Il declino dell’associazionismo scolastico

di Monica Piolanti

Oggi, in un mondo “sfibrato dalle guerre”, stiamo costantemente passeggiando come “funanboli” su un filo d’acciaio sospeso nel vuoto ad altezze vertiginose. Non è un’immagine retorica, ma la percezione tangibile di una sfiducia profonda che permea il tessuto sociale, minando la legittimità stessa delle nostre Istituzioni. Questa sensazione di smarrimento, acuita da un’emergenza percepita come endemica, si traduce in una “paura diffusa, sparsa, indistinta”, un’inquietudine baumaniana che ci insegue senza un volto definito, e a cui diamo il nome di “incertezza.”

La complessità del reale, sempre più “ingarbugliata”, ci priva della capacità di decifrare gli eventi, lasciandoci preda di un fatalismo che, seppur seducente nella sua accettazione passiva, è una pura costruzione narrativa della realtà. È il dramma delle profezie che si autoavverano, un meccanismo perverso dove la percezione, ancor prima del fatto, plasma le conseguenze. Pensiamo alla minaccia di un coinvolgimento devastante di conflitti globali, di sistemiche crisi economico-finanziarie, di imminenti pandemie, di irreparabili catastrofi climatiche e ambientali: l’annuncio, a prescindere dalla sua veridicità iniziale, genera la realtà temuta. E in questo vortice, le nuove generazioni, private di un’autorevolezza adulta che indichi la rotta, si trovano a navigare senza bussola, in un rapporto che chiamiamo “contrattualistico” ma che, di fatto, è un abbandono al loro stesso “io”, con tutte le ansie che ne derivano.

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Nuove Indicazioni 2025: una riforma per migliorare o un ritorno al passato?

di Monica Piolanti

Alla voce “riforma”, il dizionario registra quanto segue: “modifica, trasformazione di uno stato di cose, di un’istituzione, di un ordinamento, allo scopo di migliorarli”. Ma siamo proprio sicuri che tutte le modifiche portino a risultati migliori? Perché il Ministro potrebbe anche avere buone intenzioni, ma i “mezzi” che ha scelto per migliorare la scuola attuale lasciano perplessi gli uomini di scuola, gli esperti e gli stessi cittadini italiani.
Gli scopi reconditi vanno, a mio giudizio, ricercati nel tentativo di questo governo di azzerare la storia, ritornando a prima del 1968, anno cruciale che starebbe all’origine di tutti i mali, di cui soffrirebbe oggi il nostro Paese.
Se infatti andiamo a considerare, relativamente alla sola Scuola del I Ciclo d’Istruzione, le scelte riformatrici del Ministro, troveremo che il comune denominatore di ogni provvedimento è un atto d’imperio, che punta al conseguimento di questo obiettivo: “La ricreazione è finita”.
Lo slogan si richiama a un noto best-seller degli anni ’80, dovuto all’insigne pedagogista Norberto Bottani, e rende perfettamente lo spirito del Piano di Riforma Valditara che si sta delineando all’orizzonte.
Più che una Riforma andrebbe definita col termine di “Restaurazione”. Perché della Restaurazione “storica” ha tutti i caratteri: è un atto d’imperio, calato dall’alto ignorando i più elementari principi di una democrazia, a meno che non si tratti di una “democrazia populistica” e plebiscitaria!

Ma vediamo quali sono gli ingredienti di questa “operazione nostalgia” che vengono spacciati per “riforma”.
Un sommario elenco, pensando in particolare alla Scuola del I Ciclo, sottolinea:

– un’idea di cultura trasmissiva, selettiva, gentiliana, tradizionalista, eurocentrica, ottocentesca e nazionalista;

-una visione delle materie a compartimenti stagni in cui non si evidenzia in maniera chiara la verticalità e la continuità dei “campi di esperienza” e delle “discipline”;

-un tentativo subdolo di indottrinamento con la storia a partire dalla più tenera età;

reintroduzione del voto di condotta e dell’educazione civica;

-ritorno dello studio delle poesie a memoria e della scrittura a mano (calligrafia);

reintroduzione del latino (strumento fondamentale per sviluppare il ragionamento e la logica) disciplina facoltativa a partire dalla seconda classe delle medie; Continua a leggere

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