Il declino dell’associazionismo scolastico

di Monica Piolanti

Oggi, in un mondo “sfibrato dalle guerre”, stiamo costantemente passeggiando come “funanboli” su un filo d’acciaio sospeso nel vuoto ad altezze vertiginose. Non è un’immagine retorica, ma la percezione tangibile di una sfiducia profonda che permea il tessuto sociale, minando la legittimità stessa delle nostre Istituzioni. Questa sensazione di smarrimento, acuita da un’emergenza percepita come endemica, si traduce in una “paura diffusa, sparsa, indistinta”, un’inquietudine baumaniana che ci insegue senza un volto definito, e a cui diamo il nome di “incertezza.”

La complessità del reale, sempre più “ingarbugliata”, ci priva della capacità di decifrare gli eventi, lasciandoci preda di un fatalismo che, seppur seducente nella sua accettazione passiva, è una pura costruzione narrativa della realtà. È il dramma delle profezie che si autoavverano, un meccanismo perverso dove la percezione, ancor prima del fatto, plasma le conseguenze. Pensiamo alla minaccia di un coinvolgimento devastante di conflitti globali, di sistemiche crisi economico-finanziarie, di imminenti pandemie, di irreparabili catastrofi climatiche e ambientali: l’annuncio, a prescindere dalla sua veridicità iniziale, genera la realtà temuta. E in questo vortice, le nuove generazioni, private di un’autorevolezza adulta che indichi la rotta, si trovano a navigare senza bussola, in un rapporto che chiamiamo “contrattualistico” ma che, di fatto, è un abbandono al loro stesso “io”, con tutte le ansie che ne derivano.

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Parla Valditara: prove di superamento dell’autonomia scolastica

di Mario Maviglia

L’intervento di Stefano Stefanel e Aluisi Tosolini (La disintermediazione tra istituzioni come schiaffo all’autonomia scolastica), pubblicato in queste pagine il 24 maggio 2025, mi ha sollecitato ad esprimere a mia volta alcune osservazioni. Il ministro Valditara comincia a prendere gusto a maltrattare l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Ci aveva già provato con la non necessaria nota sui compiti a casa (rivolta ai dirigenti scolastici perché se ne facessero latori presso i docenti); adesso alza il tiro inviando direttamente ai genitori (utilizzando il registro elettronico delle scuole) una nota per informarli che sono stati stanziati specifici fondi per “finanziare attività ricreative, di potenziamento delle competenze, di socialità per il periodo di sospensione estiva delle lezioni (c.d. “Piano estate”)”. La nota si conclude invitando i genitori a “rivolgersi all’istituzione scolastica presso cui sono iscritti i propri figli per poter accedere al programma “Piano estate””

Ovviamente il ministro è libero di interloquire con chicchessia nell’ambito delle sue attività istituzionali. Ma proprio perché si tratta di “attività istituzionali” di solito i responsabili politici e amministrativi degli uffici apicali seguono un codice non necessariamente scritto, ma abbastanza rispettato (almeno fino a questo momento), che trova il suo principio cardine nella “cortesia istituzionale”, ossia nell’informare preventivamente o contestualmente il responsabile della struttura cui è indirizzata l’informazione (nel nostro caso il dirigente scolastico) del contenuto della comunicazione stessa. In questo caso il ministro ha scelto di rivolgersi direttamente ai genitori, scavalcando i dirigenti scolastici. Il ministro poteva far pervenire la medesima comunicazione ai genitori attraverso il sito del MIM, magari amplificando la diffusione attraverso i canali social, come peraltro è uso fare. E invece ha deciso di utilizzare il registro elettronico, ossia uno strumento interno alla scuola, pagato dalla scuola, usato istituzionalmente (anche) per curare i rapporti tra scuola (quella specifica scuola) e le famiglie. Continua a leggere

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Un’ora obbligatoria di lettura a settimana: ora c’è il ddl di FdI

Pubblichiamo, senza alcun commento, il testo del ddl 1490 depositato al Senato da alcuni parlamentari di FdI.

