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Candidato bocciato, candidato fortunato: la farsa del concorso per dirigenti scolastici

di Mario Maviglia

 Avviso ai lettori: il presente articolo non è rivolto contro i candidati che hanno proposto ricorso avverso l’esito sfavorevole al concorso per dirigente scolastico 2017, ma contro quei politici di una parte dell’attuale maggioranza che hanno proposto di sanare ope legis la situazione dei candidati bocciati al concorso dopo che la giustizia amministrativa aveva cassato i loro ricorsi.

 

Questa volta ce l’hanno fatta! Finalmente verrà risolto uno dei problemi che assillava il nostro sistema scolastico e che si stava trascinando da tempo tra mille polemiche, creando non poco sconcerto non solo tra gli addetti ai lavori ma anche nell’opinione pubblica più attenta. L’edilizia scolastica? Ma no! Quando mai! La dispersione scolastica? Ma no! A chi mai può interessare la dispersione scolastica tra i politici (ammesso che abbiano cognizione di cosa si tratti…)? Le retribuzioni dei docenti? Su quello i politici stanno lavorando alacremente prevedendo di equipararli alla media UE entro il 2090 (sì certo, probabilmente gli attuali docenti saranno tutti “passati a miglior vita”, ammesso che sia veramente migliore: nessuno finora è tornato indietro per raccontarlo, a parte il Sommo Poeta…). Ne fruiranno i nipoti dei nipoti; bisogna pensare al futuro.

Stiamo parlando dell’emendamento, accolto dalla maggioranza, che prevede una procedura “concorsuale” ad hoc riservata ai candidati bocciati nel concorso ordinario per dirigente scolastico e che hanno in corso un contenzioso aperto. Possiamo cogliere la portata storica di questa decisione e il sotteso pathos riportando le parole del deputato della Lega, Rossano Sasso, come riferito dalla stampa: “Era il 2019 quando conobbi per la prima volta gli aspiranti dirigenti scolastici che furono penalizzati ingiustamente al famigerato concorso del 2017, quello cui partecipò l’ex Ministro Azzolina per intenderci. Un concorso con mille ombre, inchieste penali e avvisi di garanzia, omissioni, imbrogli e interessi. Ho conosciuto personalmente donne e uomini capaci e preparati che oltre ad insegnare al mattino nelle nostre scuole, al pomeriggio per mesi e mesi hanno studiato per vincere questo concorso”.
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Il bambino cui ballavano le letterine

STARE NELLA RELAZIONE PER IMPARARE E PER INSEGNARE

Il bambino cui ballavano le letterine
di Monica Barisone 

Quando lo incontrai, solo pochi sapevano cosa fossero i disturbi specifici di apprendimento, gli addetti ai lavori, mentre io non ne sapevo quasi nulla. Fabio era reduce da lunghissimi anni di incomprensioni e fraintendimenti con le insegnanti che ormai lo consideravano un pigro e arguto ribelle. I suoi genitori, invece, ne percepivano soprattutto la fatica e il disorientamento, non riconoscevano il loro bambino in quella fotografia che veniva loro mostrata. Qualcosa non tornava e non riuscivano ad arrendersi: volevano a tutti i costi aiutarlo.

Lo incontrai con preoccupazione perché la vicenda si presentava già come confusa e contrastante. Dopo qualche incontro, passato a rovistare tra le sue competenze relazionali, alla ricerca di qualche falla, dovetti arrendermi. Fabio era socievole, perspicace, simpatico e curioso e l’idea che me ne stavo facendo non si incastrava per nulla nella casella suggerita dagli insegnanti. Sapevo bene che proprio a causa di questa incongruenza anch’io non mi sarei arresa facilmente. A malincuore provai ad avventurarmi in un terreno non proprio di mia competenza e gli chiesi di spiegarmi con la massima accuratezza, cosa succedesse quando si approcciava a lettura, scrittura e far di conto. Con encomiabile pazienza iniziò a spiegarmi che, nonostante il suo impegno e la sua concentrazione, quando si accostava ad una parola, ad una frase, le letterine non volevano saperne di star ferme e piuttosto sceglievano di cambiare continuamente di posto, impedendogli di comporre una parola o una frase in modo definitivo.
Si trattava di una guerra di posizione da cui Fabio usciva stravolto, senza aver ben compreso il testo che stava leggendo o il problema che avrebbe dovuto risolvere. Avevo capito! Lui non era dispettoso, sfidante, provocatorio! Era costantemente ingaggiato in una lotta impari per cercare di acchiappare il senso di ciò che doveva risolvere, da mattina a sera! Capii che lui e la sua famiglia erano dei supereroi!

