Signor Ministro, ahi ahi, lei mi è caduto sull’educazione civica

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di Cinzia Mion

Ahi, ahi signor Ministro, lei mi è caduto… sull’Educazione civica laddove auspica il consolidamento della comune “identità Italiana”.
Avrei voluto definirla “perla” ma chiamiamola con una definizione corretta e non distopica: si tratta di una vera e propria “gaffe”.

Non mi dirà infatti signor Ministro che Lei non conosce il famoso saggio degli anni 50 di un sociologo inglese Edward Banfield, dal titolo “THE MORAL BASIS OF A BACKWARD“, tradotto in italiano dal Mulino nel 1976 con il titolo “Le basi morali di una società arretrata”.
Non mi dirà che non ha mai sentito parlare di “familismo amorale”, speciale malattia degli italiani che privilegiano il proprio tornaconto personale e della propria famiglia al posto di quello della collettività.
Non a caso siamo stati infatti noi italiani ad esportare la famigerata “famiglia mafiosa”.
Non mi dirà che non è a conoscenza che questo familismo è ormai iscritto nel DNA degli italiani per cui se desideriamo fare in modo che gli alunni vengano educati, attraverso l’educazione civica, prima di tutto alla concettualizzazione del BENE COMUNE (v. COSTITUZIONE) e successivamente ad imparare tutti a rinunciare a qualcosa per co-costruirlo, bisogna innanzi tutto decondizionare la società italiana da questo “riflesso incarnato profondamente”. Parlo della società per cui prima ancora di rendere consapevoli i ragazzi bisognerebbe rieducare i loro genitori.

Tutti noi sappiamo infatti che non impariamo dalle PREDICHE ma dalle PRATICHE.
Se queste non coincidono tra loro, come spesso accade, siamo in presenza di una DOPPIA ETICA.
Lo sa, signor Ministro, che qualcuno (A. Gambino) fa risalire questo fenomeno della doppia etica, intrisa di ipocrisia, al fatto che noi in Italia abbiamo avuto la Controriforma e non la Riforma?
Compiuta la trasgressione con una buona Confessione, oplà, siamo a posto! Ovviamente non intendo mancare di rispetto ai credenti ma riferisco il pensiero di Gambino che a lungo si è interrogato sull’origine di questo familismo amorale per capire da dove provenga.
Per ritornare al nostro problema educativo si sa che ciò che crea un imprintig (positivo o negativo) sono gli ESEMPI.
E quali sono gli esempi, banali e continui, cui sono sottoposti tutti i giorni i nostri ragazzi se non che bisogna cercare di essere “FURBI” e non “FESSI”, perché i primi saranno vincenti, i secondi perdenti?
Ed allora via libera a piccoli imbrogli, piccole illegalità, trasgressioni riferite anche al codice della strada, piccole furbizie per evitare poi di essere scoperti, comportamenti scorretti ma accettati a livello sociale perché rappresentanti della famigerata furbizia che connota da sempre l’italiano ammirato dagli altri.
L’esempio più eclatante, e purtroppo più dannoso per il Paese, è riuscire ad eludere il pagamento delle “tasse”. Lo sa vero Ministro che la somma totale della evasione fiscale in Italia potrebbe colmare il nostro debito pubblico? Non faccio altri commenti anche se, essendo Lei intelligente, sa dove andrei a parare.

E che dire del FARE FINTA? Il fare finta permea di sé la Pubblica Amministrazione. Anche nella Scuola (e che nessuno si scandalizzi!) non sempre il DICHIARATO corrisponde all’EFFETTIVO! Per non parlare del copiare a scuola o dell’aiuto durante le prove INVALSI oppure del fare finta di non sapere che gli studenti copiano le versioni dal traduttore (v. confessione di un liceale).
Sembra anche che i Pubblici Ufficiali facciano fatica ad identificarsi con gli scopi dell’Organizzazione che servono; sarà facile che usino le proprie posizioni e le loro particolari competenze come strumenti da usare contro il prossimo per perseguire il proprio vantaggio particolare!

