Archivi categoria: AUTONOMIA

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Sanzioni disciplinari agli studenti per salvare il prestigio dei docenti. Il Governo ci crede davvero

di Raimondo Giunta

Mai avrei pensato che per difendere l’autorevolezza degli insegnanti si dovesse pensare di aggravare nei confronti degli studenti indisciplinati e irrispettosi le sanzioni disciplinari esistenti. E’ facilmente comprensibile ai più che l’autorevolezza degli insegnanti è stata gravemente incrinata dall’incuria delle condizioni del lavoro, dall’erosione continua della loro libertà, dalla modestia del loro stipendio, dalle aggressioni dei genitori e dalle continue campagne di diffamazione dei media e non dall’indisciplina degli studenti.

Vediamole allora queste nuove sanzioni disciplinari!

1) Nelle scuole secondarie di I grado, se il disegno di legge del ministro Valditara sarà approvato definitivamente, sarà ripristinata la valutazione del comportamento, che dovrà essere espressa in decimi e avrà un impatto sulla media generale dello studente, modificando così la riforma del 2017. La valutazione del comportamento influenzerà anche i crediti per l’ammissione all’Esame di Stato conclusivo della scuola secondaria di secondo grado e per avere diritto al punteggio più alto bisognerà avere al meno nove decimi in condotta.
Si torna, quindi, all’indigeribile commistione tra profitto scolastico e comportamento dell’alunno, che invece andrebbero rigorosamente e laicamente separati. Un provvedimento questo che avrà come effetto certo la crescita della dissimulazione e dell’ipocrisia degli alunni, ma non dell’adesione convinta alle regole che tutelano la convivenza in una scuola.

2) A seguito di un voto insufficiente in condotta non solo per casi di violenza o di commissione di reati, ma anche per comportamenti che costituiscono gravi e reiterate violazioni del Regolamento di Istituto non si è promossi alla classe successiva e non si è ammessi agli esami di Stato. Continua a leggere

Ragionando sulla dispersione scolastica

di Raimondo Giunta

La lotta alla dispersione scolastica è uno dei compiti più nobili che si possa svolgere nelle singole scuole, perchè dà respiro sociale ed educativo a tutta l’attività formativa. Nella società della conoscenza, dell’apprendimento durante tutta la vita, chi fuoriesce anticipatamente dal sistema formativo senza il possesso di adeguate e solide competenze per svolgere il ruolo di cittadino e di lavoratore è destinato all’emarginazione sociale.
E in linea di principio nessuno dovrebbe accettare un fatto del genere.

Alla scuola è stato indicato l’obiettivo di ridurre drasticamente la dispersione scolastica e nel frattempo anche quello di aumentare in modo cospicuo la percentuale dei diplomati di quanti frequentano le superiori per allinearsi alle relative medie europee.  I risultati sono in via di miglioramento, anche se non sono completamente soddisfacenti, perchè il fenomeno della dispersione è ancora consistente, per vecchi e inestirpati fattori, ma anche per nuovi, come la scolarizzazione dei figli degli immigrati, per la quale non si è sempre e dappertutto preparati.

A partire dagli anni ‘60 le porte delle scuole sono state aperte a tutti, soprattutto alle superiori. I risultati di questa necessaria scolarizzazione di massa, però, sono ancora contraddittori. A parità di “qualità umane”, infatti, non si ha tra i giovani parità di risultati, di successo formativo e di possibilità di inserimento nel mondo del lavoro.

Si è intervenuto su alcuni ostacoli di natura economica, ma negli ultimi tempi con risorse sempre decrescenti, (riduzione delle tasse di iscrizione, borse di studio, gratuità dei servizi di trasporto, buoni-libro, ma rare volte con le mense scolastiche). Questi provvedimenti hanno favorito l’accesso di tantissimi giovani alle scuole, ma non sono riusciti a tenervi dentro tutti quelli che vi entravano e a farli uscire a tempo dovuto con il bagaglio necessario di preparazione per affrontare la vita. Continua a leggere

Fissiamo un tetto alle sgrammaticature di Valditara

di Mario Maviglia

Ha ragione il Ministro Valditara a scagliarsi contro chi ha stigmatizzato i suoi errori linguistici contenuti in un tweet in cui parlava della necessità di costituire classi con la maggioranza di italiani, allineandosi alle posizioni del suo capopartito Salvini, nonché Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture.