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Intelligenza artificiale, chatGPT e l’inafferabilità dell’umano

Aluisi Tosolini
Coordinatore del comitato scientifico Casco Learning

n questi ultimi mesi il dibattito sull’Intelligenza artificiale si è accesso con una fortissima fiammata che ha coinvolto anche l’opinione pubblica “generalista”, i quotidiani, le televisioni, i settimanali, e le radio.
Al centro del dibattito ChatGPT, il chatbot promosso da OpenAI e basato su intelligenza artificiale, lanciato il 30 novembre 2022 ha raggiunto un milione di utenti in 5 giorni e chiunque voglia può sperimentarlo, previa iscrizione partendo dall’ indirizzo https://chat.openai.com/chat .

Prima di ragionare sulle ricadute educative è bene cercare di capire bene di che cosa si tratta.
Proviamo a farlo con alcuni rapidi passaggi e link per l’approfondimento.

Che cos’è un chatbot?

La prima cosa da chiedersi è che cos’è un chatbot.

La definizione offerta da Oracle è la seguente: software che simula ed elabora le conversazioni umane (scritte o parlate), consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale. I chatbot possono essere semplici, come i programmi rudimentali che rispondono a una semplice interrogazione (query) con una singola riga, oppure sofisticati come gli assistenti digitali che apprendono e si evolvono per fornire livelli crescenti di personalizzazione quando raccolgono ed elaborano le informazioni.
Guidati da Intelligenza Artificiale (AI), con regole automatizzate, elaborazione in linguaggio naturale (NLP) e machine learning (ML), i chatbot elaborano i dati per fornire risposte a richieste di ogni tipo.
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Signor Ministro, Lei lavora troppo… e male

di Mario Maviglia

Su queste stesse colonne, qualche settimana fa, abbiamo stigmatizzato il grande attivismo del Ministro del Merito Valditara (Signor Ministro, Lei lavora troppo!). Ora il Ministro ha superato se stesso con un altro audace e impavido intervento.
Ma andiamo con ordine. Qualche giorno fa, la Rete degli Studenti di Milano ha manifestato contro l’Inail che ha negato il risarcimento alla famiglia di Giuliano de Seta, morto durante un progetto di alternanza scuola-lavoro nel mese di settembre 2022. Gli studenti della stessa Rete in un comunicato apparso sui social hanno affermato che “le tre morti che si verificano ogni giorno sul lavoro, oltre ai tre studenti morti in stage, non sono morti bianche, bensì posseggono dei mandanti ben precisi: da Confindustria a Mario Draghi, dall’Inail a Valditara, tasselli che compongono il mosaico di un sistema ora più che mai schiavo del profitto e del tutto disinteressato al capitale umano utilizzato per generarlo.”

Questo comunicato non è piaciuto al Ministro del Merito che ha affermato: “Ho dato mandato ai miei avvocati di querelare i responsabili di queste dichiarazioni infamanti e gravemente diffamatorie. Con gli autori di questi comunicati non voglio aver nulla a che fare.”

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Autonomia differenziata e equivoci culturali, politici, istituzionali

