La forma della scuola. La didattica a distanza tende a modificarla

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ripresa_scuoladi Raimondo Giunta

    • I giorni difficili della pandemia hanno aperto non pochi interrogativi sul destino della scuola, sull’identità e sul significato che debba avere.  Ne è stata causa la necessità di ricorrere alla didattica a distanza per mantenere nei limiti del possibile il rapporto educativo con gli alunni; una necessità che per alcuni si è subito trasformata in una opportunità per pensare di ristrutturare le procedure abituali dell’insegnamento,di riconfigurare con uno sguardo proiettato nel futuro gli ambienti di apprendimento e l’articolazione del rapporto tra alunni e luoghi di formazione.
      Di cambiamenti nel modo di essere scuola se ne sono visti tanti negli ultimi decenni e in qualche modo la scuola è riuscita a reinventarsi rimanendo se stessa, conservando la propria forma.
      Sarà ancora una volta così?
    • La scuola è un’istituzione ancora facilmente identificabile per i luoghi in cui le sue attività si svolgono, per le finalità che deve  o che dovrebbe realizzare, per l’organizzazione complessiva che la distingue da ogni altra istituzione pubblica.
      Fino ad oggi l’insegnamento è ancora distribuito per anni, secondo un criterio di difficoltà e di complessità crescenti, per classi omogenee di  età, che si succedono le une alle altre.

