Quand’ero studente di filosofia a Padova guardavo con sufficienza la pedagogia, perchè pensavo che dovesse interessare i maestri elementari o i futuri direttori didattici, ma non gli studenti che avrebbero dovuto insegnare storia e filosofia nei licei.
Non mi aiutava a cambiare opinione nei confronti di questa disciplina l’avversione viscerale verso il cattedratico, che ne teneva le lezioni, per la sua esibita alterigia accademica. Quando venne la stagione della libertà dei piani di studio non mi sembrò vero che potessi togliermi dai piedi la pedagogia. La sostituii con filosofia della religione.
L’insegnamento alle medie mi ha costretto ad una rapida inversione di rotta; non ho avuto giorni migliori e più felici di quelli trascorsi con i ragazzi che andavano dagli undici ai quattordici anni e per come sono fatto, per non perdere tempo e per fare nel modo migliore il mio lavoro, mi sono messo subito davanti testi di didattica, di pedagogia, di psicologia, di linguistica, di storia delle istituzioni scolastiche, di sociologia dell’educazione. Sono stati anni ti travolgente entusiasmo e di fervide letture.
Ho incominciato seriamente a chiedermi quali fossero le finalità del lavoro che facevo, come sarebbe stato giusto farlo, che cosa ne doveva essere dei ragazzi delle mie classi. Continua a leggere