Il COVID19 non infetta i bambini, lo dice uno studio sul caso di Vò Euganeo

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rete_numeridi Raffaele Iosa

Continuo la mia ricerca sul rapporto tra Corona Virus e bambini. In un post FB di ieri ho parlato della giornalista scientifica Roberta Villa che citava la ricerca del prof. Grisanti su Vo’ Euganeo, l’unica oggi presente in Italia a tappeto su un’intera popolazione.
Ho letto attentamente sulla piattaforma medrxiv il preprint della ricerca del prof. Grisanti Università di Padova (in inglese) contenente anche il Metodo utilizzato e i risultati.
Per chi voglia approfondire rinvio a quel testo. La ricerca dimostrerebbe che difficilmente coronavirus entra nei bambini, e nel caso di Vo’ nessun bambino era infetto!
Grisanti, che è scienziato serio, fa alcune ipotesi di questa situazione di non-contagio, e suggerisce di approfondire questo fenomeno con ulteriori ricerche.
Che pare non interessare la pubblica opinione, il Governo e il Ministero. Quindi scuole chiuse e basta. E da settembre allo studio regole severe di comportamento, quasi da riformatorio.
Fino alla ripresa della DAD magari in alternanza. La scuola del ping pong. Mah!

Riflettiamo, però: se è vero che il Corona virus non solo fa poco male ai bambini ma rarissimamente entra dentro di loro, vuol dire che il rischio che a scuola o incontrandosi si possano “contagiare” reciprocamente e infettare gli adulti è bassissimo, e a Vò Euganeo nullo.
Se lo studio di Grisanti fosse confermato da altre ricerche (ho già parlato di quelle cinesi), potremmo dire che la chiusura delle scuole si fa per gli adulti e non per i bambini.
Cioè per quella marea di genitori e nonni che li portano a scuola e per le insegnanti.
Ma il rischio contagio è questione di relazioni tra adulti non tra bambini e non tra adulti e bambini.
E qui non capisco l’Italia.
Si fa di tutto per far tornare gli adulti al lavoro, si studiano regole di contenimento e di diradamento, ed è più che giusto e necessario. Ma i bambini?  Scomparsi.
Tutti a settembre con regole carcerarie e di diradamento ansioso, cancellato il problema dell’ estate dei bambini. Qualche assessore sta pensando a riaprire i CRE, ma non pensa che anche la scuola è una risorsa e si potrebbero fare iniziative educative insieme, sotto gli alberi d’estate, anche volontarie, in una logica di sistema integrato, perché i bambini possano almeno ri-allacciare i rapporti e un po’ ripristinare la relazione educativa che pare la più bella esperienza e scoperta della didattica della vicinanza di questi mesi.
Dirò di più: forse, almeno per i bambini fino a 10 anni (a seguire Crisanti) potremmo da settembre preoccuparci meno dell’ingegneria dei piccoli gruppetti e perfino dell’alternanza tra scuola in situazione e a distanza.
La DAD è cosa interessante, è stata sostituiva per questi mesi, ma deve diventare parte organica della vita di classe come una delle attività di tutta la didattica. Non un po’ qua e un po’ là.
La ricerca–guida di Grisanti va ripetuta in altri luoghi. Non possiamo arrenderci a questa rassegnazione (un po’ cinica) che non c’è niente da fare e tutti a settembre con metodi da internato.
Se il problema sono gli adulti che portano a scuola i bambini bastano regole severe per loro, come si fa per chi va a lavorare. E ovviamente grande cura alle maestre e al personale ATA, con continui controlli preventivi.
Insomma lavoriamoci con coraggio. Vedo invece che dal Ministero non verrà nulla.
Per questo non posso tacere. Per approfndire la conoscenza dello sudio Grisanti su Vò Euganeo allego qui l’articolo,  ripreso dalla rivista online www.wired.it.
Chi vuole piò leggere qui il preprint delllo studio Grisanti su Vo’ Euganeo

Ecco cosa dice lo studio di Vo’ Euganeo sul coronavirus e i bambini

Dalla ricerca sulla popolazione del comune veneto è emerso che il 43% delle persone positive al coronavirus sono asintomatiche e che i bambini fino a 10 anni sono tutti negativi, nonostante la convivenza con adulti infetti.

