Liceo del Made in Italy: i verbali segreti delle rimostranze del Ministro alle critiche di Gavosto

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di Aristarco Ammazzacaffé

Premessa. Al Direttore della Fondazione Agnelli sfugge l’essenziale.

L’ultima clamorosa bocciatura, a firma dell’autorevole Direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto – quella sul Liceo del Made in Italy – ha creato non poco scompiglio nell’intera maggioranza di governo. E soprattutto nella Premier che, a un percorso liceale di questo tipo, ci ha sempre pensato e tenuto.
Di tale interesse sono testimonianza verace, come è noto, sia la corsa all’approvazione della Legge sul Made in Italy[1]  il 20 dicembre del 2023 – che istituisce formalmente (art. 18) il Nuovo Liceo -, sia anche la pubblicazione a tambur battente in G.U. della specifica Nota Ministeriale [2], con tanto di disposizioni normative per le scuole, sollecitate proprio dalla Premier.
Il tutto, nei sette giorni a cavallo del Natale.
E vai!
Per la serie: veni, vidi, vici.
Mai tanta solerzia, tempismo, coordinamento in un Governo di questo Paese!
Grazie Giorgia, ci sarebbe da dire, doverosamente. Eppure….

Eppure, di fronte a questo vero e proprio miracolo italiano, sono volati stracci e pallottole, un po’ ovunque e di ogni tipo, che mai ti saresti aspettato.
Che ingratitudine! Un popolo di ingrati. Proprio.
E, per il mondo della scuola, il capofila, finalmente venuto allo scoperto, è proprio il Direttore Gavosto.
Che figura! Una persona tanto a modo! Eppure… Ma come si fa?
E meno male che, immediata ed anche ardita, è scattata la reazione del nostro Ministro Valditara – che Dio l’abbia in gloria! (in senso affettuoso, ovviamente) – che non ha esitato a denunciare la gravità dell’uscita gavostiana: “Una sciabolata atroce”. Così, quelli che sanno, riferiscono che abbia detto.
(Per la Meloni, invece, il suo staff ha parlato di bazuca contro il Governo; che, se ci pensate bene, pare più appropriato).
Del Ministro si dice anche che, dopo aver letto solo le prime righe della bocciatura del Nuovo Liceo, ha addirittura smesso immediatamente il suo regolare aplomb d’ordinanza; e, non riuscendo a capacitarsi, convoca d’urgenza i suoi collaboratori di prima fascia, e letteralmente sbotta.
(È di tale sbotto – se me lo passate – che qui si riporta la testimonianza, verace anche questa, del number one della Segreteria del Ministro, che è anche nostro coscienzioso agente all’Avana: è lui che ci ha infatti fornito la registrazione per questo resoconto. Altro non si può dire. Problemi di privacy)

Il Ministro Valditara che sbotta

“La prima cosa che andrebbe detta – questo, l’incipit dello sbotto, qui ancora ‘trattenuto” (a dettarne il modus è, in tutta evidenza, ancora l’aplomb) – è come fa una Fondazione benemerita, intestata ad Agnelli, a tollerare, nella funzione di Direttore, il Gavosto Andrea [l’articolo davanti ai cognomi e nomi propri è comune a Milano; e Valditara è dato per milanese. NdR]
“E aggiungo subito: ma come fa il Gavosto, a proposito del nuovo Liceo, a parlare – testuale – di un ‘indirizzo organizzato in fretta e furia, per soddisfare le richieste della Premier’, e a cianciare immediatamente dopo, addirittura di ‘contenuti didattici confusi’? Proprio così ha detto: ‘confusi’! Ma si può? Falsità e calunnie!) Alla sua età, poi! Da non credere. (Qui il tono della voce, d’emblée, scala in quarta. Ma si sente che regge)”
“Un’altra cosa che non mi va giù: sui ‘tempi di attivazione del nuovo Liceo’, osa addirittura affermare che ‘sono stati talmente stretti da mettere le scuole in seria difficoltà e famiglie e studenti interessati nell’impossibilità di disporre delle informazioni per una scelta ponderata”.
“A questo punto, mi dico e chiedo anche a voi: Come fa a dire queste cose? Chi gliele ha dette? Ha le prove? Invece di ringraziare il Governo e la sua Presidente per aver portato a casa un risultato di eccellenza con una celerità che neanche Speedy Gonzales, si cerca addirittura di vilipenderli! E questo perché la sua prospettiva – del Gavosto, dico – è evidentemente un Paese di lumaconi; che arriva a contestare l’urgenza di una domanda formativa a cui il nuovo liceo dà risposte di certo serie! Perché – e qui lo ribadisco anche a voi, e non potete dirmi di no – la domanda di questi nuovo liceo, in giro, c’è eccome. Si convincano i nostri detrattori senza scrupolo! Non fermiamoci però, per favore, alla percentuale di adesioni degli studenti. Quella che gira: lo 0,8% a livello nazionale, in realtà, dice e non dice. Comunque, chi può negarci la speranza che le percentuali di botto si mettano a salire? La speranza è una cosa seria. È una virtù teologale. E nessuno pretenda di insegnarmela. La mia vita parla per me. E anche la mia biografia, se è per questo! Parlatene con chiunque. Vi potrei dare, se volete, anche una lunga lista di referenze da interpellare”.
“E c’è ancora una terza pesante accusa che il Gavosto ci muove. [Ma proprio qui, attraverso la registrazione a cui attingiamo, si nota, nel tono della voce, una improvvisa alterazione e, nel ritmo delle parole, una certa accelerazione. Tra i presenti, preoccupazioni, che si colgono attraverso un leggero mormorio in sottofondo. (NdR)] -. L’accusa, è che ‘manca nel nuovo Liceo una riflessione approfondita sulle maggiori competenze che gli studenti devono sviluppare rispetto a indirizzi già esistenti”.

