A proposito di sciatteria. La ministra risponde a Chiara Saraceno

   Invia l'articolo in formato PDF   
image_pdfimage_print

a cura di Aristarco Ammazzacaffé

 

Quelle che qui proponiamo sono note scritte dalla Ministra Lucia Azzolina di suo pugno, pensate in risposta alla Sociologa e ritrovate casualmente dal nostro infaticabile collaboratore/giornalista d’inchiesta Aristarco Ammazzacaffè

 

 

“Non penso possa essere passato sotto silenzio il recente articolo della Prof. Chiara Saraceno a commento della mia proposta di Linee guida per la riapertura delle scuole a settembre; articolo nel quale, andando al sodo, mi si definisce una ministra sciatta.

Prima ancora che protestare, mi preme dire subito e senza ambiguità: non è assolutamente vero. E comunque non sono d’accordo. Per niente. Ammetto che su singoli punti indicati dalla Sociologa – tra l’altro rivisti e migliorati con il mio consenso nella Conferenza Stato Regioni di un paio di giorni dopo la pubblicazione dell’articolo – si poteva convenire e fare di più.

Per esempio, sull’autonomia.

Sull’argomento io sono particolarmente ferrata – come è noto tra quanti mi conoscono – perché ho studiato per diventare preside. Pensavo di averla capita – l’autonomia, dico -. E infatti le indicazioni che davo nella mia proposta di Linee Guida di martedì scorso traducevano l’idea che mi ero fatta insegnando e studiando. Ma mi sono sentita dire, per tali convinzioni, che io, proprio io, non volevo assumermi le mie responsabilità, dicendo ai Ds, tra l’altro con rispetto e senza ambiguità: ‘Cari Presidi, il momento è delicato e difficile. Chi meglio di voi conosce le situazioni problematiche dei vostri istituti e può individuare condizioni e modalità per affrontarle e superarle?  Io vi do dei suggerimenti; per il resto, operate in totale autonomia. Io ci sono comunque, nel caso.

Ho sbagliato a scrivere le cose che ho scritto? La Saraceno sosteneva invece nel suo articolo che l’autonomia è senza gambe se mancano – soprattutto in questa situazione di non superata emergenza – le condizioni opportune e necessarie per ripartire bene. E citava: spazi, strumenti, risorse in termini di personale aggiuntivo, eccetera.

Riconosco ora – soprattutto dopo la Conferenza Stato-Regioni di giovedì scorso – che i suoi ragionamenti non erano privi di fondamento. Tant’è che non mi sono opposta a nessuna delle proposte migliorative al testo emerse nell’incontro.

Io però dico, non per giustificarmi, ma per chiarire le ragioni della mia proposta di Linee Guida: ‘Certe cose – quelle, ad esempio, che la Professoressa segnalava – bisognerebbe saperle prima, o no? A me nessuno le ha dette. Dovevo saperle di mio? E perché?’

Eppure per questo me ne hanno cantate in tutte le rime.

Anche sul ritorno alla didattica in presenza, qualcosa di più preciso potevo in effetti dirla nella mia proposta. Comunque sul punto devo prima ribadire, anche adesso, che la Dad è stata per me, che ci ho creduto, un grande successo in sé. Mi chiederete come è stato possibile, da parte mia, arrivare ad una convinzione così netta? Niente. In questi casi – credetemi – basta convincersi; come ho fatto io. Tra l’altro, in perfetta autonomia e senza spinte. Per me è stato un grande passo in avanti.

Poi, per carità, riaffermiamo pure la centralità del fare scuola in presenza, come è stato fatto col testo approvato nella Conferenza citata.  Io, tra l’altro, l’insegnamento in presenza l’ho sempre fatto, anche perché con le tecnologie digitali non ho mai avuto grande confidenza.

Ci tengo però a ribadire che, per settembre, le alternative possibili per partire – in sicurezza e bene – le ho indicate tutte e con chiarezza nelle mie Linee Guida; nessuna esclusa. E le ho indicate addirittura in una logica binaria: turni: si – no; anche al sabato: si – no; divisione delle classi in più gruppi: si – no; didattica mista (un po’ in presenza e un po’ a distanza): si – no; organico aggiuntivo: si – no, eccetera.

