di Rodolfo Marchisio
Sto seguendo lo sviluppo affannoso dei colleghi delle varie scuole dei progetti PNRR Scuola 4.0, attraverso il dialogo con alcuni amici Animatori digitali e il dibattito serrato su alcuni ambienti social.
Si tratta, come tutto il Pnrr di soldi, tanti ed europei, ma anche della ennesima “iniezione” di tecnologie “didattiche” nella scuola. Questa volta la richiesta viene dalle scuole e dovrebbe essere più contestualizzata.
Ho vissuto la scuola dal 1969 come docente e con tanti, troppi, ruoli: da “Animatore Digitale” a Funzione Obiettivo, si chiamava così, del POF, a “preside ombra” per 25 anni.
Ho seguito, come docente (e formatore dal 1982) le varie iniezioni di “digitale” nella scuola tramite progetti, che ho scritto, seguito, presentato, realizzato, dagli anni 70.
Dal PNSD, a Fortic 1 e 2, a classi 2.0, 3.0, LIM, “Buona Scuola” e via delirando. DaD e Covid compresi.
Una scuola con sempre meno risorse (clamorosi i tagli anche di organico di Gelmini, ma anche il recente DEF vuole ridurre l’investimento nella scuola dal 4 al 3,5% del PIL, quasi tutto usato per gli stipendi dei docenti che stranamente continuano a mancare).
Allora la scuola era e continua ad essere, per avere risorse, un progettificio.
Si fanno tanti progetti per avere risorse, ma anche perché manca sempre un progetto comune di scuola e quelli tentati (da Moratti alla “Buona scuola”) non reggono. Specie con meno risorse.
Una constatazione
Come
- Sperimentato personalmente in questi decenni
- Dimostrato da studi OCSE dal 2014, 2015 fino ai più recenti degli scorsi anni
- Raccontato da Gui, nel libro Il digitale a scuola. Rivoluzione o abbaglio? che riassume quanto avvenuto.
L’uso di tecnologie digitali non modifica la qualità dell’Insegnamento/apprendimento.
I buoni docenti si. Indipendentemente dalle tecnologie che usano e anche in DaD.