Nuove Indicazioni 2025, una grande operazione rivoluzionaria

di Aristarco Ammazzacaffè

Il Ministro di “una rivoluzione via l’altra”

Con queste Nuove Indicazioni Nazionali siamo ormai dentro l’ennesima impresa rivoluzionaria di Valditara Ministro. A che numero siamo di rivoluzioni? La sesta? La decima? Ormai abbiamo perso il conto.
Da quella del Merito: la passione di una vita che ha abbagliato la nostra scuola con effetti che si vedono appena ti giri; al Tutor e all’ Orientatore (rivoluzioni che lo stesso Ministro aveva definito solo “grandi”, per pura modestia: lui è fatto così); alla madre di tutte le riforme (sic): quella dell’Educazione Civica che, in questo primo anno di applicazione ha già cambiato le scuole da così a colì.
Per non parlare di quest’ultima rivoluzione delle Nuove Indicazioni Nazionali (d’ora in avanti NIN, per fare prima), che, per esplicita dichiarazione, sempre del Ministro, diventerà – per non essere considerata da meno dell’Educazione Civica – la Regina delle riforme, ma ad honorem.)


Per non parlare delle uscite di dottrina pedagogica (anche queste di sapore rivoluzionario) come quella dell’Educare Umiliando o quella della Coercizione, teorizzata “per rifondare l’autorevolezza della scuola e dei suoi operatori”. (un rammarico al riguardo: peccato però che questa autorevole strategia educativa non sia stata apprezzata fino in fondo dai soliti sputa sentenze! E seguita a ruota dai Sessantottini d’antan, sempre più facinorosi)

Tutto questo – e molto di più – in soli due anni e mezzo! E siamo ancora a metà legislatura! Se va avanti così, passerà senz’altro alla Storia. E se lo merita, povero. D’altra parte, se non lui chi? Ho sentito in giro fare il nome, per tale riconoscimento, di Bussetti Marco che sarebbe meglio piazzato. Per carità: brava persona – il Bussetti – e ottimo ginnasta; senz’altro tra i pochi eccellenti al Ministero all’Istruzione in questo primo quarto di secolo. Però, dai! In confronto a Valditara…

La novità importante di questa ultima rivoluzione è che il Ministro corre in tandem nientemeno che con Loredana Perla, un Professore Ordinario (P.O.) di Didattica e Pedagogia Speciale e pubblicazioni a perdere, tipo la recente Insegnare l’Italia. Mica l’amica del giaguaro).

Va subito riconosciuto che tutto il Documento che raccoglie queste NIN è molto illuminante. Però le pagine che più colpiscono sono quelle della “Premessa Culturale Generale”, perché dà molto di più di quel tanto che basta; sia per quantità che per qualità. E fors’anche per antichità (è il punto di vista di parecchi, che qui si vuole citare per rispetto). Tanto che ad ogni pagina ti pone una sfilza di interrogativi sfidanti, tipo: Che faccio? Vado avanti? Ma a che pro? Però poi ti capitano frasi e periodi così immergenti che prima ti lasciano sospesi e poi: gaudio intellettuale a go-go, di quelli che ti spingono a dire: Ma sì…

E fiducioso vai a cercarvi le parole d’ordine o, se preferite, le indicazioni per orientare le scuole nella costruzione di curricoli che sappiano fare i conti con un mondo, già da alcuni decenni attraversato da trasformazioni profonde in tutti i campi, che non è facile raccapezzarsi facilmente. Pensate solo, per restare sulla scuola, all’apprendimento scolastico oggi che ha perso l’esclusiva ed è diventato solo una delle tante esperienze di formazione dei nostri studenti. E pensate anche alle diverse domande che investono oggi la scuola e che comprendono, tutt’insieme: apprendimento, competenze (di cittadinanza soprattutto), saper vivere al mondo, come si dice, eccetera.

Perciò, devo confessare che, dopo la lettura delle prime righe della Premessa, ho vissuto un certo disorientamento. Avvertivo, in prima lettura, ragionamenti e concetti che non c’entravano niente con le mie attese. Lo stesso titolo del primo capitolo: Persona, Scuola, Famiglia, ad essere sincero, non l’ho trovato incoraggiante. Un po’ campato in aria e anche un po’ fuori tema, come anche i suoi primi sviluppi. Però – meno male – più andavo avanti nella lettura e più, per fortuna, il disorientamento cedeva il passo a piacevolezze che non mi sarei mai aspettato (almeno a quei livelli); e perfino alla gratitudine. Tanto da dire, tra me e me: – Pensate un po’ cosa mi è toccata e che non so se me la meritavo -. In tutta sincerità, credetemi: se non l’avete letta – la Premessa, dico – non potete sapere cosa vi state perdendo! Siatene consapevoli.

