Chiamale se vuoi linee guida

   Invia l'articolo in formato PDF   
image_pdfimage_print

di Raimondo Giunta

Il desiderio di tornare  alla normalità dopo la lunga quarantena con cui ci si è difesi dal coronavirus è giustificabile, ma non dovrebbe travolgere le norme di prudenza alle quali ci si dovrebbe attenere per salvaguardare alunni, docenti e personale della scuola, considerato che non si dispone di un vaccino per contrastare il virus e che nessuno può escludere una seconda ondata della pandemia.
Le linee guida per la riapertura delle scuole risentono di questa incertezza, della modestia delle risorse assegnate, dell’impossibilità di ottemperare alle indicazioni, proposte dal CTS, nel tempo irrisorio di due mesi, agosto compreso.
Solo chi non ha idea dei tempi che si prendono anche le più efficienti amministrazioni può sperare che in questo lasso di tempo  si trovino aule sufficienti e idonee e il personale che manca; che tutti gli enti locali e tutti i CSA facciano avere quello che manca ed è necessario.

Ciò nondimeno è evidente che alcune misure di contrasto al virus bisogna rispettarle. Compito che spetta alle regioni e ai comuni per la predisposizione degli edifici scolastici e per allestire e arredare le aule e gli spazi che necessariamente serviranno e alle singole scuole che dovranno riorganizzare le attività didattiche in funzione della sicurezza degli alunni.

Da quel che si capisce gli enti locali, non tutti, cercano di minimizzare i rischi, per minimizzare gli oneri di cui si devono fare carico e il ministero, col poco che è riuscito ad ottenere, non può forzare la mano e non può andare oltre alcune misure di buon senso.
Il minimalismo in termini di preoccupazione non può evitare, però, che si facciano i doppi turni e che se si fanno i doppi turni è evidente che ci vorrà più personale ATA.
E poi se le classi si dividono in piccoli gruppi, è evidente che ci vorranno più insegnanti, anche se si aumentasse l’orario di servizio come pare si voglia fare; se, infine, si divide la classe, è evidente che si ritorna alla didattica a distanza a turnazione tra i vari gruppi.
L’affidamento alle regioni, ai comuni  e alle singole scuole del compito di assicurare in sicurezza le attività didattiche del nuovo anno scolastico  ha come naturale conseguenza un’ulteriore disarticolazione del sistema di istruzione nazionale, che per necessità sarà declinato in tante versioni quante sono perlomeno le regioni.

I problemi da affrontare sono davvero grandi e richiede un grande spirito di servizio da parte di tutti quelli che sono coinvolti nella responsabilità di fare funzionare il sistema scolastico. Tutto questo non può esimerci, però, dal sottolineare che, considerate le  dimensioni sociali del sistema pubblico di Istruzione e Formazione, l’incidenza che ha nella vita quotidiana di milioni  di persone  e nel futuro della società, alla scuola sono state assegnate le briciole  delle  risorse di cui disporrà il governo ed è stato dato  il minimo di attenzione che meritava, se si voleva dare avvio ad un nuovo ciclo della storia della nostra scuola, come si recita ogni volta che se ne parla.
Per tutti questi motivi   pare  poco opportuna l’enfasi sui gruppi che si formano e si disfano per classi parallele e addirittura per anni diversi; che si possa dare solidità al quotidiano della scuola  con la solita fuga in avanti, nascondendo tra l’altro una perdita di  valore, com’è l’unitarietà  della classe ai fini della crescita dei alunni più giovani.
E  perché si dovrebbe procedere in questo senso?
Per recuperare spazi? Per evitare doppi turni? Accompagnare questa misura con la sollecitazione ad accorpare le discipline in ambiti pluridisciplinari, anche dove in genere non si usa, significa ricostruire da cima a fondo per un intero istituto il curriculum degli alunni, procedere ad un’attività richiede un lavoro immenso e certosino, profondo di lunga durata, se non si vuole buttare tutto in aria.
Un lavoro che va fatto nella collegialità e nella convinzione profonda dei docenti.
Quando? Un lavoro che deve convincere gli alunni e le famiglie.
Quando? E non bisogna dimenticare che in assenza di un organico completo molte delle buone intenzioni rischiano di non andare a buon fine. Se poi si pensa che ogni lezione dovrebbe durare poco più di 40 minuti, sarebbe quanto meno giusto spiegare come si possa andare oltre la lezione frontale con così poco tempo a disposizione, chiamato l’appello e preso atto delle giustificazioni delle assenze degli alunni.

Le scuole vivono dentro le città, ne fanno parte integrante e ne condizionano la vita.
Finora sono state le scuole ad adattarsi; ma con gli ingressi differenziati, la diffusione dei doppi turni e con l’alto tasso di pendolarismo alle superiori dovranno essere le città, i paesi e le regioni ad adattarsi alle scuole.
Non pare che si sia chiaramente consapevoli delle difficoltà che bisogna affrontare e che ci sia la volontà di prenderne atto.
Si cercheranno le scorciatoie, invece, di prendere di petto i problemi.
Una scorciatoia sicuramente è l’idea di affidarsi a patti educativi di comunità  con associazioni di volontariato, addirittura anche per l’assegnazione dei compiti di vigilanza.
Un passo gigantesco verso l’esternalizzazione dei compiti e delle funzioni della scuola, che dovrebbe essere contrastato con energia e furore.
Diciamolo allora. Si sta pensando ad una ripresa delle attività didattiche come se il virus fosse stato sconfitto o come se fosse facile poterci convivere.
Si mente sulla realtà, per non pagare i prezzi che ciò comporta.
Per questo è giusta la giornata di lotta per scuotere il governo e indurlo a migliori propositi.