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Grammatica valenziale: di che si tratta?

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Una delle attività formative di maggiore interesse fra quelle proposte dalla nostra associazione riguarda la grammatica valenziale.
Di recente la nostra esperta Daniela Moscato ha rilasciato alla rivista DIRE FARE INSEGNARE una intervista in cui spiega le basi di questo approccio ancora poco frequentato, precisandone i vantaggi didattici e alcuni possibili contesti di applicazione.

L’amore per chi resta. Riti di passaggio

STARE NELLA RELAZIONE PER IMPARARE E PER INSEGNARE

di Monica Barisone 

Da tempo volevo cercare di affrontare il tema dei processi che si articolano attorno all’esperienza del lutto e della morte, era nell’aria da mesi, era nei discorsi dei ragazzi, nei disegni dei bambini, nei visi inespressivi di chi mi parlava, esprimendo rassegnazione e senso di precarietà.
Poi ho incontrato Marybel dai dolci sorrisi, che mi chiedeva come preparare i suoi tre bambini alla incombente dipartita della nonna tanto amata, e l’urgenza è diventata necessità, ma una necessità che conteneva anche la chiave di lettura: l’amore per chi resta.
Spesso gli adulti, presi nella morsa del loro dolore e dalla negazione per difendersi da quanto sta accadendo, dimenticano la necessità del bambino di elaborare il proprio lutto.
Per proteggerlo dal dolore e dall’angoscia, cercano di tenerlo all’oscuro, a volte perfino d’ingannarlo su ciò che è accaduto o sta accadendo.
Il bambino può percepire però d’essere stato imbrogliato (A.Marcoli,2014), può imparare a non fidarsi dei grandi e a non mostrare il proprio vero sentire; può costruire teorie bizzarre sulla vita e la morte, a volte altamente patogene. Al contrario, il bambino, la bambina vanno supportati e accompagnati nel tempo e nello spazio per capire, esprimere ogni emozione (stupore, curiosità, dolore, angoscia, paura, rabbia, senso di colpa o d’impotenza…).
A volte possono persino pensare d’esser loro i ‘colpevoli’, allora occorrerà rassicurarli, parlar loro dell’inevitabilità della morte e del fatto che non verranno abbandonati a breve anche dagli altri adulti cari.

Costruire con loro riti di passaggio aiuta a costruire senso! Permettere loro di partecipare ai momenti commemorativi, può aiutarli ad imparare o ricordare che dopo la caduta delle foglie arriva sempre la primavera.
I momenti in cui ci si trova in famiglia, ad elaborare un lutto comune, sono preziosi per la loro forza integrativa nella mente di ognuno (C. De Gregorio 2011). Continua a leggere

E portò via anche l’origano…

di Raimondo Giunta

Non ci sono parole per esprimere il disgusto per quello di cui è stata accusata la dirigente dell’ICS GIOVANNI FALCONE, situato nel quartiere Zen a Palermo.
Il danno arrecato alla scuola e al principio di legalità in terra di mafia è incalcolabile e non sarà per nulla facile riedificare ciò che è stato distrutto, soprattutto se si considera quanti vengono colti in questioni di malaffare ,regolarmente coperte da quotidiane esternazioni contro la mafia.
Questa orribile vicenda mi spinge a fare qualche riflessione sul ruolo del dirigente in regime di autonomia scolastica,perché credo che ci siano tanti modi e tante ragioni per evitare che possano ripetersi fatti come quelli verificatisi allo Zen di Palermo.
In una scuola che vuole essere una comunità educativa l’autorità del dirigente scolastico si dovrebbe fondare sulla capacità di fare della propria scuola un modello di convivenza collegiale e culturale e non sull’esercizio arbitrario dei poteri che gli affida la legge.
Non sono pochi, purtroppo, i dirigenti scolastici che ritengono di non potere fare bene il proprio mestiere ,perché sarebbero molestati dagli insegnanti che sollevano obiezioni e perplessità sul loro operato, e perché devono tenere conto di quello che ancora si decide nei collegi degli insegnanti e nei consigli di istituto.
Ricordo ancora la dichiarazione pubblica “LASCIATECI LAVORARE”, sottoscritta da alcuni dirigenti scolastici, in piena pandemia, come se il lavoro a scuola consista nell’esecuzione dei loro ordini di servizio.