Non mi sollevi, onorevole Ministro, l’obiezione che non tutti gli italiani sono così . Questo lo sappiamo tutti (ci mancherebbe!!!) ma non è una contro-argomentazione che ha la forza di annullare l’argomentazione di fondo. Le dirò anzi che è più facile invece che altri Ministri (mi veniva da scrivere “compagni di merende” ma mi trattengo), tutti “Fratelli d’Italia”, siano caduti nella medesima trappola. Per esempio il Ministro della Giustizia ha cancellato per i pubblici ufficiali il reato di Abuso d’Ufficio, considerandoli a priori tutte “viole mammole”.
Noi invece sappiamo bene che essere colletti bianchi non significa tout court essere “immacolati”.
Di cosa abbiamo parlato in fin dei conti con questo lungo post? DI ETICA PUBBLICA, QUESTA MIS-CONOSCIUTA . In Italia, appunto, caro Valditara.

Non cerchi, Ministro, il mio nome fra gli operatori scolastici in servizio, vagheggiando magari una decurtazione dello stipendio (anche se ci tiene a far sapere che non è Lei personalmente a sporcarsi le mani in questo modo!). Sono una vecchia dirigente scolastica in pensione (85 anni) ma ritengo di considerarmi una buona “cittadina” che, fra l’altro, nella sua lunga e appassionata carriera scolastica ha pagato anche qualche prezzo pur di non ASSERVIRSI .
Perché a questo dovrebbe servire l’educazione civica : a diventare CITTADINI (nella pienezza del termine) e non SUDDITI .

Come cavalli all’abbeveratoio

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di Giovanni Fioravanti

“C’è chi insegna/ guidando gli altri come cavalli/ passo per passo”.
Sono i versi con cui si apre la poesia di Danilo Dolci: Ciascuno cresce solo se sognato.
Mi sono ritrovato spesso a riflettere sul loro significato e ho incontrato un analogo riferimento negli scritti di Helen Parkhurst, quando osserva che insegnare è la stessa cosa che portare un cavallo all’abbeveratoio, non si può costringere il discente ad apprendere più di quanto lo stalliere possa costringere il cavallo a bere.
Ecco, la nostra scuola non sogna i suoi ragazzi e le sue ragazze, ma li conduce all’abbeveratoio del sapere. Non si pone dal punto di vista di ciascuno di loro, non si interroga sulla complessità della vita umana, sul futuro di quel ragazzo o di quella ragazza, sul suo destino di donna e di uomo, della sorpresa che potranno essere una volta cresciuti. Chi oserebbe pretendere che si possano educare i ragazzi senza conoscerli, scriveva Roger Dottrens.
Non so se coloro che sostengono la centralità della cattedra e dell’ora di lezione si siano mai posti dal punto di vista dei giovani che hanno di fronte, delle potenzialità che nascondono e riservano.

Lo studente come oggetto del loro lavoro, come terminale della loro voce.
Se si siano qualche volta posti il problema di pretendere di avere una parte veramente eccessiva nell’attività mentale degli alunni. Se accade che la mente di un insegnante sia sfiorata dall’idea che quella ragazza o quel ragazzo che gli stanno di fronte, di cui se mai disapprova le qualità, possa essere allo stato latente, la crisalide d’una donna o di un uomo che oltrepassa di molto le sue capacità mentali.
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Giocare alla guerra o educare alla pace?

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Stefaneldi Mario Maviglia

Nella recente Fiera del Levate di Bari l’Esercito Italiano ha allestito uno stand significativamente attrattivo, sotto lo slogan L’Esercito 4.0. Proiettati nel futuro con lo sguardo nel passato.
Particolarmente suggestive (a detta della stampa) sono apparse le attrazioni pensate per i bambini e i giovani. Gli organizzatori parlano di oltre 100 mila persone che hanno visitato lo stand. Lo scopo di questa iniziativa era evidentemente quello di promuovere l’arruolamento dei giovani, anche come prospettiva di lavoro per i ragazzi e le ragazze del Mezzogiorno.
Eppure queste manifestazioni appaiono quanto meno inopportune se si considera che in tante parti del mondo, anche a noi vicine, vi è una recrudescenza dei conflitti bellici e il ricorso alle armi sembra aver soppiantato la diplomazia e il dialogo quali strumenti per risolvere le controversie tra i Paesi.
Il fatto che a subirne le conseguenze mortali di queste contese giocate sul piano militare siano soprattutto i civili (e in modo particolare quelli delle classi popolari), rende ancor più odiosa questa deriva bellicista e guerrafondaia. Continua a leggere

Suprematismo 4.0

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di Marco Guastavigna

Mentre gli intellettuali organici al mercato della nostra accademia si scambiano inviti e citazioni per rafforzare il proprio poterucolo nel campo dell’epistemarketing, sul mercato della conoscenza e della logistica dell’istruzione le cose vanno ben oltre amenità quali la didattica conversazionale e l’arte dell’apprendere avvinti a ChatGPT “generalista”.
I servizi basati sulle macchine decisionali si moltiplicano e permeano l’intero ecosistema, per altro già del tutto energivoro.
E così gli accrocchi proliferano ogni giorno. L’ultimo parto di Alphabet è Illuminate, a cui si accede per ora solo via VPN con uscita negli Stati Uniti.

