PER UNA SCUOLA CHE GUARDA AL FUTURO

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Riportiamo in questa pagina le osservazioni e i commenti che stanno arrivando in merito al nostro documento UNA SCUOLA CHE GUARDA AL FUTURO

Dario Missaglia
Cinzia Mion
Laura Biancato

 

Dario Missaglia
(quello che qui riportiamo è il testo dell’articolo a firma di D.M. pubblicato nel sito di Proteo Fare Sapere)

Tra dibattito intorno ai nodi del contratto scuola, ancora certo agli inizi, gli approfondimenti sul “Patto per la scuola“ ancora da decifrare per quanto riguarda le reali intenzioni della parte pubblica e il destino, ancora piuttosto indefinito, della “missione 4” del Piano nazionale di ripresa, il confronto sul futuro della scuola, prende comunque corpo.
Nei giorni scorsi con un articolo redatto insieme a Francesco Sinopoli, segretario generale Flc Cgil, abbiamo inviato tre messaggi, per noi, Flc e Proteo Fare Sapere, molto importanti: il primo era rivolto agli studenti, alle loro ansie e attese, in questa fase di scrutini ed esami; il secondo, direttamente connesso, a dirigenti e docenti per un loro impegno sulla valutazione formativa e infine, il terzo, a quella parte di intellettuali sinceramente preoccupati sulle sorti della scuola pubblica e dell’insegnamento, firmatari di un “Manifesto per una nuova scuola”, sul quale noi abbiamo espresso un giudizio critico e per alcuni aspetti polemico, pronti tuttavia a trovare i luoghi e le forme per un confronto che riteniamo importante.
I firmatari del “manifesto” non appartengono infatti a quelle “armate“ di Confindustria che ciclicamente prendono la parola per ricordare al proprio pubblico che sarebbe il tempo di valutare duramente i docenti, aumentarne l’orario di lavoro, licenziarne una buona parte, orientare l’istruzione alle esigenze del mercato moderno e via dicendo.
Quei firmatari sono piuttosto un pezzo della sinistra culturale di questo Paese, che ha una lunga tradizione e una rappresentazione pubblica di tutto rispetto: molto spesso leggiamo articoli non privi di fascino del bel tempo in cui i licei, classici in primo luogo, sono stati la fucina non solo della classe dirigente ma anche di una sinistra “trasversale” a partiti e movimenti.
Licei intesi come Il regno per eccellenza del pensiero critico, della severa formazione della persona, del peso e del valore dell’insegnamento delle discipline e delle competenze, della autonomia dal mercato e dal lavoro, dell’insegnamento come militanza civile di impegno per la democrazia. Questa visione idealistica della scuola ha radici profonde e non ha mai incrociato “l’altra scuola”, quella in cui i docenti si sentono artigiani che lavorano e ricercano insieme, hanno superato il concetto rigido della classe e dell’ora di lezione, della gerarchia delle discipline, pongono al centro l’apprendimento e non l’insegnamento, e di conseguenza ritengono che il futuro della scuola sia legato a un modello organizzativo in cui si lavori per team, con un approccio interdisciplinare, valorizzando il territorio e le sue risorse, ricercando le contaminazioni possibili con la cultura del lavoro e delle esperienze di apprendimento non formale.
Una scuola che affonda le radici nel movimento internazionale delle scuole attive, che in Italia ha incrociato Bruno Ciari e Don Milani, Mario Lodi e il Movimento di Cooperazione Educativa, la Cgil scuola e Proteo.
Proteo si riconosce, come ha voluto ricordare nel Convegno su Bruno Ciari con cui ha aperto il lungo viaggio verso la Conferenza nazionale di programma, in questo secondo approccio politico, culturale e pedagogico. Per queste ragioni, e impegnando in questo caso solo la mia persona, ho sottoscritto il documento che volentieri pubblichiamo per offrirlo alla riflessione di tutti. Come molti documenti, ha le sue parzialità e dovrà essere integrato dalla ricchezza del dibattito ma è condivisibile perché soprattutto usa i toni giusti.
Oggi la pandemia ha rimesso in discussione molte certezze e aperto nuovi fronti di ricerca. Riflettere sul senso profondo di quanto accaduto può anche essere l’occasione per aggredire fratture antiche, guardando con apertura al mondo da costruire senza farsi catturare dal mito della “retrotopia”, come scriveva Bauman, che pure sembra prepotentemente ritornare, sotto diverse forme.
Tutti noi, nessuno escluso, dovremmo evitare di rifugiarci nelle granitiche certezze antiche, sgretolate da un trauma che dobbiamo far diventare generativo; perché questa è la nostra responsabilità nei confronti delle nuove generazioni. Ben vengano dunque sedi e occasioni affinché a sinistra, in tempi di scelte dirimenti, ci si confronti con passione e senza steccati sul futuro della scuola e sulle scelte difficili e complesse che la attendono.

