Figure di sistema e questione organizzativa. Farci i conti

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di Antonio Valentino

Perché parlare delle “figure di sistema” [1]

C’è un problema oggi – tra i tanti del nostro sistema scolastico – di cui spesso si parla, ma che si fa difficoltà ad aggredire: la demotivazione di larga parte dei docenti, che spesso non li fa sentire dentro il ‘progetto culturale ed ‘educativo’ delle proprie scuole; e li spinge verso una visione vicina a quella impiegatizia del proprio lavoro.

Sono considerati sostanzialmente come optional attività come: coltivare competenze e ed esercitare responsabilità (nel senso di aggiornare e sviluppare capacità professionali e di dar conto dei processi che si mettono in atto e dei risultati in rapporto a quello che si progetta); o vivere positivamente la dimensione collegiale del proprio lavoro.

Per capire meglio il problema dall’interno, è opportuno allargarne il quadro di riferimento alla più larga e impegnativa questione organizzativa delle nostre scuole che, su questo aspetto specifico, si lega al tema – anch’esso ancora problematico – dell’Autonomia scolastica.

Da richiamare per quest’ultima che la legge istitutiva (L. 59/1997, art 21), non a caso, in vista dei processi impegnativi da essa richiesti, ha previsto l’introduzione di ‘nuove figure” (comma 16).
Sarà il CCNL scuola di due anni dopo a introdurre in ordinamento e a regolare contrattualmente le figure dei collaboratori del DS e quelle per le ‘funzioni obiettivo’ , trasformate in funzioni strumentali con il CCNL del quadriennio 2002-2005. Ma – va sottolineato – questo passaggio, se ha apportato semplificazioni positive nelle procedure di adozione, ha indebolito queste figure sul terreno delle responsabilità e della formazione: requisiti previsti per esse nel precedente contratto[2].

Da allora, come è noto, la questione delle ‘nuove figure’ non è stata più ripresa nelle contrattazioni governi / sindacati, nonostante i livelli di complessità del sistema scuola continuassero a crescere, e il tema della responsabilizzazione dei docenti e della loro valorizzazione sul fronte didattico-organizzativo diventasse più stringente.
Tuttavia il dibattitto sulle tematiche connesse a tale questione ha continuato comunque ad attraversare, anche se   a intermittenza, il mondo della scuola e della ricerca universitaria, e soprattutto delle associazioni professionali dei DS.

  1. La questione organizzativa tra Figure Intermedie e valorizzazione delle risorse professionali

Il dibattito sulle figure intermedie (Middle Management).  

Ha insistito su di essa, così da farne un suo cavallo di battaglia, l’Associazione Nazionale Presidi (ANP), ma con motivazioni e proposte considerate sbagliate soprattutto dal sindacalismo confederale.
Recentemente (inizi gennaio 2021), come è noto, è intervenuta sul tema, nel suo ultimo atto di indirizzo, l’allora ministra Azzolina, con una proposta che trae spunti evidenti dall’elaborazione dell’ANP.

Di essa è utile richiamare (v. box 1) i tratti essenziali anche per cogliere le distanze rispetto a posizioni di tutt’altro segno che, sotto la stessa denominazione, si sono sviluppate sull’argomento in questi anni (v box 2). Posizioni che qui si si assumono e si sviluppano in ragione dell’idea di scuola e del tipo di relazioni tra docenti e DS, che si ritengono più promettenti per un buon funzionamento delle istituzioni scolastiche.

Box 1. Il Middle Management: la proposta dell’ex Ministra Azzolina

L’ex Ministra colloca il Middle Management dentro il discorso più generale della “valorizzazione del personale”, da prevedere – nelle sue aspettative – nel prossimo Contratto collettivo nazionale di Lavoro. Ipotizza allo scopo due percorsi di carriera per gli insegnanti:

  • Il primo rivolto alla funzione docente in senso stretto, per la quale prevedere “un vero e proprio percorso di carriera professionale che connoti il ruolo, (…), su base meritocratica”.
  • Un secondo – prefigurato dentro la proposta sul Middle Management – basato sul conferimento di incarichi fiduciari da parte del dirigente scolastico.