Per questa modalità di rappresentare le alternative devo dire che ho registrato un buon successo presso il mio staff; ma le stesse hanno scatenato un uragano di critiche in tutte le articolazioni del mondo scuola. Per dire: le differenze dei modi di pensare! Comunque di critiche ne ho avute veramente tante. Un vero primato. Tanto che non so che pensare.

Comunque è bene quel che finisce bene. Infatti, sul punto, grazie al contributo e alla collaborazione di tutti, c’è stato un bell’accordo finale in sede di Conferenza. Credo.

Sui patti educativi di comunità – un terzo punto delle contestazioni della Saraceno -, premetto subito che l’idea mi è suonata bene da quando l’ho sentita per la prima volta. Solo che per me si colloca, ancora adesso, in un pianeta avvolto da nube fitta. Però se si può fare, si fa. Non c’è problema. L’ho detto nella Conferenza, sia a Conte che al Presidente Bonaccini. Mi sembra una bella cosa. Facciamola. Io sono resiliente.

Infine, sui nidi e i servizi educativi per la primissima infanzia – quarto punto considerato nell’articolo di Repubblica -: devo confessare, in tutta onestà, che non sapevo proprio che fosse un’area di responsabilità del mio ministero. È – mi hanno spiegato – una novità prevista dalla Legge sulla Buona Scuola (ti pareva che non ci fosse lo zampino di Renzi!) e regolata da un Decreto di 3 anni fa. Addirittura! Pensate le cose che succedono senza che uno se ne accorga! Se sapevo di questa ulteriore responsabilità, ci avrei pensato però almeno tanticchia, prima di accettare il Ministero dell’Istruzione. (Se posso però confessarlo, almeno ora, a me sarebbe piaciuto di più, come Ministero, Turismo e Spettacolo. È il mio mondo. Me lo dice spesso anche mio marito)

Comunque, tutto questo accanimento su di me in queste ultime settimane, non lo capisco e non lo merito. La Saraceno non è stata neanche l’ultima. Hanno addossato su di me tutte le colpe per ciò che non ha funzionato in questi mesi di pandemia. E mica solo quelle.

Io lo riconosco: la gestione dell’emergenza non è stata sempre all’altezza.

Ma, ammesso questo, dico: sono tutte mie le possibili colpe? c’entro veramente solo io?

Il Movimento mi ha chiesto – a gennaio, mi sembra, quando ancora l’epidemia non era scoppiata – di fare la ministra nel nuovo governo rosso-verde. Io cosa potevo fare? Rifiutavo? Chi li avrebbe sentiti i miei genitori! Mia madre soprattutto. Che appena glielo ho detto, si è fatta il giro di tutte le chiese di Siracusa per accendere un cero di ringraziamento a Santa Lucia, nostra patrona e protettrice.

Come facevo a dirle che non accettavo la proposta del Movimento? Anche con la Santa ci avrei fatto una magra figura.
Poi c’era mio marito.  Ma su questo, lascerei perdere. Son cose private.
Io ho così accettato – scusate se mi dilungo un po’ sul punto, ma è importante – per puro senso di responsabilità e per l’amore verso tutti gli studenti d’Italia che da allora, come forse ho già detto o forse no, sono sempre in cima ai miei pensieri.
E ho accettato anche perché, tra i miei colleghi pentastellati, è convinzione prevalente (abbastanza diffusa anche fuori) che le competenze servono a poco. E che meno ci sono, meglio è. Perciò, sul punto, mi sentivo ‘coperta’.

Capite ora perchè non ho avuto dubbi ad accettare? D’altra parte, il mio curriculum lo avevano letto tutti. Tra l’altro, c’era poco da leggere.
Comunque, tornando a bomba, l’accusa di sciatteria – ci ho più volte ripensato – la ritengo ingiusta. Non me la merito. Altre accuse sì, forse; ma questa no. Mi brucia. Ed è d’accordo con me anche il presidente Conte, che mi ha inviato, per confortarmi e gratificarmi, una sua massima inedita che mi fa invece piacere condividere: “Ridiamo energia all’Italia. No alle classi pollaio!”.
Vorrei esprimere infine la mia soddisfazione perché, nel più volte citato incontro Governo – Regioni, grazie all’insistenza del Presidente Bonaccini, è stato previsto un ulteriore miliardo per la scuola. Queste sì che sono buone notizie.
‘L’Italia si muove alla grande’, ha detto il premier Conte, pensandosi.