  • La scuola tradizionale  di cui abbiamo ereditato la forma nasce con i Gesuiti (Ratio Studiorum)  e con Comenio (Didactica Magna).
    Quasi inevitabile che nel secolo del Metodo se ne elaborasse qualcuno per la scuola per aiutarla a realizzare i suoi compiti con razionalità.
    “Nascono le classi  e compare il libro di testo;il manuale scolastico incarna la scuola della tradizione.E’ una scuola organizzata al riparo dell’imprevisto e della casualità.L’insegnante deve sapere fino a  quale punto vuole condurre gli allievi in un anno,in un mese,in un giorno,in un’ora e deve ripartire i compiti esattamente in funzione di queste divisioni del tempo” (G.Snyders).
    Fondata sul nesso separatezza  e mondo classico,che incomincerà a sciogliersi in parte coll’avvento della borghesia e con la Rivoluzione Francese, la scuola della tradizione era riservata alla formazione della classe dirigente.Il collegio gesuitico fisicamente assicurava il regolare svolgimento di queste funzioni.
  • Era questo il modo con cui  si credeva di formare l’uomo adatto a dirigere  quella società: si imparava a ubbidire, per sapere domani comandare; separatezza, ma non estraneità alla società.
    Nel tempo la forma della scuola si è dilatata per comprendere nuovi contenuti e nuova popolazione, ma  a pensarci bene non è sostanzialmente cambiata.
    Si sono moltiplicati gli spazi e le aule;si è creato qualche laboratorio, si è diversificata l’enciclopedia dei suoi saperi,ma la sua forma (progressione dei contenuti/classi progressive per età,orari,procedure organizzative,attività) fino ad oggi è rimasta fedele a se stessa.
    I cambiamenti  per moltissimo tempo hanno riguardato i contenuti più che i metodi di lavoro e  questo è potuto avvenire perchè è esistito sempre a suo modo un rapporto tra scuola e società.
  •  A scuola si afferma un procedimento di formazione delle conoscenze  necessariamente capovolto rispetto a  quello naturale delle esperienze di vita.
    Renderlo attraente è stata la preoccupazione dei migliori  educatori,che hanno dovuto imparare a graduare  prove  e difficoltà. Con l’avvento degli stati nazionali per necessità e per scelta l’istruzione diventa un’arma di combattimento, tra le altre disponibili, nella competizione tra le nazioni europee.
  • La scuola viene fatta funzionare come una macchina da guerra contro i dialetti per imporre la lingua nazionale,contro le culture locali a vantaggio di valori comuni, contro i privilegi familiari per permettere in teoria un accesso paritario alle funzioni pubbliche, contro le corporazioni per rinforzare il potere della nazione e della sua amministrazione(Ph.Meirieu )
    Con l’obbligo scolastico, che fa la sua strada molto lentamente fino a metà del secolo passato, si tende a sottrarre il bambino alla famiglia e al prete.
    La scuola fa propri i valori della nazione e nel migliore dei  casi quelli del cittadino-.
  • Oggi si tenta di fare il percorso inverso e si va verso modelli pedagogici transnazionali e l’approccio per competenze e le indagini PISA ne sono i corifei e le truppe d’assalto.
    Ma una scuola che non faccia riferimento alla propria cultura nazionale rischia di diventare solo una scuola senza anima.
    La scuola è fonte di coesione solo se è strumento di  diffusione di valori comuni e di cultura comune.(lingua -storia-cultura -tradizioni).
    Non esiste vera cittadinanza senza partecipazione alla memoria collettiva, che costituisce l’identità della società alla quale si appartiene. Si è avuto con le trasformazioni della società una costante, inarrestabile scolarizzazione dei saperi, di ogni genere di sapere.
    La scuola a poco a poco e fino ad oggi è stata per vocazione o per costrizione l’unico luogo in cui si tramandano cultura ,tradizioni,valori,conoscenze e competenze.
  • I saperi tecnici e professionali sono stati gli ultimi ad entrare nell’enciclopedia dei saperi scolastici e per quanto impegno si sia profuso in questo senso sono rimasti i figli poco desiderati del sistema scolastico.In Italia anche nel tempo delle tecnologie e della società della conoscenza l’istruzione tecnica rimane legata a limitate intenzioni di mobilità sociale.
    L’istruzione professionale e tecnica entrando nella forma scuola incomincia a liberarsi dai legami e dalle funzioni caritatevoli che hanno segnato le sue origini.
    Manterrà per molto tempo e forse  per merito di  molti operatori scolastici  mantiene ancora l’ispirazione di essere scuola del progresso sociale, del riscatto sociale, dell’elevamento morale e sociale di parte considerevole della nostra gioventù.
  • L’istruzione tecnica e professionale non è nata per essere scuola di conformità istituzionale, non è stata garante e guardiana dell’ordine costituito e della riproduzione delle elite. Entrando nella forma scuola l’istruzione tecnica e professionale libera l’allievo dal rapporto carismatico col maestro e si universalizza; rompe il sancta sanctorum del segreto professionale, del segreto del mestiere.
    E’ una novizia che pretende un proprio spazio e che esige necessariamente metodologie attive e realistiche in controtendenza con le tradizioni della scuola.
    La scuola per lunghissimo tempo è stata un auditorium; oggi si richiede che diventi un laboratorio:si vuole e si deve passare dall’ascolto e dalla ripetizione all’attività e alla ricerca.
    L’insegnante da fonte della conoscenza  deve trasformarsi in guida dei processi di apprendimento.
  • La scuola dispensa linguaggi (istruzione), metodi (formazione) e coltiva interessi (educazione).
    Non è stato facile essere sempre fedele a questa consegna e lo diventa ancor di più oggi nella società della conoscenza, che ha visto la modificazione strutturale dei luoghi di apprendimento: saltano i principi tradizionali dell’unicità del tempo, del luogo e dello spazio.
    V.Cesareo parlava, già tanti anni fa,  di policentrismo  formativo, fatto che non mette in discussione solo primati istituzionali, ma il modo di guardare ai processi di diffusione e creazione delle conoscenze con cui si deve sempre confrontare la scuola.
  • La sfida più seria  alla forma scuola proviene dalla necessità di articolarsi con propri compiti nei dispositivi della strategia dell’apprendimento lungo tutto la vita; sfida  che propone l’ impegno di verificare la propria congruenza ed efficacia con la pressante richiesta di valorizzazione degli apprendimenti informali e non formali, che rischia di portare il sistema scuola dal centro del sistema complessivo di formazione alla sua periferia.
    Connessa a questa sfida è la richiesta crescente di modularizzazione del curriculum,ritenuta necessaria per sostenere l’impianto del longlife learning, per garantire la capitalizzazione e la portabilità delle competenze,comunque acquisite,e l’alternanza lavoro/formazione,che pare debba distinguere le attuali condizioni del rapporto di lavoro.
  • La modularizzazione dei curricoli porta al superamento del percorso formativo per classi e anni di corso,inscindibile nelle sue parti e valevole solo nella sua interezza.
    Il superamento del gruppo classe e dell’anno di corso rompe con l’organizzazione tradizionale della scuola,comunemente accettata sia dagli insegnanti,sia dagli alunni,sia dalle famiglie sia per la sua semplicità sia per la sua razionalità.
    Nell’immaginario collettivo classe e anno di corso restano i pilastri della scuola. Il superamento è davvero una sfida eccezionale e potrebbe trasformare l’istruzione pubblica in un servizio a domanda individuale; potrebbe contribuire a smantellare il senso di comunità che i giovani apprendono vivendo insieme nella stessa classe e di cui hanno un grande bisogno.
    Un problema che non si puo’ sottovalutare e che in veste mutata si riproporrebbe con la didattica a distanza, se dovesse diventare una modalità ricorrente o peggio ancora permanente del lavoro scolastico.