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Una certa idea di scuola dell’infanzia

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di Imma Lascialfari

Da insegnante di scuola dell’infanzia, con ormai molti anni di servizio macinati sul mio cammino di maestra convinta, appassionata e impegnata, mi sembra che nel tempo questa scuola abbia preso direzioni non del tutto positive. Da troppo tempo continuo ad assistere quasi impotente allo svilimento di questa scuola, dei suoi valori, nella quotidianità, nel fare pratico, a discapito inaccettabile dei bambini e del loro diritto ad una crescita più rispettosa di quella che vedo.
Da anni.

Questa istituzione così importante, così complessa, così cruciale, nel tempo sostanzialmente non ce l’ha fatta, tolte alcune sporadiche realtà virtuose; non è riuscita completamente ad elevarsi, a perseguire, a concretizzare, a realizzare, l’idea di bambino, l’idea di educazione esplicitata nei vari documenti che si sono succeduti.
A partire dai  Nuovi Orientamenti del ’91, svolta epocale, alle Indicazioni Nazionali del 2012 con la loro revisione del 2018, fino ai contributi più recenti delle Linee pedagogiche del sistema integrato 0-6. Lettera morta. Molti insegnanti non ne conoscono neanche i contenuti. O li hanno dimenticati. Le nuove generazioni di laureati non sembrano averli interiorizzati. Fatte salve ovviamente quelle realtà, troppo poche, dove invece questo non accade. Continua a leggere

C come  CANTIERE. Scuola trincea o scuola caserma?

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di Giancarlo Cavinato

 Il ministro Valditara cita spesso la parola ‘guerra’ parlando delle condizioni attuali della scuola dove si combatte ‘in trincea’. Ma in guerra la vittoria bisogna meritarla, Di qui l’intitolazione del Ministero al ‘merito’.

I pedagogisti della pedagogia istituzionale, Oury, Lapassade, parlavano piuttosto di ‘scuola caserma’. Riprendendo la domanda di Freinet nei ‘Detti di Matteo’: la scuola sarà caserma o cantiere?

Ci sembra che il ministro e la compagine di cui fa parte pensino propendere per una visione del primo tipo, ben descritta da Freinet: ‘la caserma: con la sua atmosfera particolare senza vita, in cui non ci si comporta affatto come nella vita, ove si rispetta quest’altra legge dell’ambiente completamente poggiato sulla cura d’ingannare l’autorità, di schivare e minimizzare i lavori obbligatori, di ammazzare il tempo contando i giorni, come lo scolaro conta le ore che mancano al temine delle lezioni! La caserma con i suoi vasti e uniformi edifici prospicienti tutti lo stesso cortile […] ‘

Se questa è l’immagine di scuola che nel profondo nutre il neoministro, è evidente che ‘sorvegliare e punire’ come scrive in un articolo su Repubblica Vanessa Roghi è il modo di tenere a freno le intemperanze della ‘condotta’ (che evidentemente è altro dal comportamento e altro ancora dall’individuo considerato nell’interezza del suo stare al mondo).

Freinet e il MCE hanno lavorato per decenni nel denunciare i frutti dello scolasticismo, della settorializzazione come separatezza scuola società.

Ora arriva un ministro che presume che le soluzioni sono semplici:

-non ammettere o ‘rimandare’ a settembre chi ha meno di sei o sei in ‘condotta’

-incarcerare i genitori dei renitenti all’obbligo che non mandano i figli a scuola

– far intervenire le forze dell’ordine per ‘bonificare’ i territori

‘A quando le orecchie d’asino?’ potremmo chiedere al ministro parafrasando ancora Freinet.

Eppure Freinet nel capitoletto ‘Un niente che è tutto’ aveva indicato la strada maestra

per un’educazione che valorizzi gli apporti, le propensioni, le risonanze profonde nei soggetti, la loro ricerca di significato delle attività.