Questa vicenda ci fa capire tante cose interessanti:

  • Valditara dice: “Quando si detta un tweet al telefono non si compie un’operazione di rigore linguistico e si è più attenti al contenuto”. Verissimo! Però dall’altra parta del telefono ci si aspetta che chi prende la telefonata (ossia un collaboratore di Valditara, da lui stesso scelto, immaginiamo) abbia almeno la licenza di scuola media…
  • Il Ministro del Merito aggiunge che il processo di assimilazione degli alunni stranieri “avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani, se studieranno in modo potenziato l’italiano…”. Ecco, sarebbe opportuno che anche Valditara e l’ignoto suo collaboratore potenziassero a loro volta il loro italiano. La lingua italiana sarebbe loro grata.
  • Secondo il Valditara-pensiero (preso a prestito dal suo capopartito Salvini) questo processo di assimilazione degli studenti stranieri avverrà “se nelle scuole si insegni approfonditamente la storia, la letteratura, l’arte, la musica italiana…” [Si noti la finezza sintattica di quel “si insegni”, una vera chicca e licenza poetica. Non è ancora licenza media, ma la strada è tracciata. Con il potenziamento di cui sopra ce la possiamo fare…].
    Ma qui il Valditara-pensiero denuncia qualche défaillance (tranquillo, sig. Ministro: vuol dire “debolezza”): infatti i risultati peggiori – almeno stando alle classifiche internazionali come OCSE-PISA – gli allievi delle scuole italiane li conseguono nelle scuole superiori dove la presenza degli alunni stranieri è più bassa. E allora come la mettiamo? Forse questa necessità di “approfondimento” non riguarda solo gli studenti stranieri, ma anche e soprattutto quelli italiani.

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Il caso Pioltello, ultima ora: cosa si dice davvero nel “palazzo”

di Aristarco Ammazzacaffé

I fatti, in primo luogo, come per ogni cronaca che si rispetti.
Il Collegio Docenti e il Consiglio dell’Istituto Comprensivo di Pioltello (Mi) – intitolata ad un ragazzo straniero, per giunta musulmano, Iqbad Masih – decidono, in perfetta complicità, lo stop alle lezioni il 10 aprile p.v.. E ciò per permettere alla comunità musulmana (quindi non solo non cattolica, ma neanche cristiana), di partecipare alla loro festività religiosa, il Ramadan. Senza minimamente pensare al rischio ben forte di cadere addirittura nell’apostasia.

Il ministro Valditara prontamente informato da Radio Maria e dai catto-leghisti lombardi, giustamente interviene con queste parole ascoltate e registrate personalmente: “Questa chiusura no, non s’ha da fare né il 10 aprile, né mai. Le delibere del Collegio docenti e del Consiglio di Istituto – scandisce, pacatamente alterato, che lo sentono anche a Piazzale Trilussa – sono irregolari, almeno per tutta questa legislatura. E questo perché – e qui diventa lapidario – una scuola seria non chiude, ma apre; anche a Natale, Pasqua ed Epifania, che tutte le feste si porta via; comprese quelle comandate ed estive (sulla frase in rima però ho qualche dubbio, che con onestà doverosamente dichiaro. Noi, di una certa parte, siamo fatti così.  Quelli dell’altra, se ne facciano una ragione). Continua a leggere

Ma esiste ancora la laicità della scuola?


di Cinzia Mion

Il testo che segue non è recente, anzi è datato. L’aspetto sconvolgente però è che è ancora di estrema attualità.
Non ho cambiato una virgola. Potrebbe essere stato scritto stamattina dopo i fatti di Pioltello o di Altavilla (messa pasquale in orario scolastico) in cui ancora una volta è sotto assedio un dirigente scolastico che cerca solo di far rispettare la Legge.

 

 

 

Diceva Guido Calogero, in tempi non sospetti, e precisamente nel 1955, che la fondamentale legittimità della difesa della laicità della scuola consiste nel fatto che un’educazione condotta, comunque, in base a certi orientamenti dottrinali presupposti come indiscussi, o discussi in maniera insufficiente, crea uomini moralmente e civicamente meno solidi di un’educazione la quale non presupponga alcun tabù ed alleni continuamente i giovani all’attenta e rispettosa discussione di qualunque idea e fede, propria ed altrui. D’altro, canto aggiunge sempre Calogero, il laicismo (parola che non ha un’accezione dispregiativa come si vuol far credere ultimamente) consiste nel fatto di non accettare mai, in nessun caso, l’organizzazione e l’esercizio di strumenti di pressione religiosa o politica o sociale o morale o economica o finanziaria al fine della diffusione di certe idee, e di procurare invece, sempre più, l’equilibrio della loro possibilità di dialogo individuale (G.Calogero “Che cosa vuol dire scuola laica?,in “Mondo”, dicembre 1955).

