Occhio ai bruchi da farfalla
di Monica Barisone
L’estate è spesso mite consigliera di buoni propositi, in termini di cura della salute, di riduzione dei ritmi stressanti, di maggiore manifestazione di affetti e opinioni, o migliore gestione di emozioni e atteggiamenti. Si potrebbero definire sogni della durata di lucciole e farfalle. Eppure, potrebbe valer la pena, per una volta, mantenere vivi i ricordi estivi per affrontare questo autunno particolarmente buio.
Se si provasse, cioè, a riprendere il cammino lavorativo ricordando i successi ottenuti nei mesi precedenti, forse riusciremmo a guardare bambini e ragazzi come bruchi da farfalla e i problemi di ogni giorno come forieri di nuove soluzioni.
Se ci provo e torno indietro col pensiero, ricordo di aver concluso il periodo lavorativo con la soddisfazione delle promozioni di alcuni ragazzi disincagliati con enorme fatica, ricordo la brezza giugnola protrattasi quasi per magia fino a luglio, le piccole ma grandi conquiste dei pazienti sopravvissuti nonostante la calura, la speranza di dedicare un po’ di tempo alla scrittura, ricordo la scoperta di un germoglio di sequoia americana, ormai inaspettato, dopo mesi e mesi dalla semina.
Il tempo regala sorprese e sorrisi da non dimenticare. Certo ci vuol pazienza, aveva sottolineato il giardiniere, quando gli avevo chiesto quale terra usare per quei preziosi semi, ricevuti in dono e arrivati a me da così lontano. Pazienza, tenacia, speranza e a volte anche una leggera allerta, per scoprire i germogli in momenti e spazi insospettabili, sotto piccoli cespugli di trifogli quasi in fiore! Ci vuole tempo come la gravidanza per una nascita o il grano sotto la neve (A. Marcoli). L’esercizio della pazienza è da riscoprire, è una delle cose che vale veramente la pena di imparare.
Allora adesso, con i ricordi belli in mente, che ci guidano a vedere, con calma, potremmo porci ad osservare che cosa sta portando questa nuova stagione. Così, guardando, ho trovato in questo buio autunno, alcuni ragazzi quasi magicamente riattivatisi, così come qualche nuova tristezza realistica, ma anche il regalo di una ex paziente che è venuta a trovarmi per raccontarmi i suoi progressi, salutarmi e parlarmi del sogno che finalmente realizzerà dopo una vita: vivere in natura e tra gli animali. E voi invece cosa avete trovato?
Poi, a guardar bene, però, ho incontrato anche tanta fatica e paura, purtroppo ancora. Una paura virale di non farcela, qui! Qui, sulla terra. È una paura che fa sbandare i pensieri e il cammino, ottunde la mente, restringe la visuale. Anche la mia. Fortunatamente però ho ancora del sole nella pelle, dei bei ricordi nelle sinapsi e così inaspettatamente in me si è scatenato un putiferio, una rivolta quasi rabbiosa. La chiamerei spinta vitale di rimbalzo, ribellione o resistenza!
In altre parole, ho sentito l’urgenza di dire basta, mi sono stufata! Abbiamo vissuto per mesi e mesi, forse non del tutto consapevolmente, aspettando che precipitasse la situazione, che accadesse l’irreparabile. Forse accadrà tra non moltissimo ma nessuno lo sa con certezza! Dunque, ci toccherà vivere ancora un poco, per ora! Allora che vita vera sia!
Ho visto una di queste sere un biopic su Steven Hawkins, cosmologo, astrofisico, divulgatore scientifico, noto per i suoi studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo. In giovane età, nel 1963, gli prospettarono, a causa della MND[1], due anni di vita. Ne visse molti di più.
Dopo un periodo di depressione, di elaborazione della notizia ricevuta, riuscì a reagire e continuare i suoi studi, ebbe tre figli e due compagne di vita, oltre a incredibili conquiste professionali, premi ed onoreficenze. Disse, comunicando con un sintetizzatore vocale, ‘Ricordatevi di guardare le stelle e non i vostri piedi…Per quanto difficile possa apparire la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si può riuscire’. Morì poi, a 76 anni, nel 2018.
Ecco, pensavo a questo, e cioè che, non sapendo bene come andrà, intanto, oltre a tentare di fare del nostro meglio per invertire la rotta verso l’estinzione, val la pena di vivere intensamente ogni giorno che arriva. Mia nonna a 94 anni, qualche mese prima di ammalarsi e morire, mi diceva, ‘ora ogni giorno è un regalo’. Allora che questi giorni, settimane, mesi, anni siano regali!