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Scuola infanzia Santa Maria delle Vittorie di Susegana in visita alla moschea. Dov’è lo stupore?

di Aluisi Tosolini

Molti, nei giorni scorsi, si sono stupiti. Altri sono ricorsi a parole fortissime – e di pura maniera – come Alberto Villanova, capogruppo della Lega in Regione Veneto che ha commentato: «Immagini che fanno gelare il sangue nelle vene», altri ancora, come l’europarlamentare della Lega Anna Maria Cisint che già si distinse per aver osteggiato in tutti i modi la libertà di culto a Monfalcone, hanno tuonato che «Qui non si parla di educazione ma di fondamentalismo bello e buono con un Imam che non ha perso l’occasione di catechizzare i giovani alunni».

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Compiti a casa: regolamentarli si può (e si deve)

di Maurizio Parodi (*)

(*) M. Parodi è un ex dirigenti scolastico e da anni si batte per l’abolizione dei compiti a casa, tema sul quale ha scritto libri e articoli, fondando anche il Movimento “Basta compiti”. Quella che qui pubblichiamo è l’ultima versione della sua proposta di “regolamentazione”

L’impegno a regolamentare l’assegnazione dei “compiti a casa”, istituzionalmente necessario e professionalmente doveroso, è tanto più urgente considerata la mole soverchiante di “lavoro domestico” imposto, fin dai primi anni di scuola, agli studenti italiani e alle loro famiglie, come è facile, per chiunque, constatare direttamente, e come dimostrano le rilevazioni compiute dagli “osservatori” nazionali (CENSIS) e internazionali (OCSE).
Basterebbe, peraltro, ricordare che si danno compiti a casa persino ai bambini (6-11 anni) che frequentano scuole a tempo pieno: dopo 8 ore di “lavoro” in classe, non è infrequente che si assegnino compiti tutti i giorni, nei week end e durante le vacanze.
Va poi detto che i docenti operano in una situazione di reciproca ignoranza, non si curano di sapere quanto gravoso sia il carico di lavoro complessivo: ciascuno assegna i propri compiti come fossero i soli da svolgere, e gli studenti, fin dalla primaria, si ritrovano a trascorrere giornate intere, fino a tarda sera chini su libri e quaderni, con genitori costretti a svolgere il ruolo, improprio, di insegnanti di complemento e di sorveglianti.
Un intervento in tal senso, ovvero il richiamo alla necessità della regolamentazione, rientrerebbe nelle prerogative del Parlamento e del Governo, non sarebbe in contrasto con la “libertà di insegnamento” del singolo docente, con l’autonomia delle scuole e neppure con le attribuzioni del dirigente scolastico, e risulterebbe ampiamente legittimato dalla necessità di garantire allo studente il “diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età…” sancito dall’art. 31 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dallo Stato italiano il 27 maggio 1991, con legge n. 176.
Nondimeno, i dirigenti scolastici, i presidenti dei consigli d’istituto, i collegi dei docenti, i rappresentanti di studenti e genitori, le associazioni professionali di insegnanti e dirigenti, le associazioni di genitori e studenti, potrebbero e dovrebbero farsi parte attiva, formulando proposte di integrazione del PTOF, del Regolamento di istituto o del Patto di corresponsabilità, a guisa del presente decalogo, pensato per il primo ciclo di istruzione e proposto a mero titolo esemplificativo.
Regola-compiti
Premesso che nessuna norma impone l’assegnazione dei compiti a casa, si stabilisce quanto segue:
1. I compiti devono essere corretti tutti e a tutti dai docenti che li abbiano assegnati – non avrebbe altrimenti senso farli.
2. I docenti si impegnano a preparare gli studenti di modo che siano in grado di svolgerli per proprio conto – sarebbe assurdo e umiliante chiedere loro di fare ciò che non siano in grado di poter fare.
3. Ai compiti  non deve essere assegnato voto alcuno – il docente non può sapere come e da chi siano svolti.
4. I compiti non eseguiti a casa non possono essere “recuperati” sacrificando la ricreazione  – gli studenti ne hanno bisogno e diritto.
5. I compiti non svolti a casa durante i periodi di assenza (es. per malattia) non devono essere recuperati – mancando il necessario insegnamento.
6. La giustificazione del genitore per il mancato svolgimento dei compiti a casa deve essere recepita evitando reprimende o punizioni – umilianti per lo studente e offensive per i genitori.
7. Nelle classi a 40 ore (tempo pieno), non si assegnano compiti: le attività didattiche devono esaurirsi nelle 8 ore di lezione in aula – pretendere un ulteriore impegno sarebbe controproducente e penoso.
8. I docenti concordano l’assegnazione dei compiti valutandone complessivamente il “carico cognitivo” – per evitare un impegno soverchiante.
9. Non devono essere assegnati “compiti di punizione” – pratica didatticamente aberrante e inammissibile che svilisce lo studio e ne tradisce il senso.
10. Non devono essere assegnati compiti nel fine settimana e durante i periodi di “vacanza” – agli studenti (e alle famiglie) deve essere permesso di ricrearsi e garantito il “diritto al riposo e al gioco”.