La Premessa Culturale Generale in primo piano: con la Persona, al centro, che, contro ogni aspettativa, “si costituisce” e, a suo modo, “si scopre”.

Così, dopo il titolo e le frasi iniziali, ho cominciato ad avvertire come un fresco vento di primavera. Adesso, a ripensarci: non so se era proprio di primavera. Comunque, stagione a parte, inaspettata, incrocio la prima perla, pulita, senza sovrapposizioni di nessun tipo: “La Costituzione mette al centro la persona e concepisce lo Stato per l’uomo e non l’uomo per lo Stato”. Boom, E subito dopo “La persona è una realtà che si costituisce attraverso la possibilità di dire ‘io’”. Mica ‘noi’, ho pensato, che pure è bel pronome per il mondo della scuola; o anche, che so, ‘loro’. No, ‘io’ e basta così! Che coraggio! E poi quel fascinoso gioco tra stato e uomo e uomo e stato -: fascinoso e soprattutto giocoso! È qui comincio sempre di più a ricredermi rispetto alle mie attese iniziali. E quindi a pensare anche che la Perla ha avuto occhio e testa a lasciar perdere gli “scenari complessi e variegati” delle Indicazioni Nazionali del 2012 e 2018, con tutti quei riferimenti ossessivi al mondo che cambia sempre più in fretta e ad azioni formative che, udite, udite, dovevano puntare da allora in poi ad abolire addirittura – sempre nelle Indicazioni sopra citate – “le trasmissioni standardizzate e normative delle conoscenze” (con cui, tra l’altro, noi siamo cresciuti e bene, direi!).
E addirittura – sempre lei, la Perla – ha avuto quattro occhi a proporre contenuti curricolari che mettessero in discussione, negli studenti, la formazione di una coscienza solidamente costruita sulla nostra cultura patria e sulla nostra identità nazionale, che nessuno comunque può mettere in dubbio. Cultura nazionale che ci riguarda tutti – e nessuno può far finta di niente – e che è sempre comunque “una d’arme, di lingua, d’altare / di memoria di sangue e di cuor”. Almeno da quando ce l’ha comunicato Manzoni Alessandro; che non è certo l’ultimo arrivato.

(Breve parentesi per un piccolo appunto: non è vero che la nostra Costituzione mette al centro la persona. Non dicono questo, a rileggerli, né l’art. 2, né tanto meno il 3. Comunque, piccola svista rispetto al resto che ci ha regalato).

Ma, ritornando alla centralità degli assunti su ‘io” e ‘persona’, va sottolineato che quello che si tende opportunamente a chiarire subito è una cosa a cui non avevo mai pensato; e cioè “… che è a scuola che l’allievo scopre ‘la propria identità personale’”; e la scopre proprio, senza tanti sforzi tra l’altro, “nel nesso tra identità personale e identità culturale”.

– Ed è fatta! -. Così mi sono detto quasi commosso da questo exploit di pensieri, nuovi e originali tra l’altro, che si rimpallano, di parole che si rincorrono e di suoni che si sintonizzano (o di quel che volete, non ci sono problemi); che mi ha fatto dimenticare, per fortuna, bisogni e attese precedenti. I quali – fallacemente, lo riconosco – mettevano in secondo piano, anzi meglio, in ombra – l’io e la persona (vergogna!) e privilegiavano l’attenzione alle innovazioni e trasformazioni di cui, secondo le Indicazioni Nazionali precedenti, avrebbe bisogno la scuola.

Tra l’altro, io mi dico: ancora altre innovazioni e trasformazioni? Non bastano le rivoluzioni che già ci ha dato il nostro sempre più apprezzato Ministro? Sono queste mie nuove consapevolezze a scacciare quelle precedenti che, di fronte alle illuminazioni della Premessa – un vero e proprio regalo con brio – hanno subito perso di importanza e anche di senso. E così la certezza, che prima di questo boom boom non era al top, diventa solidissima appena vengo rassicurato dall’assunto successivo che mi svela la verità: È sempre nel nesso tra queste due entità dell’io (personale e culturale) che si può riconoscerela sostanza e la dignità della persona e la sua dinamicità perfettibile.” Mamma benedetta! È proprio il caso di dire.

La scuola che suscita (E “che affanna e che consola”? No? E perché?)

