E’ difficile farcela, forse impossibile… La scuola e la “fatica” di Sisifo

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disegno di Matilde Gallo, anni 10

di Domenico Sarracino

La scuola è preposta da sempre alla preparazione alla vita delle nuove generazioni. Non era cosa da poco ieri e, in una situazione così liquida ed articolata come quella attuale, non lo è oggi. Bisogna ribadire un assunto determinante: la scuola non è un opificio in cui il processo produttivo, se bene organizzato, dà sempre risultati standardizzati, previsti e prevedibili. Anche in una scuola che fosse priva di carenze e perfettamente organizzata i risultati sarebbero sempre aperti ed esposti al rischio ed all’insuccesso, perchè essa ha a che fare con la vita che cambia, con il nuovo che si presenta, con ciò che freme e fermenta nella società…

Fare scuola è tentare e ritentare, cercare e sperimentare; è sempre una navigazione in mare aperto, in cui la rotta va continuamente controllata.

Fare scuola (quando non si cede al vivacchiare) è un mestiere difficile in partenza. Meriterebbe da parte di tutti ben altra attenzione e considerazione. Invece accade che da sempre ed in particolare negli ultimi tempi di essa si parli tanto, ma poco si fa soprattutto da parte di chi ha le più alte responsabilità; e la scuola resta quello che è; ora tirata di qua ora di là, sempre più fa pensare alla punizione di Sisifo, costretto da Zeus a fare tanta fatica per trascinare in su un masso destinato irrimediabilmente a ricadere in basso. E quel poco che fanno quelli che reggono il sistema-scuola è più per apparire che per esserci sul serio, è estemporaneità ed improvvisazione, fuoco d’artificio volto a dare fumo negli occhi e a far finta di fare, senza un disegno strategico, senza continuità, mezzi adeguati, coerenza; senza un disegno strategico che parta dallo stato reale delle cose.

Ma un altro fattore incide sulla situazione che si sta descrivendo e che chiama in causa altri soggetti che segnano la vita sociale e la contaminano, un fattore che interviene potentemente e profondamente sulla formazione dei giovani il cui peso è ancora troppo poco presente e considerato.
Parlo dell’educazione indiretta, quella che il mondo adulto, i responsabili della cosa pubblica e chi svolge alte funzioni politiche economiche e sociali diffondono col loro agire; i quali molto spesso danno continui esempi di doppiezza, di corruzione e disonestà: predicano una cosa e ne fanno un’altra, mentono, spergiurano, raggirano, perseguono interessi personali, accecati dalle carriere, dalle cordate, dai posti di potere. E parlo, nel contempo, di quel fenomeno ancor più insidioso ed insinuante che riguarda la comunicazione, l’intrattenimento e il mondo dei social, che pervade società complesse ed articolate come la nostra, in cui tutto si fa spettacolo, in cui vincono e colpiscono la trasgressione, il gesto sopra le righe, l’atteggiamento spavaldo, la voce grossa, l’intolleranza e la sopraffazione, dove a dettare i palinsesti sono i dati dell’audience. E allora: se la nostra società funziona così, “educa così”, la scuola, fosse pure senza alcuna pecca, con concorrenti così efficaci- ahimè- dispero che potrà farcela. C’è una tabe intorno a noi, quella che genera il malcostume crescente e i gesti dei tanti Blanco.
Credo che chi tiene ad un futuro migliore, di costruzione e progresso nella libertà, nella responsabilità e nella cooperazione solidale non può non interrogarsi su questi fenomeni.