Nuove Indicazioni 2025. Sull’inclusione, indietro tutta di almeno 40 anni

di Marisa Faloppa
Comitato per l’integrazione scolastica

Le recenti Indicazioni Nazionali del Ministero dell’Istruzione e del Merito contengono un breve capitolo sulla Scuola che sa essere inclusiva.
Sorvoliamo sul linguaggio che contrasta con le avvertenze del recente decreto legislativo sulla terminologia da usare quando si parla di disabilità (ricompare infatti il termine portatori di una qualche forma di disabilità) e ci soffermiamo invece sugli scarni riferimenti al sistema inclusivo ed alla pedagogia e alla didattica per l’integrazione.
Il testo del documento indica sinteticamente le traiettorie del lavoro teorico-pratico per l’inclusione: la personalizzazione, come cornice in cui si inseriscono le scelte educative e didattiche; l’uso delle nuove tecnologie per adattare i materiali alle esigenze degli studenti; il ricorso astrumenti come la realtà aumentata e la realtà virtuale che consentono esperienze di apprendimento immersive e interattive; l’utilizzo di tecnologie assistive basate sull’Intelligenza Artificiale chepermettono agli studenti con disabilità o con DSA di meglio partecipare alle attività educative e didattiche, garantendo pari opportunità di apprendimento.
Lasciamo da parte anche le riserve sostanziali sull’intero documento, espresse in più sedi in modo puntuale da docenti universitari, insegnanti ed esperti del settore e torniamo sui concreti riferimenti che troviamo nel breve capitolo dedicato alla scuola che sa essere inclusiva.
Dispiace che sia sfuggita ai più la scarna elencazione degli “indirizzi normativi illuminati” che, come dichiarano le Indicazioni del MIM, hanno posto le premesse per rendere gli ambienti scolastici più inclusivi: Legge 118 del 30 marzo 1971; Legge 517 del 4 agosto 1977; Legge Quadro 104 del 5 febbraio 1992 e… Sentenza della sesta Corte di Cassazione n. 478/81.
Nulla sui più recenti decreti in tema di inclusione, collegati alla legge sulla buona scuola del 2015, e questo non stupisce perchè tanti esperti e numerose associazioni ne hanno criticato i contenuti che rischiano di comprimere il diritto alla piena integrazione degli allievi con disabilità.
Nulla sulla Sentenza della Corte Costituzionale 215/87, un punto di svolta nella storia dell’integrazione scolastica in Italia che ha stabilito il diritto incondizionato e pieno alla frequenza scolastica, indipendentemente dal tipo e dal grado di disabilità e ha dato un impulso fondamentale all’adozione di leggi e provvedimenti per garantire il diritto all’istruzione degli alunni con disabilità.
E’ pertanto lecito chiedersi perchè il Ministero dell’Istruzione e del Merito, nel fare una carrellata sugli indirizzi normativi per una scuola inclusiva, citi tre leggi dello Stato ed una Sentenza della Corte di Cassazione. Premesso che le le sentenze pronunciate dalla Cassazione sono vincolate solo al caso concreto a cui si riferiscono e non hanno quindi alcuna forza di precedente, vale la pena entrare in merito ai contenuti di quella sentenza del 1981.
Si è trattato di un atto che affermava l’assenza del diritto degli allievi con disabilità grave alla frequenza nella scuola comune, argomentando che l’art. 34 della Costituzione, che sancisce il diritto all’istruzione, non precisa che debba essere soddisfatto nella stessa struttura scolastica, anche perché un inserimento indiscriminato potrebbe nuocere al buon andamento dei pubblici uffici ai sensi dell’art. 97 della Costituzione stessa. (Si rimanda al commento di Elvio Fassone in Prospettive Assistenziali, n. 56 di ottobre – dicembre 1981 “La Corte di Cassazione emargina gli handicappati”)
Non stupisce, ma indigna profondamente che il MIM richiami quella sentenza di quarant’anni fa e che la definisca un indirizzo normativo illuminato. Indigna e preoccupa perché in una scuola senza storia, senza pedagogia e senz’anima il rischio di tornare indietro è grande e concreto. E’ un rischio per tutte le nuove generazioni che meritano la nostra cura, le nostre attenzioni e le nostre proteste vibrate per superare un silenzio che ci rende complici.

Loading