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Candidato bocciato, candidato fortunato: la farsa del concorso per dirigenti scolastici

di Mario Maviglia

 Avviso ai lettori: il presente articolo non è rivolto contro i candidati che hanno proposto ricorso avverso l’esito sfavorevole al concorso per dirigente scolastico 2017, ma contro quei politici di una parte dell’attuale maggioranza che hanno proposto di sanare ope legis la situazione dei candidati bocciati al concorso dopo che la giustizia amministrativa aveva cassato i loro ricorsi.

 

Questa volta ce l’hanno fatta! Finalmente verrà risolto uno dei problemi che assillava il nostro sistema scolastico e che si stava trascinando da tempo tra mille polemiche, creando non poco sconcerto non solo tra gli addetti ai lavori ma anche nell’opinione pubblica più attenta. L’edilizia scolastica? Ma no! Quando mai! La dispersione scolastica? Ma no! A chi mai può interessare la dispersione scolastica tra i politici (ammesso che abbiano cognizione di cosa si tratti…)? Le retribuzioni dei docenti? Su quello i politici stanno lavorando alacremente prevedendo di equipararli alla media UE entro il 2090 (sì certo, probabilmente gli attuali docenti saranno tutti “passati a miglior vita”, ammesso che sia veramente migliore: nessuno finora è tornato indietro per raccontarlo, a parte il Sommo Poeta…). Ne fruiranno i nipoti dei nipoti; bisogna pensare al futuro.

Stiamo parlando dell’emendamento, accolto dalla maggioranza, che prevede una procedura “concorsuale” ad hoc riservata ai candidati bocciati nel concorso ordinario per dirigente scolastico e che hanno in corso un contenzioso aperto. Possiamo cogliere la portata storica di questa decisione e il sotteso pathos riportando le parole del deputato della Lega, Rossano Sasso, come riferito dalla stampa: “Era il 2019 quando conobbi per la prima volta gli aspiranti dirigenti scolastici che furono penalizzati ingiustamente al famigerato concorso del 2017, quello cui partecipò l’ex Ministro Azzolina per intenderci. Un concorso con mille ombre, inchieste penali e avvisi di garanzia, omissioni, imbrogli e interessi. Ho conosciuto personalmente donne e uomini capaci e preparati che oltre ad insegnare al mattino nelle nostre scuole, al pomeriggio per mesi e mesi hanno studiato per vincere questo concorso”.
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Il bambino cui ballavano le letterine

STARE NELLA RELAZIONE PER IMPARARE E PER INSEGNARE

Il bambino cui ballavano le letterine
di Monica Barisone 

Quando lo incontrai, solo pochi sapevano cosa fossero i disturbi specifici di apprendimento, gli addetti ai lavori, mentre io non ne sapevo quasi nulla. Fabio era reduce da lunghissimi anni di incomprensioni e fraintendimenti con le insegnanti che ormai lo consideravano un pigro e arguto ribelle. I suoi genitori, invece, ne percepivano soprattutto la fatica e il disorientamento, non riconoscevano il loro bambino in quella fotografia che veniva loro mostrata. Qualcosa non tornava e non riuscivano ad arrendersi: volevano a tutti i costi aiutarlo.