‘Al reggimento la corvée per le patate è il prototipo e il simbolo del lavoro del soldato (potremmo azzardare che costituisce l’equivalente degli esercizi fini a se stessi a scuola). […] Ma il giovane soldato che ha sbucciato patate per tutta la mattina secondo il ritmo del soldato, la sera, va a trovare la sua ragazza che gli dice gentilmente: -Ora dobbiamo preparare la minestra…-

  • Lascia pure le patate, di queste me ne occupo io…-

C’é voluto così poco, ma quel poco è tutto.’

Gianni Rodari nella prefazione a ‘Un anno a Pietralata’ che costituisce il diario dell’esperienza nella borgata romana di Albino Bernardini descrive l’atteggiamento del maestro come ‘presenza di un ottimismo che non ha niente a che fare col sentimentalismo. ‘Per Bernardini non esiste la “cattiveria”(e quindi non ha senso né efficacia la sanzione punitiva e men che meno la repressione). Possono esistere cattive abitudini, e allora si tratta di spiegarsi come e perché si sono formate, e di creare con tenacia una situazione nuova, nella quale quelle stesse cattive abitudini si risolvano in atteggiamenti morali nuovi.’

Nell’incontro con i genitori dei 12 alunni di cui molti pluriripetenti Bernardini afferma: ‘io non voglio solo insegnare ai vostri figli a leggere e a scrivere: lo so, questo spetta a me solamente, ma anche educarli a vivere a scuola e fuori.’

Il MCE dal 1951 pratica una pedagogia intenta al decondizionamento, all’emancipazione da modelli violenti ed egoistici, passivi e subordinati.

Per educare cittadini/e.

Ma in una scuola in cui l’apprendimento passa attraverso nozioni esperienze regole che non possono essere verificate e quindi non stimolano processi mentali nuovi si produce meccanicità e ripetizione.  Spesso allora per fuoriuscire da routine e passività, da frustrazioni, vengono agite forme di trasgressione che generalmente non si riscontrano in una scuola attiva che stimola creatività e processi critici.

In una scuola della riproduzione sociale è facile che prevalgano imitazioni e riproduzioni di esempi e modelli desunti dal clima sociale esterno.

Le attuali misure repressive non fanno che sancire un clima sociale.

Non esistono problemi della famiglia e della scuola (con buona pace dei vari Ricolfi e Galimberti che aspirano a una scuola come istituzione chiusa nel rimpianto di un passato aureo ma privilegio di pochi) ma problemi di cattivo funzionamento della società che influiscono sulla famiglia e sulla scuola’ (Dino Zanella, segretario MCE, 1978).

 

 

 

Intelligenza artificiale e sviluppo economico sostenibile (qualche idea per l’educazione civica)

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di Rodolfo Marchisio

Le linee guida 2024 del MIM per la Ed. civica hanno, nella loro impostazione ideologica, tra le altre cose rovesciato l’attenzione dall’ambiente, i suoi problemi ormai forse irreversibili, la sostenibilità dello sviluppo economico allo sviluppo economico in primis.
Cfr. linee guida DM 35 2020. Il secondo filone di lavoro e riflessione è passato da

  1. Sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio

a 2. Sviluppo economico e sostenibilità. Lo sviluppo economico è il focus in tutto il documento: “parlo del lavoro perché il lavoro è bello” proclama il ministro – ovviamente per chi ce l’ha, chi non è precario, sottopagato o non ci muore- e conclude “con buona pace delle sinistre e delle ideologie marxiste-leniniste”. (?) E la sostenibilità diventa una appendice, una precauzione sempre meno rispettata.

Il discorso è coerente col documento che insiste sulle responsabilità individuali e sottace quelle sociali, di cittadinanza e politiche. Diciamo un documento allineato con le posizioni del governo, dove la responsabilità non è mai di chi governa ma di tutti gli altri (individui, magistratura, media etc…). Molto “di governo” e niente di “lotta”, di critica, di cittadinanza attiva.
Siamo rimasti ai diritti individuali, quelli della borghesia e del 700 (illuminismo, Riv. Francese ed americana). I diritti di prima generazione secondo Bobbio. Sono sempre più carenti i diritti sociali, quelli conquistati nell’800 dal movimento operaio, contadino contro la borghesia. I diritti di seconda generazione: lavoro, salute, istruzione. [1] Continua a leggere