Su questo specifico aspetto – che è quello che qui più interessa – tre sono i punti che mi sembra caratterizzano la proposta dell’ex ministra:

  • la previsione di una apposita area da inserire tra gli insegnanti e il DS: quella dei ‘collaboratori’, per i quali soltanto si prefigura un ruolo a parte;
  • l’accesso a tale area è riservata ai docenti capaci, per esperienza, professionalità e vocazione;
  • il compito previsto è gestire attività complesse di competenza del DS, sulla base di una delega formale da parte dello stesso, che rinvia a una posizione organizzativa di dipendenza dal DS dei docenti collaboratori

Finalità dell’operazione proposta è anche quella di permettere a questi docenti di sviluppare “nuove e più compiute professionalità che possano successivamente concorrere al ruolo della dirigenza scolastica con un bagaglio di esperienza organizzativa e di sensibilità amministrativa maturato in tale nuova area professionale”.

Box 2. L’ ipotesi alternativa in campo[3].

Questi gli aspetti caratterizzanti e le differenze rispetto alla proposta dell’ex ministra:

  • Le funzioni intermedie vanno ben oltre quella di ‘collaboratore’ del DS. I livelli di complessità crescente delle nostre scuole richiedono una pluralità di figure, oltre a quelle di collaboratore o per le funzioni strumentali già previste dal nostro ordinamento. Per tutte va prevista una chiara e solida configurazione giuridica e contrattuale – e riconoscimenti conseguenti -;
  • Funzioni specifiche da riconoscere giuridicamente e contrattualmente sono quelle che contribuiscono al funzionamento didattico e organizzativo delle scuole e al miglioramento della loro qualità. Sono quindi, in primo luogo, quelle di coordinamento (dei vari organismi in cui si articola il Collegio), di progettazione e sostegno all’autonomia e di presidio dei diversi luoghi e spazi dell’Istituto scolastico…;
  • Per il loro esercizio vanno richieste competenze organizzative e relazionali, ma anche professionali (progettuali, valutative, tecniche-tecnologiche …). Sono chiamate a coprirle i docenti che acquisiscono le diverse competenze, sia con la formazione tradizionale, sia soprattutto sul campo, con la pratica quotidiana di insegnamento;
  • Tali figure non operano sulla base di deleghe da parte del DS, ma esercitano funzioni per conto del Collegio Docente;
  • Gli incarichi sono a tempo determinato, ma rinnovabili. Si tratta comunque di incarichi duraturi, per i quali è orientamento diffuso è che la durata minima sia triennale (allineata con i tempi dei documenti strategici delle scuole, a partire dal POFT).

Le perplessità dei Sindacati. Le ragioni e le voci contrarie

Va richiamato a questo punto che le Organizzazioni sindacali, soprattutto confederali, non hanno mai visto di buon occhio il riconoscimento giuridico delle figure ‘intermedie’. Unica eccezione, come si è visto, la sottoscrizione del Contratto del ’99, in cui si definiscono, come si è visto, le nuove figure per le Funzioni obiettivo e per i Collaboratori del DS.
Dichiarazioni anche recenti – e comuni ai dirigenti sindacali più accreditati – mettono soprattutto l’accento sul fatto che le articolazioni della funzione docente previste per queste figure configurerebbero una scuola tipo verticistico e autoritario.
La motivazione di fondo è comunque che il riconoscimento di articolazioni del ruolo docente (con quello che può comportare sotto il profilo della differenziazione retributiva e degli sviluppi di carriera) risulterebbero divisive dentro la categoria e non farebbero certamente bene al clima interno delle scuole.
Voci critiche al riguardo sono però emerse anche dentro aree culturali che pure si riconoscono nei valori delle OOSS confederali. Annota ad esempio Franco De Anna, per citare una figura autorevole di quest’area, che l’unificazione della funzione docente, che pure “ha prodotto risultati contrattuali apprezzabili (…)”, ha mostrato nel corso dei suoi 50 anni “tanti difetti realizzativi e (…) scarsissime ricadute sui meccanismi di selezione e reclutamento ….”. E non ha permesso – aggiunge – di “promuovere e consolidare le articolazioni funzionali [del ruolo docente] in rapporto all’organizzazione”; articolazioni funzionali (cioè le figure soprattutto di coordinamento e di presidio) che “oggi hanno una definizione transitoria e contrattualmente non significativa” che intralcia “una possibile traccia di sviluppo professionale per il personale della scuola” [4].

Comunque le preoccupazioni delle OOSS – che riflettono quelle di molti insegnanti (ricordiamo il dibattito acceso – e talora anche i conflitti interni alle scuole sulla questione della premialità introdotta dalla L. 107 (che ha punti evidenti di intreccio con quello delle funzioni aggiuntive) – non possono essere sottovalutate o addirittura ignorate, come dà l’impressione di fare l’ANP.