Non si può negare che da questi assunti se ne esce piacevolmente ammirati. Anche perché ci garantiscono una ben più solida consapevolezza del fatto che veramente in principio c’è l’io; che, proprio grazie alla sua “dinamicità perfettibile”, permette alla Scuola di “inserirsi”. Vi pare poco?

Al riguardo, è voce mai smentita che, nella Commissione ministeriale, sia emerso l’interrogativo: – E se, puta caso, la scuola non si inserisce?

Questione però che non ho ritenuto di prendere in considerazione. Fidatevi. Preferisco sottolineare piuttosto l’importanza di questa apertura – dell’io soprattutto – a istituzioni sociali importanti come la scuola e d’intorni. Le quali comunque, ovvio, non sostituiscono mai la persona (ci mancherebbe!), ma hanno semmai “(…) il compito di preparare le condizioni del suo divenire e completarsi suscitandola [la persona]”. Proprio così, pensate.

Sulla persona ovviamente non ho nulla da ridire. Qualche perplessità invece solo su quel suscitandola. E questo perché mi è venuto in mente che nel Cinque maggio 1821 (giusto?) In morte di Napoleone Bonaparte, il Manzoni non ha dubbi ad affermare che è Dio che “atterra e suscita’ eccetera. Che la Scuola – che è certamente una istituzione importante – possa adesso mettersi a suscitare la persona, può sembrare un gesto di presunzione e arroganza. Anche se io da laico non mi tirerei indietro, ma con discrezione, evitando comunque ogni qualsivoglia forma di arroganza. Non si sa mai.

Il Nuovo Patto di Alleanza. Una certezza rivoluzionaria per un Ministro da Guinness dei Primati.

Apprezzamenti convinti riguardano anche il tema della valorizzazione della Famiglia e soprattutto del suo ruolo nella Scuola. Ma quando si parla di Famiglia occorre ovviamente e subito chiarirne il modello.
Niente confusioni e sofismi al riguardo: la vera Famiglia è una sola, proprio come Dio e Patria: modelli alternativi, diversamente declinati e comunque plurimi e diversificati rispetto a quello tradizionale, non possono trovare cittadinanza nella formazione scolastica. Ci mancherebbe! E tanto più in questa nostra epoca malandata, in cui, purtroppo, le identità di genere crescono, i figli diradano e non c’è più religione. E la gente non va più in chiesa neanche la domenica. È questo il messaggio fermo anche se implicito che passa attraverso uno strumento che, già nel nome, dice tutto (e del tutto, anche di più): “Nuovo Patto di Alleanza” (sic! ) della scuola con la famiglia. (Scanditelo e poi mi dite).
Questa denominazione – nuova rispetto a quella precedente (Patto di corresponsabilità), ormai opaca e stanca – fa salire di livello (sù sù, fino ad arrivare lassù) l’importanza e la solidità di questo Patto. E permette di chiarire che la denominazione Nuovo Patto di Alleanza non è cosa che si può confinare nell’ordinarietà. Qui, è chiaro, si sta evocando Bibbia. Mica I tre Moschettieri!

In ragione di questo Patto però – giustamente scandisce la Premessa – i genitori, in quanto ‘alleati primi’, non possono più sottrarsi alle loro specifiche responsabilità; e soprattutto sfuggire all’interrogativo – profondo almeno quanto il pozzo di S, Patrizio, se l’avete mai visto – che qui è un vero e proprio allarmante richiamo: “Quanti sanno che la scuola sta cambiando pelle per venire incontro ai bisogni delle famiglie, anche dotandosi di sportelli psicopedagogici?” (testuale, nella Premessa!). Domanda chiaramente retorica che diventa però segno preoccupante di un vero e proprio – e pesante, fateci caso – cedimento valoriale (evocato esplicitamente subito dopo).

Ma voi, in tutta sincerità, visto che ci siamo dentro, sapevate di questi sportelli psicopedagogici e soprattutto che la scuola sta cambiando pelle? E proprio con tali “sportelli”?
– No?! Veramente!? Male! Molto male!
Non è forse questo – domanda – un cedimento valoriale, proprio come “Dileggiare una scuola, sporcarne le pareti, distruggerne gli arredi, offendere un insegnante…”? Tutti, tra l’altro, messi in fila in questo passaggio della Premessa. A rimarcare al riguardo che, non c’è più in giro purtroppo – a pensarci bene – una doverosa consapevolezza.

O tempora o mores! È il caso di dirlo! E diciamolo una buona volta!
Così chiudiamo. Anche se di pagine succose e divertenti ce ne sarebbero ancora a iosa.

 

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