Basta far soffrire l’angoscia tremenda del domani ai nostri giovani! Che possano vivere forte almeno per un po’. Non so ancora come, ma occorre liberarli da questo incubo, svegliarli e permetter loro di assaporare il gusto del risveglio e inventare delle soluzioni, almeno cercarle. A noi il compito di lasciargliele realizzare, senza intralciarli. Si tratta intanto di fare un passo indietro e chiedere se e come possiamo dare una mano.
Diamo spazio a ragazzi come Daniele che si è risvegliato dall’ipnosi dei media quando ha realizzato che avrebbe potuto provare a riprendere la scuola e studiare per diventare più intelligente e fare qualcosa di buono per sé, gli altri e il mondo, fare qualcosa di buono nel suo piccolo!! Ora cerca con fatica di tenerlo a mente, perché stare nelle interazioni sociali per lui è ancora estremamente faticoso. Giorgio ha visto l’entusiasmo di suo padre, che frequenta solo d’estate, nel volergli insegnare a guidare e si è commosso! Da tempo non provava emozioni particolari e, ad ogni domanda su cosa sentisse, mi diceva ‘É indifferente’. Al ritorno dalle vacanze, si è portato a casa l’idea di prendere prima possibile la patente e dedicarsi alla scuola, perché sa che quest’anno sarà più impegnativo; ha ancora un sacco d’ansia ma la gestisce meglio e soprattutto cerca di non pensare al futuro.
Sono piccoli enormi segnali di ripresa dopo un anno o più trascorsi a ‘giocare a vegeto[2]‘, senza trovare un appiglio per vivere una vita normale!
Finché c’è vita c’è speranza, mi dico, e nel tentativo di resistere o nuotare controcorrente, una bella suggestione è arrivata dal libro Riposare è resistere di Tricia Hersey. Nel suo Manifesto, perché così lo definisce, ci mostra come, nel mondo attuale, la cultura della fatica (grind culture) sia oggi la linea guida per vivere bene, prosperare o addirittura solo sopravvivere. Ne consegue che, perennemente, viviamo in uno stato di coscienza alterato, cioè “siamo in deficit di sonno perché il sistema ci considera delle macchine, ma i nostri corpi non sono macchine…riposare è un atto radicale, perché si oppone alla bugia secondo cu non stiamo facendo abbastanza…non ci stiamo riposando per fare di più e rimetterci, più forti e produttivi di prima, a disposizione del sistema” (T. Hersey, 2024).
Ciò che sembra difficile capire oggi è il valore del riposo, come diritto e non privilegio, necessità e non lusso, aspetto imprescindibile nella manutenzione dell’uomo se si vuole evitare o ridurre burn out, infortuni, dipendenze, suicidi.
Il riposo è un diritto fondamentale di ogni lavoratore e serve a garantire il necessario recupero delle energie psicofisiche dopo lo svolgimento delle attività lavorative. In assenza di recupero il rischio di infortuni, burn out ed improduttività aumentano. È anche per questo che la normativa vigente prevede dei limiti, che i datori di lavoro dovrebbero rispettare, proprio per garantire ai dipendenti il dovuto riposo dal lavoro. Il fenomeno dell’incremento delle cessazioni del rapporto di lavoro per dimissioni sta mettendo in discussione il rapporto tra lavoro e tempo di vita, a favore del secondo e della sua qualità. “E da coloro che non possono rinunciare a un’occupazione non gradita” per questioni economiche, “è nato il fenomeno del quiet quitting: lavoratori insoddisfatti che collaborano solo passivamente, al minimo indispensabile, con buona pace delle teorie organizzative che puntano invece alla collaborazione per la qualità totale” (S.Muffo, 2023[3]).
Quindi, a fronte di una spinta esponenziale all’iperattività, che poi però non viene tollerata come disturbo negli studenti, la proposta rivoluzionaria sembra essere quella di rivendicare il meritato riposo, in un’epoca, tra l’altro, in cui l’insonnia si sta diffondendo a macchia d’olio. I giovani, che da tempo hanno scelto la notte come spazio e tempo in cui vivere liberi dagli adulti, ormai dormono pochissimo, giovano, chattano, studiano, stanno in chiamata, ballano, consumano sostanze e costruiscono dipendenze. Ma occhio ai bruchi da farfalla perché alcuni cominciano a desiderare il cambiamento e chiedono aiuto, come sanno o riescono, proprio a quegli adulti che hanno accettato, forse sin troppo rassegnati, di star fuori dai loro tempi e spazi.
NOTE
[1] Malattia degenerativa del motoneurone, probabilmente una forma rara di sclerosi laterale amiotrofica.
[2] Tratto da una battuta di Julia Roberts in Pretty Woman del 1990, “Oggi gioco a Vegeto: fermo come broccoli”.
[3] Tempo di lavoro, tempo di vita. Qualche riflessione dalla storia, in Lavoro Diritti Europa.