di carattere generale sulla comunicazione in riferimento soprattutto al mondo della scuola, considerato che proprio sulla comunicazione gli insegnanti fondano la loro azione. Si presume quindi che essi siano in grado di gestirne il meccanismo di funzionamento e di comprendere la natura e il peso di ciò che si afferma.

Subito dopo la vittoria di Elly Schlein alle primarie del Pd, è apparso sui social un post – condiviso anche da parte del mondo della scuola – così concepito:

“Elly Schlein
Mega miliardaria
Figlia di un luminare
È cittadina americana, Svizzera [con la S maiuscola] e italiana
Ha fatto campagna elettorale per Obama
Vice governatore dell’Emilia Romagna
Bisessuale
Sensibile a tematiche del mondo lgbtq+
Ebrea aschenazita
Mai visto un povero
Mai vista una fabbrica
Mai vista una casa popolare
Mai lavorato
Sarà il nuovo Segretario del PD.
Secondo la dirigenza del PD è la persona giusta per avvicinarsi ai problemi del popolo e della classe lavoratrice!!”

Il post è interessante per quello che dice e per quello che vuole indurre a far credere al lettore. Innanzi tutto la sottolineatura che la Schlein sia “ebrea aschenazita” contiene un sottofondo velatamente razzista, se non antisemita. Nel citare un qualsiasi politico italiano (soprattutto se di sesso maschile) non si sentirebbe alcuna necessità di aggiungere che è “ariano” o “cattolico” o “cristiano” o “marrano”. Questo dato, nel contesto del post, non aggiunge nulla di significativo rispetto all’eventuale valore politico del personaggio se non come subdola sottolineatura denigratoria, del tipo: “e in più è anche ebrea aschenazita”.
Probabilmente non cambierebbe molto se la Schlein fosse “ebrea sefardita”, ma questa puntigliosa precisazione merita di essere segnalata perché il Regio decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n, 1728, “Provvedimenti per la difesa della razza ariana” (in sostanza la prima legge razzista emanata dal Regime fascista) si era limitato a distinguere tra “razza ariana” e “razza ebraica” senza ulteriori specificazioni.
La storia ha dimostrato che comunque questa “semplificazione” giuridica ha prodotto i suoi amari e mortali frutti (a strange and bitter crop, cantava Billie Holiday in Strange Fruit). In questo contesto stigmatizzare che una persona è ebrea vuol dire, consapevolmente o meno, che ci si rifà a quel panorama ideologico e questo, per un insegnante o un educatore, può essere “imbarazzante”, diciamo così.

Il fatto che la Schlein sia “mega miliardaria” si potrebbe liquidare con un liberatorio “beata lei!”. Ma il post vuole evidentemente veicolare altri messaggi, meglio specificati nella parte finale del post stesso. Il primo messaggio è che per essere un leader di sinistra occorre essere povero, nullatenente, meglio se con le toppe al culo (mi si conceda il francesismo). Insomma ci deve essere una identificazione non solo ideale con il proprio elettorato (immaginato ovviamente povero, nullatenente e con le toppe al culo), ma anche materiale.
La storia, in effetti è ricca di leader di origini popolari, se non povere: il padre di Mussolini era un fabbro, la madre una maestra elementare; il padre di Hitler era una guarda di frontiera dell’Impero asburgico e la madre una domestica. Non proprio “mega miliardari”, come si vede, ma ciò non ha impedito loro di creare quei “mega” danni che tutti conosciamo. C’è un ulteriore aspetto da segnalare rispetto alla ricchezza della Schlein. In un Paese come l’Italia che conosce un tasso di corruzione e di evasione fiscale tra i più alti tra i Paesi avanzati è alquanto strano che non ci si scandalizzi per fortune quanto meno sospette di certi personaggi anche pubblici e si vada invece a sottolineare lo stato di ricchezza di una persona che non ha altra colpa se non quella di essere nata in una famiglia ricca (con l’aggravante di essere “ebrea aschenazita”…).
Oppure si vuole inferire che siccome una persona è ricca non può comprendere i problemi del “popolo”. Anche in questo caso va registrato che finora questa comprensione del “popolo” non è stata poi così perfetta, a prescindere dalla Schlein; anzi, stando a quello che dice l’Istat, il numero di persone in povertà assoluta in Italia è quasi triplicato nel periodo 2005-2021, passando da 1,9 milioni a 5,6 milioni, ossia il 9,4% della popolazione. E tra i minori la povertà assoluta si è più che triplicata, passando dal 3,9% del 2005 al 14,2% del 2021. E magari i governanti che hanno guidato l’Italia tra il 2005 e il 2021 hanno “visto un povero, una fabbrica e una casa popolare”, ma ciò evidentemente non è bastato ad arginare l’aumento così poderoso della povertà.

Sul fatto che la Schlein non abbia mai lavorato, ad esclusione del suo impegno politico, dalla sua biografia ufficiale emerge che si è occupata da sempre di cinema, scrivendo recensioni per alcune testate e blog e frequentando dal 2003 il Festival internazionale del Film di Locarno. Ha lavorato al documentario Anija-La Nave (Istituto Luce – Cinecittà) di Roland Sejko, che racconta la fuga collettiva dall’Albania verso l’Italia di migliaia di persone sulle grandi e piccole navi, ricevendo il premio David di Donatello come miglior documentario 2013. Nello stesso anno, gira un video-inchiesta con Pippo Civati sul tema dei fondi italiani non dichiarati in Svizzera.
Anche ammettendo che ciò non costituisca un lavoro, e dunque facendo rientrare la Schlein tra la schiera di coloro che non hanno mai lavorato, cosa pensare di quei tanti politici italiani che non hanno mai fatto in vita loro un “lavoro” diverso da quello del politico? (Tra questi ricordiamo la stessa premier attuale di Fratelli d’Italia, nonché Presidente del Consiglio, e l’attuale leader della Lega, nonché Vicepresidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti).

Sul fatto che sia bisessuale o sensibile alle tematiche del mondo lgbtq+ credo che non sia il caso di spendere parole in quanto si tratta di scelte personali che, peraltro, non vanno a comprimere i diritti degli altri, ma anzi ne allargano l’orizzonte.

Al di là di ogni considerazione politica, ciò che forse si tende a denigrare è il fatto che trattasi di una donna giovane, non convenzionale, autonoma, di vedute internazionali, di famiglia ricca. E poi è “ebrea aschenazita”, colpa non emendabile.

Detto questo, ognuno è libero di essere pro o contro la Schlein; ma almeno si cerchi di andare oltre il repertorio del qualunquismo e del pregiudizio, soprattutto da parte degli insegnanti. Ragionare è un processo cognitivo ancora attuale.