Finalmente disponibile in preprint sulla piattaforma medrxiv l’ormai noto studio su Vo’ Euganeo, la località veneta in cui il 21 febbraio scorso si è verificato il primo decesso per coronavirus Sars-Cov-2 in Italia. Perché ci interessa così tanto? A parte il fatto che sembra che siano stati i suoi dati preliminari – e il parere del virologo Andrea Crisanti dell’Università di Padova, coordinatore della ricerca – a guidare l’intera strategia veneta (quella che nelle regioni più colpite del Nord ha avuto i risultati migliori), l’indagine permette di conoscere meglio il nuovo coronavirus e quindi di ragionare sulle modalità più efficaci per contrastare la sua diffusione nelle fasi successive della pandemia. Ecco dunque cosa dice lo studio.

 I risultati principali

I ricercatori hanno raccolto tamponi orofaringei della popolazione di Vo’ Euganeo in due momenti distinti: la prima tranche nelle ore successive all’imposizione della zona rossa con la quarantena obbligatorio per gli abitanti nelle due settimane successive, la seconda al termine del lockdown. In totale, dunque sono stati testati rispettivamente l’85,9% (2.812 tamponi) e il 71,5% (2.342 temponi) della popolazione.

L’analisi della prima campionatura ha riscontrato 73 tamponi positivi, che corrispondono a una prevalenza dell’infezione (cioè il numero di positivi sul totale della popolazione esposta in un dato momento) del 2,6%. Da sottolineare che 30 delle persone risultate positive si sono ri\velate asintomatiche e non hanno mai sviluppato sintomi di Covid-19.
Alla seconda campionatura la prevalenza è risultata essere del 1,2%, con 29 tamponi positivi, di cui 8 nuovi casi13 persone su 29 erano asintomatiche.

Un dato di particolare rilievo: i bambini non sono infetti

Questo è emersodalla tamponatura dei bambini tra 0 e 10 anni: su 234 nessuno di loro è risultato positivo al virus, nonostante alcuni (13) vivessero a stretto contatto con adulti con infezione attiva. Una spiegazione al momento non c’è e gli autori auspicano che vengano intraprese indagini in merito, anche se ipotizzano che possano essere coinvolti meccanismi immuno-regolatori specifici oppure che le vaccinazioni tipiche di quella fascia d’età giochino un ruolo così come potrebbe farlo l’esposizione a altri coronavirus dell’infanzia. Il tampone, in fondo, offre informazioni sull’infezione attiva e non dell’avvenuto contatto, per accertare il quale sono necessari test sierologici.
Per quanto riguarda la prevalenza dell’infezione nelle varie fasce d’età, i dati di Vo’ confermano quanto già si sapeva, cioè che è nettamente più alta nella fascia di popolazione oltre i 50 anni di età e che la necessità di un ricovero in ospedale va di pari passo.

 Il ruolo degli asintomatici

 I ricercatori sono stati colpiti dall’elevata percentuale di persone che pur essendo risultate positive al tampone non manifestavano nessun sintomo della malattia: il 43,2% dei positivi è asintomatico. Pertanto viene spontaneo chiedersi – come già avanzato da altre ricerche – quale sia il reale ruolo degli asintomatici nella trasmissione del virus.
Per verificarlo i ricercatori hanno intrapreso una capillare attività di contact tracing delle 8 nuove infezioni emerse tra il primo e il secondo campionamento, riuscendo a risalire in tutti i casi (tranne uno) alla fonte del contagio, che si è rivelata essere il contatto con persone infette soprattutto asintomatiche prima del lockdown (in alcuni casi anche dopo) o la convivenza con persone positive al coronavirus.
Da rivalutare dunque il ruolo degli asintomatici nella trasmissione del virus, che non sembra essere così secondario – un’idea che si fa più forte del fatto che la carica virale di una persona sintomatica è sovrapponibile a quella di una asintomatica.

 Trasmissione, lockdown, rilevamento

Lo studio conferma che le azioni intraprese a Vo’ Euganeo per contenere la trasmissione dell’infezione (il rilevamento precoce dei casi attivi e il distanziamento sociale’) abbiano consentito di sopprimere in modo efficace la diffusione del patogeno, abbattendo R0 a valori inferiori a 1 in poche settimane, con il 4,4% della popolazione esposta a Sars-Cov-2.
Dunque, suggeriscono gli autori, un aumento della sorveglianza unita all’individuazione precoce dei soggetti positivi al coronavirus in zone ancora poco colpite dall’epidemia aiuterebbero a controllare la diffusione del patogeno e a ridurre il peso dell’epidemia. Sulla scia del caso di Vo’ Euganeo.