Calogero, noto come il filosofo del dialogo, fondatore con Aldo Capitini del movimento liberal-socialista è stato tra i protagonisti della cultura laica nel dopoguerra. Norberto Bobbio lo ha ricordato poco tempo prima di morire come suo maestro su la “Stampa” (21 dicembre 2001).

Oggi il laico, che voglia intraprendere tale dialogo con le gerarchie ecclesiastiche, si accorge subito che non è possibile perché queste si professano attualmente i custodi dell’ortodossia della ragione non solo filosofica, come è stato per secoli, ma anche della ragione scientifica, cioè della ragione applicata alle scienze naturali.
Scrive Gustavo Zagrebelsky, a tal proposito, che il dialogo tra la Chiesa e un non cattolico è impossibile perché quest’ultimo interlocutore, per le gerarchie, è “uno che, in moralità e razionalità, vale poco o niente; è uno che le circostanze inducono a tollerare, ma di cui si farebbe volentieri a meno” (da Repubblica 10 gennaio 2007: G.Zagrebelsky , Cosa pensa la Chiesa quando parla di dialogo?) Continua a leggere

IC Iqbal Masih di Pioltello: lode all’autonomia scolastica ed altre storie

di Aluisi Tosolini

In questi giorni divampa la polemica sull’Istituto Comprensivo di Pioltello che ha “adattato” il proprio calendario scolastico inserendo un giorno di chiusura in concomitanza la conclusione del Ramadan, anche in considerazione che circa il 40% degli studenti del comprensivo festeggia tale giornata.
Il ministro, come ha scritto Tecnica della scuola, ha accusato il comprensivo di aver stabilito una nuova festività, cosa non legittima.
Ma cerchiamo di capire come funziona il tutto partendo dalle norme e poi raccontando la prassi derivante da 20 anni di esperienza da dirigente scolastico.

La normativa: autonomia scolastica e calendario scolastico regionale

Il calendario scolastico viene annualmente deliberato dalle singole Regioni. Nel caso dell’anno 2023/24 la regione Lombardia ha pubblicato il 20 aprile 2023 la delibera Prot. N.R1.2023.5812 che così scrive: “come definito con la DGR 3318/2012, permangono stabilite le festività fissate dalla normativa nazionale ed i tradizionali periodi di chiusura natalizi, pasquali e di carnevale, come di seguito specificato (segue elenco)”. Continua a leggere

Valorizzazione dell’autonomia scolastica, ma anche del centralismo e altri esempi di strabismo politico

di Stefano Stefanel

Ci sono tre locuzioni che stanno quasi come “motto” sopra le scuole, perché costituiscono la cornice ovvia entro cui situare l’autonomia funzionale delle scuole italiane: sono le “finalità generali del sistema”, gli “obiettivi generali del sistema formativo”, i “livelli essenziali delle prestazioni”.  Le prime due locuzioni si trovano nel DPR 275/1999 e la terza alla lettera m) dell’art. 117 della Costituzione così come modificato dalla legge costituzionale n° 3 del 2001. Chi sta fuori dal sistema scolastico nazionale può immaginare di trovarsi di fronte ad un libro in cui finalità, obiettivi e livelli essenziali delle prestazioni siano definiti in modo chiaro ed enciclopedico. Tutto numerato e ordinato, con precisi riferimenti normativi, contratti del personale firmati regolarmente di conseguenza, nessuna sovrapposizione o contraddizione. E invece, il sistema si ordina per salti, senza nessun documento che definisca tutto quello che è in vigore e che deve essere applicato (o disapplicato), con anche le modalità di applicazione.

Forse in un momento così convulso, com’è quello attuale, può essere interessante comprendere perché il sistema si sia ordinato in questo modo e non come una semplice enciclopedia che tutti (giudici inclusi) possono, alla bisogna, consultare. Solo quest’anno il sistema scolastico italiano ha licenziato (finora) le Linee guida per l’orientamento,  la nomina dei tutor e del tutor orientatore, il Liceo Made in Italy che convive con Liceo Economico Sociale, dopo che era stato annunciato che l’avrebbe assorbito, il percorso di 4 e non 5 anni per gli Istituti Tecnici su base vocazionale (scelta delle scuole e scelta delle famiglie), lo sviluppo piuttosto senza regole degli ITS, l’attuazione del PNRR, il PNRR sui “divari territoriali”, i D.M. 65 e 66, il personale ata assunto fino a dicembre sul PNRR e poi prorogabile con le modalità decise dal ministero, ma pagato coi fondi delle scuole, il concorso straordinario per dirigenti scolastici aperto a chi ha perso l’ultimo concorso ma ha fatto ricorso e, poi, molto  altro di varia entità. Continua a leggere