Cinzia Mion

La prima osservazione riguarda il concetto di “competenza” che giustamente come dite voi non è detto che risponda ad una deriva comportamentista oppure aziendale.
Ricordo che è stata E. Cresson negli anni novanta per prima (Insegnare e apprendere. Verso la società della conoscenza) ad introdurre all’attenzione scolastica il concetto di “competenza europea” intendendo con ciò la cittadinanza europea.
Per tale motivo al primo posto ha messo le COMPETENZE ERMENEUTICHE  che si acquisiscono con la “cultura generale”. Ovviamente non una cultura generale fine a se stessa (ora di lezione) ma in grado di darti le CHIAVI DI LETTURA  per interpretare la realtà, i fatti, il mondo, ecc.

Per imparare a PENSARE sapendo che pensare vuol dire soprattutto usare il PENSIERO RIFLESSIVO  (e non solo quello RIFLETTENTE che si usa a scuola per raccogliere e valutare la restituzione della lezione o del libro di testo). Quel  pensiero riflessivo che impari ad usare quando le conoscenze sono COMPRESE IN MODO SIGNIFICATIVO E DUREVOLE (Wiggins), mettendo in RELAZIONE  fatti o eventi anche quando sembrano sconnessi….
(Ricordo per inciso che a massacrare il libro bianco  della Cresson è stata la Moratti che lo ha decapitato, bypassando completamente le competenze ermeneutiche e soffermandosi sulle famigerate tre “i” , spostando il focus dal soggetto “cittadino” al soggetto “lavoratore”, quindi semplice esecutore, sia pure con competenze, ma sostanzialmente potenzialmente “suddito”)

Per co-costruire questa INTELLIGENZA CONNETTIVA  (De Kerckhove) sia interpersonale (collettiva) che intrapersonale, bisogna che questa venga ridefinita come finalità scolastica,  indispensabile oggi che con un clik hai a disposizione le risposte esatte che un tempo dovevamo mandare a memoria.

La memoria che dobbiamo coltivare oggi è quella SEMANTICA .
Questo funzionamento della mente nella prima infanzia può essere “spontaneo”, (Legrenzi lo chiama “pensiero puro” perché funziona a prescindere dalle conoscenze che hai ) più tardi invece va sostenuto e Vygotskji ce lo ricorda quando sottolinea l’importanza dell’expertise nel sostegno da parte del docente (o pari esperto) nella zona di sviluppo prossimale, per arrivare al passaggio dalla intelligenza spontanea alle funzioni mentali superiori

E qui allora arrivo al punto in cui sono in disaccordo che consiste nella affermazione  che “il problema principale della scuola non è l’insegnamento ma l’apprendimento.”
E arrivo allora anche all’altro problema, altrettanto essenziale, che è quello della formazione collegato alla “didattica” e alla formazione iniziale dei docenti che dovrebbe finalmente sfatare la falsa credenza genti liana che “sapere vuol dire anche saper insegnare”. Credenza non sostenuta teoricamente da nessuno ma affermata nella realtà quotidiana, in assenza di un’Università che sappia colmare la scissione tra teoria e pratica.
Questo però è un problema “connesso” ma aprirebbe un altro capitolo…

Laura Biancato

Giovani e giovanissimi, abbandonate la speranza di una scuola nuova per davvero.
Di una scuola che vi accolga e vi doni ogni giorno il piacere di scoprire e imparare.
Lasciate da parte il sogno di prepararvi bene per un futuro già presente, che vi chiede di dominare strumenti complessi e tecnologicamente impegnativi, ma sfidanti; di avere competenze di lavoro in team, soluzione di problemi, capacità di dibattere e di presentare idee convincenti, di progettare. Di essere creativi.
Non considerate più di costruire la vostra formazione su talenti individuali, tutti diversi e tutti preziosissimi. Alcuni anche molto originali.
Rassegnatevi ad essere giudicati fino all’età matura con un voto, a volte con un marchio irreversibile. Ad essere bocciati, perchè non corrispondete allo “standard” del bravo studente.
Arriva il “Manifesto della nuova scuola” a fermare il vostro sogno di una formazione contemporanea e adatta al tempo che viviamo.
È il vecchio che avanza. La presunzione di avere in tasca e di poter trasmettere, unici detentori, un sapere che è ormai patrimonio globale e accessibile. La caparbietà di riportare la scuola a luogo di ascolto passivo, adatto solo ad un certo tipo di studenti. Il disconoscimento di decenni di ricerca psico-pedagogica, secondo la quale, per fortuna, siamo tutti fatti in modo diverso, apprendiamo in modi diversi, abbiamo talenti diversi.
Addirittura la proposta di considerare residuali e non essenziali tecnologie che fanno ormai parte della vita quotidiana di ogni persona.
Pover* ragazz*, se la scuola sarà questa.
Intanto, grazie al cielo, c’è chi lavora davvero per voi, con voi.