Caro Ministro, l’orientamento educativo è altra cosa

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di Simonetta Fasoli

Quasi sul finire dell’anno, il ministero dell’Istruzione e del Merito ha emanato un provvedimento che adotta Linee guida concernenti l’orientamento, il D.M. 328 del 22/12/2022.
Si tratta di un testo che si presenta con l’ambizione di assumere un’ottica di sistema, e non solo perché investe i diversi segmenti del sistema di istruzione secondaria di primo e secondo grado, ma anche perché mira ad inserirli in un’unica cornice istituzionale, pur nelle distinzioni dei rispettivi ordinamenti. Il filo conduttore è nell’idea di orientamento che attraversa l’intero percorso delineato, quasi a farne una chiave di volta.
Se questa è, come sembra, l’operazione, è il caso di fare qualche riflessione di approfondimento.
Il testo, in più di un passaggio, parla di “orientamento educativo”: ebbene, partiamo da questa espressione, per sottrarla al rischio di usarla come una formula che da sé basti a dare senso (vorrei dire, “dignità pedagogica”) alle indicazioni date.

Per dire, anzitutto, che un percorso di orientamento è “educativo” se
* si discosta nettamente da ogni forma, esplicita o implicita, di addestramento al lavoro
* si propone di formare soggetti capaci di riconoscersi parte attiva delle proprie scelte di vita
* non adotta il punto di vista del mercato come luogo di incontro della domanda/offerta, sovrapponendo in ultima istanza le sue esigenze economiciste ai percorsi formalizzati di istruzione/formazione
*non restringe lo sguardo dei soggetti in crescita nei tempi e negli spazi angusti di una idea fuorviante di “prossimità”, del territorio e delle sue caratteristiche produttive

Se tutto questo è vero e plausibile, l’orientamento “educativo” attraversa allora l’intero sistema di istruzione/formazione, perché coincide con i processi di crescita in tutto l’arco della vita: senza precocismi e senza fughe in avanti. È la premessa pedagogica forte e irrinunciabile di ogni successiva opzione di vita. È l’antidoto a ogni interpretazione mercificante di interessi e attitudini; è la trama stessa della conoscenza, che nella sua piena accezione investe, come si sa, dimensioni relazionali, affettive, cognitive.
Suggerisco a chi fosse interessato di svolgere una ricognizione sul tema con uno sguardo alle sue matrici nel tempo, per evitare di prendere per buona ogni ricerca di “novità” fine a sé stessa. E di andarsi a rileggere, in questa prospettiva, le pagine illuminanti dei Programmi della Scuola media (D.M. 9 febbraio 1979). Qui si trova, a mio parere, esemplarmente riportato un impianto pedagogico ricco di implicazioni per il discorso che in questa sede mi interessa. Si vedrà agevolmente che la Scuola media (secondaria di Primo grado) è orientativa perché IN SÉ STESSA ORIENTANTE: cosa altro vuol dire, se non questo, l’espressione “scuola che colloca nel mondo”? Ne discende che la trama disciplinare concorre a promuovere “conoscenza di sé e del mondo”: due movimenti interconnessi di un unico processo. E che ogni disciplina, correttamente intesa, è un “modo” della realtà che essa racconta, nella specificità della sua “grammatica epistemologica”, del suo linguaggio e del suo metodo. Un’impostazione originaria che le Indicazioni nazionali del Primo Ciclo nelle diverse edizioni (2007, 2012 e 2018) hanno ulteriormente declinato, ma non superato né tantomeno resa obsoleta.
Devo confessare che, pur nell’attenta lettura del decreto ministeriale, non ho trovato traccia articolata di questa idea di orientamento qui in sintesi richiamata: la dimensione “educativa” resta un’evocazione senza radici culturali e pedagogiche, un mero artificio retorico. Di qui, duole dirlo, un travisamento che si ripercuote sull’intero disegno, coinvolgendo anche le declinazioni riguardanti la scuola secondaria di secondo grado. Qui si dà luogo, a me sembra, ad una vera e propria “commedia degli errori”, in cui gli aspetti meramente “informativi” dell’orientamento fanno agio su quelli propriamente formativi, in un frequente salto di dimensioni, in una confusione disfunzionale di obiettivi e metodi di approccio.
Il tutto condito da un’enfasi degli aspetti gestionali e dei risvolti organizzativi, spesso molto dettagliati, che non riesce a nascondere, semmai fa risaltare, la pochezza dell’approccio culturale e l’insufficienza della consapevolezza dei problemi affrontati.
No, cari signori del ministero soi-disant del merito, non ci siamo… Si raccomanda una rilettura dei “fondamentali”, un paziente lavoro di ripensamento, senza nostalgie certo ma senza nuovismi. L’orientamento è un tema strategico per il sistema di istruzione, solo se parliamo davvero di educazione e non di un restyling intrapreso su mandato, neanche tanto surrettizio, del sistema produttivo.