Sono in ballo questioni importanti, legate a. al modello organizzativo e alla governance interna alle scuole e al ruolo (e quindi ai livelli ci responsabilità e di competenza) che è opportuno prevedere per i docenti); b. alla necessaria rimodulazione   del profilo del DS, oggi schiacciato su una agenda che ben evidenzia il suo progressivo allontanamento dalle funzioni prioritarie che gli sono proprie (v. art. 25 del D.Lvo 165/2001).
Su di esse è pertanto utile qualche approfondimento per mettere meglio a fuoco il tema centrale.

  1. Valorizzazione delle figure di sistema e rimodulazione del ruolo ds. Ragioni e condizioni

Su modello organizzativo e forma di Leadership.  

A proposito del modello organizzativo, non da oggi si conviene da più parti che quello reticolare è certamente il più promettente. E questo perchè più di altri facilita la comunicazione interna, e con essa la cooperazione e il confronto tra i soggetti coinvolti.
Il nostro sistema solo sporadicamente ha sperimentato tale modello – che implica coordinamento tra le sue articolazioni (consigli, dipartimenti, gruppi di progetto…) e relazioni professionali strutturali e coese; oltre che una organizzazione interna a sostegno. Però, a ben vedere, il nostro sistema prevede organismi collegiali che potrebbero ben diventare nuclei portanti di una rete interna, se funzionasse effettivamente come rete. Il riferimento è ai Consigli di classe e ai dipartimenti disciplinari, ma anche ad altri organi che, per quanto non previsti formalmente dal nostro ordinamento, sono di fatto operativi, come ognuno sa, nella maggior parte delle nostre scuole (gruppi di progetto, commissioni di lavoro…).

Occorre tuttavia mettere nel conto che trasformare le diverse articolazioni del nostro sistema in unità operative che si vivano come comunità di pratica, per usare la formula di Wenger [5] – come luogo cioè di riflessione sul proprio lavoro, di confronto, di proposte e di ricerca, partendo dalle difficoltà e dai problemi concreti del fare scuola – richiede figure preparate e motivate, che abbiano cultura organizzativa e si sentano dentro al progetto della loro scuola.

È In questa prospettiva che diventa condizione importante il riconoscimento giuridico e contrattuale delle diverse figure intermedie: dargli infatti valore e appeal porta a favorire – tra gli insegnanti con attitudini e preparazione riconosciute tra i pari – disponibilità a impegnarsi anche su compiti e funzioni qualificanti e necessarie per la scuola come organizzazione. Senza queste disponibilità – che per altro sono sempre più rare proprio per la mancanza delle condizioni di cui sopra – è difficile prevedere il rinnovamento auspicato. (Anche se rimane ancora aperto il problema il problema di conciliare il lavoro di insegnante con le funzioni di ‘figura’).

Ma parlare di un modello organizzativo per la didattica coerente con i ragionamenti precedenti significa anche misurarsi – e qui lo si fa prendendo a riferimento le elaborazioni di Angelo Paletta – con una idea di Leadership: a. “condivisa con gli insegnanti e distribuita nei punti nevralgici del fare scuola (…)[6]”, b.  che guardi alle figure intermedie come alle risorse su cui strutturarsi; c. la cui “fonte” – punto fondamentale – “non promana unilateralmente dal dirigente scolastico”[7].

Ovviamente, Leadership per (in funzione del) l’apprendimento.  Essendo l’apprendimento, nei suoi molteplici ‘oggetti’ e nei suoi diversi livelli, la ragione sociale del fare scuola.

Anche alla luce di questa idea di Leadership, non può essere considerata un optional  la costituzione di un’èquipe di direzione (avvicinabile allo staff del DS allargato ai collaboratori, ai coordinatori delle diverse Unità operative – i diversi nuclei della rete –, alle ‘funzioni strumentali’ ), che si viva anch’essa però come comunità di pratica, con un ruolo prevalente di osservatorio e cabina di regia.

Sul DS: compiti e funzioni di cui riappropriarsi.

Ma una partita come questa, che vuole sollecitare e mettere al centro il protagonismo degli insegnanti, richiede anche, se non soprattutto, una rimodulazione del ruolo DS, in grado di dare chance più elevate alla  prospettiva di una Leadership distribuita che sia anche stabile e coesa.
Rimodulazione che richiede una condizione preliminare: liberare il lavoro del DS dalle varie e pesanti distorsioni che su di esso gravano, sottraendogli tempo e energie, per permettergli di concentrarsi su funzioni e compiti coerenti con ciò che dovrebbe più contare nella sua ‘missione’.
E tra questi, sono particolarmente importanti quelli che poggiano sulla consapevolezza – che è anche convinzione diffusa – secondo la quale “la scuola la fanno essenzialmente gli insegnanti, nel bene e nel male”, e che quindi sono gli insegnanti la risorsa da sviluppare e valorizzare, ‘curare’.