Lo incontrai con preoccupazione perché la vicenda si presentava già come confusa e contrastante. Dopo qualche incontro, passato a rovistare tra le sue competenze relazionali, alla ricerca di qualche falla, dovetti arrendermi. Fabio era socievole, perspicace, simpatico e curioso e l’idea che me ne stavo facendo non si incastrava per nulla nella casella suggerita dagli insegnanti. Sapevo bene che proprio a causa di questa incongruenza anch’io non mi sarei arresa facilmente. A malincuore provai ad avventurarmi in un terreno non proprio di mia competenza e gli chiesi di spiegarmi con la massima accuratezza, cosa succedesse quando si approcciava a lettura, scrittura e far di conto. Con encomiabile pazienza iniziò a spiegarmi che, nonostante il suo impegno e la sua concentrazione, quando si accostava ad una parola, ad una frase, le letterine non volevano saperne di star ferme e piuttosto sceglievano di cambiare continuamente di posto, impedendogli di comporre una parola o una frase in modo definitivo.
Si trattava di una guerra di posizione da cui Fabio usciva stravolto, senza aver ben compreso il testo che stava leggendo o il problema che avrebbe dovuto risolvere. Avevo capito! Lui non era dispettoso, sfidante, provocatorio! Era costantemente ingaggiato in una lotta impari per cercare di acchiappare il senso di ciò che doveva risolvere, da mattina a sera! Capii che lui e la sua famiglia erano dei supereroi!

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Intelligenza artificiale, chatGPT e l’inafferabilità dell’umano

Aluisi Tosolini
Coordinatore del comitato scientifico Casco Learning

n questi ultimi mesi il dibattito sull’Intelligenza artificiale si è accesso con una fortissima fiammata che ha coinvolto anche l’opinione pubblica “generalista”, i quotidiani, le televisioni, i settimanali, e le radio.
Al centro del dibattito ChatGPT, il chatbot promosso da OpenAI e basato su intelligenza artificiale, lanciato il 30 novembre 2022 ha raggiunto un milione di utenti in 5 giorni e chiunque voglia può sperimentarlo, previa iscrizione partendo dall’ indirizzo https://chat.openai.com/chat .

Prima di ragionare sulle ricadute educative è bene cercare di capire bene di che cosa si tratta.
Proviamo a farlo con alcuni rapidi passaggi e link per l’approfondimento.

Che cos’è un chatbot?

La prima cosa da chiedersi è che cos’è un chatbot.

La definizione offerta da Oracle è la seguente: software che simula ed elabora le conversazioni umane (scritte o parlate), consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale. I chatbot possono essere semplici, come i programmi rudimentali che rispondono a una semplice interrogazione (query) con una singola riga, oppure sofisticati come gli assistenti digitali che apprendono e si evolvono per fornire livelli crescenti di personalizzazione quando raccolgono ed elaborano le informazioni.
Guidati da Intelligenza Artificiale (AI), con regole automatizzate, elaborazione in linguaggio naturale (NLP) e machine learning (ML), i chatbot elaborano i dati per fornire risposte a richieste di ogni tipo.
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Signor Ministro, Lei lavora troppo… e male

di Mario Maviglia

Su queste stesse colonne, qualche settimana fa, abbiamo stigmatizzato il grande attivismo del Ministro del Merito Valditara (Signor Ministro, Lei lavora troppo!). Ora il Ministro ha superato se stesso con un altro audace e impavido intervento.
Ma andiamo con ordine. Qualche giorno fa, la Rete degli Studenti di Milano ha manifestato contro l’Inail che ha negato il risarcimento alla famiglia di Giuliano de Seta, morto durante un progetto di alternanza scuola-lavoro nel mese di settembre 2022. Gli studenti della stessa Rete in un comunicato apparso sui social hanno affermato che “le tre morti che si verificano ogni giorno sul lavoro, oltre ai tre studenti morti in stage, non sono morti bianche, bensì posseggono dei mandanti ben precisi: da Confindustria a Mario Draghi, dall’Inail a Valditara, tasselli che compongono il mosaico di un sistema ora più che mai schiavo del profitto e del tutto disinteressato al capitale umano utilizzato per generarlo.”

Questo comunicato non è piaciuto al Ministro del Merito che ha affermato: “Ho dato mandato ai miei avvocati di querelare i responsabili di queste dichiarazioni infamanti e gravemente diffamatorie. Con gli autori di questi comunicati non voglio aver nulla a che fare.”

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