“A questo punto, sono io che chiedo: ma come può dire ciò che dice? In primo luogo, a cosa si riferisce? All’attuale Liceo economico-sociale? Agli Istituti Tecnici e Professionali esistenti? A tutti e due? E perché non ‘parla onesto’ nella sua catilinaria? Per sollevare fumo e mettermi in difficoltà? Pensava, nella sua supponenza, che io ignorassi una obiezione di questo tipo, comunque infondata? Ma se si aspetta una risposta a questa provocazione, che si sappia: io non rispondo. Non gli do questa soddisfazione. Ho una mia dignità. Si scorra, ripeto, il mio curricolo e la mia biografia. [Qui il tono cresce ancora e si avverte un certo farfugliamento nella pronuncia. Costretto a una piccola pausa. (NdR)]. Con questo tipo di mentalità – riattacca anche se un po’ a stento – non cresceremo più. Diciamocela tutta: abbiamo perso ormai orgoglio e pregiudizio. [Proprio così, dice!]”
“E siamo all’ultimo assalto proditorio – tralascio gli altri secondari che pure esprimono anch’essi pura malevolenza -: che senso ha l’obiezione gravissima che ‘il quadro di riferimento del nuovo liceo presenta molti aspetti in bianco e che il profilo in uscita è ancora tutto da pensare e sperimentare’? Polemica per polemica, qui ribatto immediatamente: Ma, per caso, Roma, che è Roma, si è fatta dall’oggi al domani o addirittura dalla sera al mattino? Bisognerebbe chiederglielo al nuovo padreterno della scuola Italiana”.

“Comunque [si avvia alle conclusioni? Mah (NdR)] – di queste cose parlerò in tempi brevi col ministro Urso. Urso, dico bene? Sì, il collega allo Sviluppo che adesso si è allargato con l’aggiunta “e del Made in Italy” e pensa di farmi ombra. Scioglieremo comunque tutti i dubbi che meritano e convinceremo tutti quelli che ci stanno. Ne stia pur certo il ‘Direttore’, come si fa chiamare!
“Ora basta. Scusate lo sfogo. Io son fatto così. Faremo al più presto una riunione dopo il mio incontro con Urso. Pensateci anche voi. Buon lavoro”.
(E sottovoce, un po’ rientrato nel suo aplomb di ordinanza, quasi tra sé e sé: “Urso? ma come fa uno a chiamarsi così? Mah!”.)

Un cruccio personale: un sì profondo a una Scuola per le nostre eccellenze produttive; ma perché in Inglese?
Così il Ministro da par suo. Da parte mia, una sola annotazione dopo aver ascoltato la registrazione della sfuriata. Per quel che mi riguarda, sono ovviamente d’accordissimo con le parole del Ministro.
In tutta questa storia, però, una cosa mi sfugge.
Giusto valorizzare, con il nuovo Liceo, come fa la Nota ministeriale citata [3], le italiche eccellenze e incentivare così – cito in termini testuali – la proprietà industriale e, insieme, anche la filiera nazionale del legno 100% per l’arredo e quella degli ulivi vergini (è importante, nei tempi promiscui che ci tocca vivere, che questi ultimi, vengano conservati tali).
E considero pure fondamentale – sempre citando testualmente – diffondere nella nostra moda le misure Made in Italy per la transizione digitale (qui capisco poco, ma ci credo) e promuovere anche il settore della nautica da diporto.

E chi ha dubbi al riguardo? Personalmente sono sempre stato per le promozioni contro le bocciature a gogo. E poi: i nostri marchi di particolare interesse nazionale, li vogliamo per caso lasciar fuori? Non li vogliamo tutelare? Vogliamo scherzare? Tutto questo non è solo opportuno, è addirittura cosa buona e giusta, eccetera.
Però, a naso, Tutte queste valorizzazioni e promozioni e incentivazioni, in tutta onestà, mi sembra che c’entrino un po’ poco con la scuola-scuola. Comunque, adesso – è l’obiezione che mi faccio – vogliamo metterci a fare gli schizzinosi proprio sul tipo di scuola che ne viene fuori dalla Legge e dalla Nota citate? Sinceramente, in questo ridisegno, di scuola ce n’è pochina. Tuttavia, io mi dico in tutta modestia: se va bene al Ministro e soprattutto a Giorgia, chi sono io per fare il baston contrario?
Avrà certamente le sue ragioni, il Valditara, se parla di questa scelta come la” vera rivoluzione” della nostra scuola o, più modestamente (come preferisce dire lui che modesto lo è dentro): della “sua” / di lui grande riforma. Proprio così dice. D’altra parte, cos’altro può dire, povero!
Il mio problema vero però è un altro: perché Made in Italy? Perché ricorrere all’Inglese per valorizzare un patrimonio che è solo nostro e che – come noi ci diciamo con legittimo orgoglio identitario – tutti ci invidiano? Perché no la lingua di Dante, che il ministro alla Cultura Sangiuliano, fratello di Giorgia, ha dottamente e finalmente additato come il primo vero uomo di destra della nostra storia patria? Svendiamo anche questo punto fermo?
Comunque, pensatela come volete, ma questa storia di ricorrere all’inglese per farne vetrina per le nostre eccellenze nazionali, io non la bevo bene.
Ma, su questo, qualcuno ha parlato con Giorgia?

1L. 206/2023, in G.U., il 27.12.2023.
2 Nota M.I.M 28.12.2023
3 Nota M.I.M, cit., artt. 8-15.