Diventa allora fondamentale, alla luce di questa consapevolezza, tendere a costruire un modello di scuola in cui le prerogative del ruolo DS siano quelle di dirigente di una organizzazione di docenti professionisti, responsabili e competenti per le funzioni del loro profilo (Giuseppe Bagni)[8]. E che pertanto, rispetto a tale funzione, il principio che vale è quello di reciprocità e in nessun caso di subalternità o sottomissione.
Principio che comporta relazioni in cui le ragioni del verificare e del controllare (che sono dentro al ruolo DS di responsabile del servizio scuola) si bilancino con quelle dell’attenzione continua e fondamentale allo sviluppo professionale dei suoi insegnanti. 

Sulla scorta di queste argomentazioni, rimodulerei così, anche sulla base delle suggestioni presenti nell’articolo di Bagni, citato in nota, compiti e funzioni riguardanti la valorizzazione della risorsa insegnanti e il loro coordinamento:

Uno, sostenere come impegno prioritario la dimensione collegiale del lavoro scolastico (il funzionamento delle articolazioni funzionali del CD) e il collegamento di tale dimensione con le attività individuali dei docenti. Che significa, tra l’altro: preoccuparsi di organizzare ambienti funzionali, curati, ospitali; e farsi carico dei bisogni professionali che esprimono gli insegnanti come singoli e come gruppi; ma anche garantire condizioni volte a dare forza e tono alla terza gamba dell’autonomia scolastica: quella della “ricerca, sperimentazione e sviluppo”, generalmente trascurata.

Due, favorire l’interazione continua delle figure con i colleghi del gruppo e ‘l’adattamento reciproco sul campo’, che sono modalità specifiche della funzione di coordinamento; che esclude, per sua stessa natura, qualsivoglia gerarchizzazione dei ruoli.

Tre, “valorizzare le competenze degli insegnanti nel costruire e governare il progetto / processo di insegnamento /apprendimento”. Che concretamente significa: essere attenti a scoprire/far emergere e sviluppare – anche attraverso percorsi formativi – attitudini e competenze del personale, e valorizzarle in modo mirato.

[1] Si è utilizzata questa denominazione (anche se non del tutto appropriata) perché la più comune nel mondo della scuola. Si utilizza anche, e sempre più frequentemente, “Figure di sostegno all’autonomia”. Un’altra denominazione che si incontrerà nel testo è quella di ‘articolazioni funzionali’. Particolarmente diffusa è anche Middle Management.

[2] Sull’ esperienza delle figure per le ‘funzioni obiettivo, richiamo un saggio del 2002 del compianto Giancarlo Cerini, Funzioni obiettivo: una storia “dentro” l’autonomia, https://www.edscuola.it/archivio/riformeonline/fo2002.htmln, che si legge ancora con interesse per l’efficacia delle linee di ragionamento interessanti anche per le considerazioni che qui si svolgono.

[3] Qui si farà riferimento soprattutto agli studi e alle elaborazioni di Angelo Paletta (Dirigenza scolastica e middle management. Distribuire la leadership per migliorare l’efficacia della scuola, Bononia University Press, 2020). Cfr anche Ivana Summa, Middle Management e Comunità Professionale in Rivista dell’istruzione 1/20211, Maggioni editore.

[4] Franco De Anna, Visto da fuori. Note e pensieri sul contratto della scuola, febbraio 2018, in https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fwww.aspera-adastra.com.

[5] Sulle Comunità di pratica, si rinvia a E. Wenger, Comunità di pratica. Apprendimento, significato, identità, Raffaello Cortina 2006 e a T. Sergiovanni, Costruire comunità nelle scuole, LAS 2000

[6] Punti nevralgici sono ovviamente le articolazioni del Collegio Docenti.

[7] V. Angelo Paletta, Dirigenza scolastica e middle management. Distribuire la leadership per migliorare l’efficacia della scuola, cit.

[8] V. Giuseppe Bagni, Professionalità docente e organizzazione del lavoro in “Idee per la formazione degli insegnanti”, a cura di Massimo Baldacci, Elisabetta Nigris, Maria Grazia Riva) – Franco Angeli Editore. In questo saggio Bagni richiama con accenti preoccupati il fenomeno della deresponsabilizzazione (che è cosa altra rispetto a ‘non responsabilità) della classe insegnanti), che ha offerto spunti per questo contributo.