Non sparate a zero sul Docente Esperto

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di Giovanni Fioravanti

Si conosce poco circa il docente esperto spuntato durante la calura estiva tra le norme del decreto Aiuti bis. Si sa che saranno in tutto ottomila per quattro anni, per un totale di trentaduemila, che per diventare esperti occorre studiare per dieci anni e che al termine del percorso si riceverà un aumento stipendiale pensionabile. Pare che non sarà una nuova figura di sistema perché continuerà a esercitare la sua funzione docente.

La reazione del mondo della scuola a leggere petizioni, stampa e social è senza alcun dubbio di generale rigetto rispetto al trapianto che sembrerebbe nelle intenzioni del ministero, per cui non si comprende come sia possibile produrre un rinnovamento, se tale era nelle intenzioni governative, senza il coinvolgimento dei diretti interessati, vale a dire gli insegnanti.

Compulsando internet ho scoperto che l’idea del docente esperto non è nuova, qualcuno ci ha già pensato da tempo e siccome ormai nulla è novità, se non assume un brand anglosassone, si tratta dei corsi di formazione e-learning con esame in presenza per  acquisire la qualifica di Expert Teacher organizzati dall’Erickson in collaborazione con la IUL, Università Telematica  degli Studi, e con l’ANPA, associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola.

In cuor mio confidavo che ci fosse un nesso tra l’iniziativa del Ministro e l’offerta dell’Erickson, un nesso che avrebbe aiutato a fornire un senso all’evanescente figura scaturita dal decreto Aiuti bis. Non pensavo a nulla che non fosse più che legittimo e trasparente, ma evidentemente, indubbiamente per causa mia, ho suscitato con un mio articolo la sensibilità degli ideatori e dei promotori dell’Expert Teacher, della qualcosa mi dolgo pubblicamente.

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Tuttavia di fronte all’alzo zero con il quale pare sarà impallinata la proposta del docente esperto mi rimangono aperti tutti i miei interrogativi.

Siamo tutti convinti che il nostro sistema scolastico necessita di una rifondazione radicale?
Che il differenziale fra noi e gli altri Paesi è cresciuto anche perché non abbiamo saputo pensare al nostro sistema scolastico in termini moderni, un sistema scolastico che accusa una crisi profonda nei suoi moduli organizzativi, nelle sue strutture organizzative, nella formazione dei suoi docenti.
Che la scuola è una grande questione nazionale che deve essere affrontata con grandissima lungimiranza e fortissimo impegno, perché un paese e una comunità vivono del futuro che sanno preparare ai loro giovani, ragazze e ragazzi.

L’ultimo rapporto dell’Unesco sollecita un nuovo contratto sociale per l’istruzione al cui centro siano gli insegnanti e la loro professione rivalutata e reimmaginata come uno sforzo collaborativo che stimola nuove conoscenze per realizzare una trasformazione educativa e sociale. Gli insegnanti hanno un ruolo unico da svolgere nella costruzione di un nuovo contratto sociale per l’istruzione. Per svolgere questo lavoro complesso, gli insegnanti hanno senza dubbio bisogno di comunità di insegnamento collaborative ricche, caratterizzate da ampi spazi di autonomia e da un generale sostegno. Sostenere l’autonomia, lo sviluppo e la collaborazione degli insegnanti è un’importante espressione di solidarietà pubblica per il futuro dell’istruzione.

Quando gli insegnanti sono riconosciuti come professionisti riflessivi e produttori di conoscenza, contribuiscono alla crescita dei corpi di conoscenza necessari per trasformare gli ambienti di apprendimento, le politiche, la ricerca e la pratica, all’interno e al di fuori della loro stessa professione.

Ma come incamminarsi verso tutto questo, che richiede tempo, pazienza, lungimiranza, investimenti nelle risorse umane?
Non sono certo sufficienti le petizioni di principio, le dichiarazioni di intenti, né le elucubrazioni sulla scuola che ognuno  vorrebbe.
Occorre scegliere, occorre scommettere, come sempre nella scuola.
Occorre decidere contro le resistenze al cambiamento dall’interno, e pure dall’esterno,  contro chi invoca il passato e accusa di tutti i mali il progressismo educativo.
Bisogna decidere sapendo che la chiave del cambiamento sono gli insegnanti, coloro che ogni giorno lavorano nel rumore d’aula, che su di loro bisogna puntare e investire. Sapendo che non possiamo convincerli tutti e coinvolgerli tutti contemporaneamente, i mezzi al momento non ci sono e vanno rispettate le opinioni di ciascuno. Ma l’interesse della Scuola e del Paese, in particolare delle giovani generazioni, deve prevalere su ogni corporativismo e immobilismo.

Se la strategia è quella di intervenire sul versante della formazione e del reclutamento da un lato e dall’altro sulla riqualificazione di quote di personale in servizio, non mi sembra una strategia sbagliata e ritengo che valga la pena impegnarsi in questa direzione.

Si avvierà  così un processo di innovazione dall’interno della scuola attraverso il ricambio di personale per via dell’avvicendamento tra i docenti che vanno in pensione e i neo assunti che avranno ricevuto una nuova formazione e quelli in servizio che nel frattempo avranno compiuto il percorso per essere riconosciuti come docenti esperti.

Da tutto questo si evincono due piani di intervento per riqualificare il nostro sistema formativo facendo leva sull’unica leva credibile: il coinvolgimento degli insegnanti, perché solo da loro dipende il destino del nostro sistema formativo.
Intervenendo sui due fronti è credibile pensare che nel giro di dieci anni si possa realizzare già un profondo rinnovamento e una autentica riqualificazione della nostra scuola con un’efficacia e una capacità di centrare l’obiettivo che nessuna riforma del sistema potrebbe assicurare, starà poi alla politica accompagnare tempestivamente con lo strumento delle leggi le innovazioni che si produrranno nella nostra scuola per effetto del processo di riqualificazione del personale docente.

È indispensabile che questo processo veda il coinvolgimento e il protagonismo di altri soggetti irrinunciabili per la formazione dei docenti e il rinnovamento del nostro sistema formativo, dalle Università all’Indire, alle Avanguardie educative, all’associazionismo professionale degli insegnanti, ai centri studi e alle case editrici qualificate sul piano della didattica e della formazione professionale dei docenti. Un lavoro corale capace di far suonare le corde migliori del nostro sistema scolastico e dei nostri insegnanti.