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Bombe sulla città: un esempio di storia orale per ricordare il 7 aprile 1944

Esattamente 81 anni fa, il 7 aprile 1944, la città di Treviso veniva duramente bombardata dall’esercito alleato.
Nel video che proponiamo, realizzato 4 anni fa,  la nostra collaboratrice Cinzia Mion racconta quelle ore terribili e drammatiche.
Un esempio significativo dell’uso delle fonti orali per “fare storia”, pratica che però le Nuove Indicazioni della Commissione Perla ritengono didatticamente sbagliata.
Ma noi, incuranti dei suggerimenti ministeriali, continuiamo a pensare che certe “pratiche” didattiche non debbano essere dismesse.

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L’occasione demografica

di Stefano Stefanel

Il Rettore dell’Università Bocconi di Milano Francesco Billari e l’Ordinaria dell’Università del Molise Cecilia Tomassini hanno pubblicato sul Corriere della sera del 6 marzo 2025 un interessante articolo dal titolo “Scuola, l’occasione demografica”. Nella prima parte dell’articolo vengono evidenziati alcuni problemi strutturali della scuola e dell’università italiana:

  • il 38% degli uomini e il 33% tra le donne non ha ottenuto il diploma di scuola superiore”;
  • “nelle generazioni più giovani questa quota è ormai poco sopra 10%, ma rimaniamo tra i peggiori in Europa”;
  • “l’aumento della proporzione di diplomati al passare del tempo non ha risolto i problemi: quasi un maturando su due non raggiunge livelli soddisfacenti nella capacità di interpretare un testo scritto o non ha basi sufficienti in matematica”;
  • “rimane poi stagnante la proporzione di immatricolati che si iscrive all’università, attorno al 60%, preparando la strada per una quota di laureati che rimane tra le più basse nei paesi sviluppati”.

Poi i due docenti universitari osservano che “meno studenti significa che, a parità di costo complessivo, l’investimento pro-capite può aumentare. Alla minore quantità si potrebbe accompagnare così una maggiore qualità”. Dopo l’analisi viene scritta anche una petitio principii: “Bisogna essere scientifici e non ideologici, partendo dai dati e dalla ricerca sui sistemi scolastici.” I dati che vengono citati sono, ovviamente, corretti, ma la chiusa dell’articolo sembra uno di quei finali molto attesi dove lo spettatore viene però deluso dalla genericità della soluzione: “dobbiamo ripensare la scuola guardando ai modelli degli altri paesi, e trovando una nostra strada. Probabilmente, con una riforma radicale, a cent’anni da quella di Giovanni Gentile, che trasformi i bassi numeri della demografia in una qualità di uscita elevata dalle scuole secondarie e in disuguaglianze ridotte. Con più tempo, più investimenti sugli insegnanti che si mettono in gioco, e una maggiore centralità degli studenti. Guardando ai dati e non alle ideologie per valutare gli esiti.”

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La pedagogia del bau bau e del miao miao

di Mario Maviglia

Da un punto di vista politico questo è un periodo d’oro per gli animali. Dopo la performance “canina”, a base di bau bau, dell’on. Augusta Montaruli, deputata di FdI, che nel corso di un dibattito televisivo ha esibito forme di identificazione empatica non comuni con il mondo dei canidi, si è aggiunta una nota molto ispirata della Sottosegretaria MIM, Paola Frassinetti, anche lei di FdI, dedicata questa volta al gatto, in occasione della festa nazionale di questo felino, celebrata il 17 febbraio.
È importante ricordare – dice la Sottosegretaria – che bisogna potenziare diritti e tutele di questi speciali felini. Mi riferisco per esempio ai gatti delle colonie che vivono liberi ed hanno diritto di stare nel loro habitat e di essere gestiti dai servizi dei comuni per avere garantite le cure veterinarie. Come è importante garantire l’apposizione del microchip per risolvere il problema del randagismo. Anche nelle scuole, con le nuove linee guida sull’educazione civica, abbiamo inserito l’insegnamento del rispetto verso tutti gli animali”.

