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I programmi del ’45 – Le indicazione metodologiche

di Franca Da Re 

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Le indicazioni metodologiche nei programmi della scuola elementare del 1945[1]

Nella Premessa dei Programmi, oltre alle finalità connesse alla formazione del cittadino nel nuovo Stato democratico, si insiste molto sulla necessità di mantenere unità nell’insegnamento, superando la partizione tra materie. Si raccomanda di valorizzare il lavoro di gruppo, la collaborazione tra scolari, l’apprendimento basato sull’esperienza, lo sviluppo delle capacità di autogoverno dei ragazzi, che comprende anche la possibilità che essi partecipino alla definizione delle attività da realizzare.

Non si prescrive ai maestri alcun metodo particolare; essi saranno liberi di utilizzare le tecniche e le strategie che più riterranno opportune, a patto di raggiungere le finalità educative prefissate. Al maestro si raccomanda di “intendere l’intima connessione esistente tra i problemi della cultura e quelli del lavoro”.

I Programmi determinano le materie di insegnamento: 1) Religione; 2) Educazione morale, civile e fisica; 3) Lavoro; 4) Lingua italiana; 5) Storia e geografia; 6) Aritmetica e geometria; 7) Scienze e igiene; 8) Disegno e bella scrittura; 9) Canto.
Non fissano, però un orario delle lezioni predeterminato, richiamandosi proprio all’unità di insegnamento, pur raccomandando ai maestri di formulare un accurato piano di lavoro:

“L’unità dell’insegnamento, che sta alla base di questi programmi e la necessità, da parte dell’insegnante, di svolgere la sua opera in rapporto alle reali condizioni della scolaresca e alle esigenze locali, non hanno consigliato la formulazione di un orario ufficiale delle lezioni. Ciò non toglie che l’insegnante debba seguire un piano di lavoro e formulare un orario settimanale e giornaliero delle lezioni stesse. Nella preparazione di tale piano, e sopratutto nelle inevitabili varianti suggerite dalle circostanze, gli alunni potranno esercitare il diritto d’iniziativa, che consiste nella libertà di proporre al maestro lo svolgimento di particolari argomenti o attività in rapporto a loro reali e sentite esigenze. Così ad esempio un gruppo di alunni potrà prospettare il desiderio di svolgere una determinata attività manuale o di organizzare una data ricerca, provocando in tal modo la revisione del piano di lavoro. (…)

Per quanto concerne le votazioni, l’Educazione morale, civile e fisica comprende anche la condotta. Non si assegnano voti di Lavoro, Storia e geografia, Scienze e igiene, Canto nelle prime due classi.” Continua a leggere

I programmi del ’45: 80 anni (o quasi) ma sono modernissimi!

di Franca Da Re

Il 24 maggio 1945, con decreto n. 459 del Luogotenente del Regno, Umberto II di Savoia, furono emanati i primi Programmi per le scuole elementari e materne successivi all’era fascista e alla guerra. L’Italia non era ancora una Repubblica e non aveva una Costituzione democratica, tuttavia il Governo Provvisorio di allora, insediatosi dopo la liberazione di Roma, formato da tutte le componenti del CLN e presieduto da Bonomi, con Ministro dell’Istruzione il liberale Vincenzo Arangio Ruiz, emanò, insieme a molti altri importanti provvedimenti, i nuovi Programmi per la scuola elementare e materna[1].

Tali programmi erano stati redatti con la collaborazione del Comando Alleato e infatti la Commissione incaricata era diretta dal colonnello Carlton Washburne, eminente pedagogista allievo di John Dewey e ideatore dell’esperimento pedagogico condotto a partire dagli anni ’20 nelle scuole di Winnetka, un sobborgo di Chicago dove egli era Sovrintendente.

Nella Commissione lavorarono anche pedagogisti italiani, tra i quali Gino Ferretti. La Commissione Alleata aveva già operato nei territori del Sud liberati allo scopo di defascistizzare la scuola e le sue pratiche e i libri di testo.

L’impostazione generale dei Programmi è ispirata ai principi dell’attivismo pedagogico e attenta all’educazione civile, allo scopo di educare alla democrazia i giovani cittadini nel nuovo Stato. La Commissione aveva licenziato un testo dove l’educazione civile era preminente rispetto all’educazione religiosa che aveva peraltro una valenza pluriconfessionale, ma l’opposizione dei cattolici determinò un testo definitivo di compromesso dove l’educazione religiosa rientrava nell’alveo cattolico e dove anche gli indirizzi metodologici assunsero un carattere più moderato. Continua a leggere