disegno di Matilde Gallo, anni 10


di Franco De Anna

La questione della “autonomia differenziata” è oggi alla attenzione del dibattito politico, culturale,
istituzionale, perché ha assunto il significato di una rivendicazione esplicita da parte di alcune
Regioni italiane tra le più rilevanti sotto il profilo economico e sociale, che chiedono, sia pure con
differenze significative, un ampliamento della devoluzione e una estensione delle loro titolarità rispetto alla ripartizione con lo Stato
Una parte significativa della alleanza politica che supporta il Governo generato dall’ultima
consultazione elettorale dei cittadini italiani, si batte, e da tempo, per la costruzione di prospettive e strumenti di autonomia differenziata da riconoscere alle Regioni italiane.
La “rivendicazione” politica, è storica per il movimento della Lega e la sua ispirazione federalista
(almeno nella versione “originale”), ma acquista oggi significati e valori che occorre reinterpretare e ricollocare nella attualità politico culturale, sociale, economica, profondamente diversa dal contesto nel quale fu inizialmente formulata.
Basti ricordare che quella rivendicazione originale si inseriva nella “novità” costituita dall’intreccio tra Riforma Costituzionale (il Titolo V e in particolare art.117, il “nuovo” ruolo delle Regioni) e il processo della riforma della Pubblica Amministrazione rielaborata attraverso la cosiddetta “Legge Bassanini” (la Legge 59/97, con le sue successive “interpretazioni”, fino al 1999). (1)
Il contesto politico, culturale, istituzionale dei primi anni “interpretativi” di quell’intreccio tra
riforma PA e Riforma Costituzionale è oggi “strutturalmente” diverso, e dunque è necessario
rielaborare diversi significati che acquista l’attuale confronto.
O meglio “rileggere” i significati culturali, politici e istituzionali entro i processi “strutturali” che
hanno modificato la “materialità” delle condizioni sociali, economiche, produttive, che stiamo
attraversando.

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Scuola della cooperazione e della solidarietà vs scuola del “merito”

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di Claudia Mossina
Presidente Regionale AIMC Piemonte
(il documento è stato deliberato dal Consiglio Regionale Piemonte dell’AIMC il 23.11.2022)

Dall’Art 34 della Costituzione
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
“Ministero dell’istruzione e del merito” è il nuovo nome attribuito al ministero che sovraintende alla scuola: ma quale declinazione ha, nell’intenzione del governo, il termine “merito”?
Riteniamo che sia un diritto della persona meritarsi il massimo possibile dalla scuola, vedere riconosciute e potenziate le sue capacità e accolte le sue fragilità.
“Nella vita della scuola il significato del merito coincide con il potenziamento dei propri talenti” dice Recalcati.
Enfatizzare il “merito” senza declinarlo può essere una forma di valutazione che utilizza standard elevati di successo scolastico senza tener conto dei punti di partenza e discriminando di fatto gli studenti che partono da situazioni svantaggiate culturalmente e socialmente o anche fisicamente.
La scuola, anche se faticosamente, sta cercando di offrire a tutti gli studenti percorsi di inclusione e di valorizzazione, anche delle diversità. Da cinquant’anni, dalla legge 517 del 1977, studi e formazione hanno cercato di fare breccia in una scuola orientata alla selezione, che tutto era, e in qualche area ancora è, fortemente selettiva.
La scuola cerca di educare i ragazzi alla cooperazione, alla solidarietà utilizzando metodologie nate appositamente per far loro sperimentare la bellezza del “darsi una mano” e del “fare insieme”. La sottolineatura del merito rischia di andare nella direzione opposta potrebbe se non ben orientata, essere un invito all’individualismo estremo, alla legittimazione della competitività negativa.
Chiediamoci quali cittadini di domani vogliamo! E di conseguenza quale scuola immaginiamo.
Quella che punta al miglioramento di tutti e quindi anche ad un progressivo innalzamento del livello sociale e culturale della società, (vedi le scelte di reintrodurre l’Educazione civica!) o quella che scava solchi ancora maggiori tra ricchi e poveri, tra fortunati e sfortunati, ecc.?
È uno scenario che come insegnanti, e come insegnanti cattolici in particolare, non vogliamo considerare!
Proprio come insegnanti non possiamo non prendere in considerazione anche il “merito” come espressione e declinazione della propria professionalità. Gli studenti, tutti, “meritano” di avere docenti preparati e motivati, docenti che danno il meglio di sé, che investono le loro migliori competenze ed energie nella didattica quotidiana!
Il congresso Nazionale, indetto per il 3-5 gennaio 2023 invita a camminare verso il dialogo, la collaborazione e l’innovazione.
Noi crediamo infatti nelle persone, nel loro diritto ad una crescita e ad una formazione che sia la più aperta ed efficace possibile, lavoriamo non per il successo scolastico di pochi ma per il successo formativo di ciascuno e riteniamo questo nostro impegno indice di alta professionalità, un impegno irrinunciabile che non va compromesso ma sostenuto dal governo con una concreta (in termini di azioni, risorse, scelte) azione di valorizzazione della scuola.