Da un veloce controllo del testo delle Linee guida, occorre in effetti dare ragione alla Sottosegretaria; in quel documento si sottolinea più volte l’importanza di educare al rispetto verso gli animali: “Assumere comportamenti rispettosi e di cura verso gli animali … Curare gli ambienti, rispettare i beni pubblici e privati così come le forme di vita (piante, animali) che sono state affidate alla responsabilità delle classi … Tutela dei diritti umani, della salute, della proprietà privata, della difesa dei beni culturali e artistici, degli animali e dell’ambiente”. Continua a leggere

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Gianni Milano, quando a Torino nasceva la pedagogia cooperativa

di Gianni Giardiello

Ho conosciuto Gianni Milano, tanti, tantissimi anni fa. nei primi anni ’60, entrambi insegnanti elementari alle prime armi, entrambi frutti un po’ acerbi degli insegnamenti di Francesco De Bartolomeis. Lui più precoce di me di un paio d’anni aveva già ricercato e contattato alcuni esponenti del movimento italiano che faceva riferimento alla pedagogia popolare di Celestin Freinet, il Movimento di Cooperazione Educativa.
Aveva già capito che le idee di quel movimento pedagogico erano assai simili alle sue, al suo modo libertario di intendere il rapporto fra maestro e alunni, a cominciare dalla capacità/ necessità che il maestro si metta al servizio degli apprendimenti di tutti gli alunni a partire da quelli più deboli, alla importanza di costruire un ambiente educativo favorevole alla cooperazione, alla analisi critica degli avvenimenti e al confronto delle idee, proponendo tecniche e strumenti di lavoro in classe capaci di favorire tutto ciò. Ci ritrovammo insieme nel nascente gruppo MCE di Torino con Fiorenzo Alfieri, Daria Ridolfi, Silvana Mosca, e altri.
In quel gruppo Gianni portò subito i suoi interessi per le problematiche dei gruppi umani più indifesi per le questioni del sottosviluppo, dello sfruttamento, delle guerre. Scoprimmo subito di avere un comune interesse per la didattica della storia nella scuola elementare e media, e ci mettemmo insieme a lavorare sui problemi di quegli insegnamenti. Continua a leggere

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Gianni Milano, il “maestro capellone” non è più con noi

Gianni Milano (foto dalla sua pagina FB)

di Maria Carla Micono

La notizia della scomparsa di Gianni Milano, il maestro Gianni, mi ha trascinata sulla strada dei ricordi.
Erano gli anni ’70, insegnavo nelle classi differenziali a Ciriè, e Gianni si era trasferito in città; egli aveva ottenuto la titolarità nel plesso Bruno Ciari, appartenente alla mia stessa Direzione Didattica. Erano gli anni dell’espansione del Tempo pieno, e questo nuovo maestro, capellone, che portava i bambini a conoscere la natura e gli animali, stava “rompendo gli schemi” rispetto alla classica figura dell’insegnante, in una conservatrice cittadina di provincia. Non sempre concordavamo nelle ide e nelle programmazioni, ma piano piano mi accorsi che mi capiva quando avevo difficoltà con i bambini disabili, ed io capivo lui quando parlava di Freinet e della scuola attiva.
Ci fu sempre stima reciproca, tanto che, quando presi servizio come Direttrice Didattica a Ciriè, e Gianni ottenne il trasferimento all’Istituto Magistrale di Lanzo, portava nella scuola che io dirigevo i suoi studenti a “fare il tirocinio”.
E cosi mi incontravo spesso con lui, e parlavamo di scuola, delle nuove metodologie, e, già allora, di un rinnovamento del tempo pieno….perche, diceva, bisogna aiutare gli insegnanti altrimenti realizziamo un “doppio tempo normale!” Grande Gianni!
L’ho ritrovato circa un anno fa: era in sedia a rotelle, ma gli occhi vispi del “maestro capellone” erano ancora gli stessi. Ci siamo abbracciati ricordando le esperienze passate.
Grazie Gianni. Buon viaggio!

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