Il piano scuola estate, una buona idea, ma con pesanti criticità

   Invia l'articolo in formato PDF   
image_pdfimage_print

Stefaneldi Gianfranco Scialpi

Il piano scuola estate è una iniziativa da lodare. Purtroppo esistono delle variabili di cui è difficile ipotizzare l’esito. Potevano essere spesi diversamente? Certamente, ma non per limitare i danni delle classi pollaio

Piano scuola estate, una iniziativa da apprezzare

Piano scuola estate è una iniziativa che si muove nel solco della pedagogia e della didattica. Del resto, il titolo conferma questa scelta di campo. Ovviamente la premessa giustifica gli obiettivi alti di “una scuola accogliente, inclusiva e basata su logiche di apprendimento personalizzato; una nuova alleanza educativa con i territori, che consolidi il senso di appartenenza alla “comunità” e preveda il coinvolgimento attivo delle rappresentanze di studenti e genitori”. Tutto questo si declina in obiettivi più specifici di rinforzo e potenziamento delle competenze disciplinari e relazionali di studentesse e studenti per recuperare la socialità almeno in parte perduta ed accompagnarli al nuovo anno scolastico”.

Le tante criticità rischiano di affossare il Piano

Fin qui nulla da obiettare. Il problema del Piano sono le condizioni che sicuramente non favoriscono la sua realizzazione. Innanzitutto, siamo in estate. Una stagione che ha accentuato i caratteri di tropicalizzazione con elevati tassi di umidità. Qualche anno fa, già era così. Non dimentichiamo che siamo circondati dal mare per ¾. Il caldo umido assedia molte città, rendendo gli edifici scolastici e dintorni ambienti scarsamente facilitanti apprendimenti significativi. In assenza di condizionatori o comunque di dispositivi atti a mitigare l’umidità si rischia di proporre attività distanti rispetto agli obiettivi formalizzati. Il rischio è quindi di ridurre tutto a una socializzazione costituita da attività variamente ludiche. Il personale scolastico, inoltre arriva a giugno stremato da un anno, dove ha dovuto gestire anche dal punto di vista organizzativo la nuova normalità imposta dal Covid. Lo stress ha riguardato anche i docenti delle superiori, costretti a rivedere i piani di organizzazione in base alle disposizioni, dettate dal binomio apertura/chiusura e dalle percentuali di ragazzi in presenza. E questo li ha condotti a gestire modalità didattiche nuove come la Ddi. Tutto questo non faciliterà la loro adesione che secondo un sondaggio di tecnicadellascuola.it è appena del 12% ca. Sempre secondo il suddetto sondaggio, anche gli stessi studenti non sembrano interessati all’iniziativa (87% hanno espresso parere sfavorevole). Comprensibile se si considera che i preadolescenti e soprattutto gli adolescenti preferiranno fare altro. Solo tra i genitori la percentuale è più alta (23%). Non è difficile comprenderne il motivo: avere un servizio gratuito, a fronte di un pagamento certo richiesto dai centri estivi…

Risorse per le classi pollaio?

Il rilievo di uno spreco di risorse è fondato, lo è meno se la valutazione è indotta dal mancato utilizzo per ridurre le classi pollaio. Il problema del sovraffollamento delle classi non si risolve e neanche si avvia, destinando i 510 milioni di €,
pari al 10% circa del costo complessivo stimato dalla proposta di legge Azzolina finalizzata all’abolizione delle classi pollaio. Queste necessitano di una riorganizzazione complessiva degli spazi e l’assunzione di personale scolastico. Problemi che non possono essere risolti in pochi mesi e con risorse esigue.