Individualizzazione e personalizzazione sono due termini che possono sembrare simili oppure, addirittura, sinonimi. In realtà, le due parole racchiudono concetti molto differenti, anche se, entrambe le strategie di intervento didattico, hanno come fondamento la centralità del soggetto che apprende e le sue potenzialità.[1]
L’individualizzazione si riferisce a “quella famiglia di strategie didattiche il cui scopo è quello di garantire a tutti gli studenti il raggiungimento delle competenze fondamentali del curricolo, attraverso la diversificazione dei percorsi di insegnamento
La personalizzazione si riferisce a “quella famiglia di strategie didattiche la cui finalità è quella di assicurare ad ogni studente una propria forma di eccellenza cognitiva, attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie potenzialità intellettive”.[2]
La pedagogia Freinet sostiene l’importanza dei processi di individualizzazione a fronte di pedagogie più tradizionali che preferiscono parlare di personalizzazione. Ma qual è la differenza fra i due approcci pedagogici all’apprendimento? A volte i due termini sono usati indifferentemente, a volte se ne sostiene uno a scapito dell’altro.
Ci sono però almeno due discriminanti a favore dell’uno ma con degli accorgimenti per evitare il prevalere di un tipo di proposte univoche e due elementi che fanno dubitare dell’efficacia del secondo pur nel riconoscimento di una valenza a determinate condizioni dell’altro.
Partiamo dall’individualizzazione.
Scrive Freinet: Dato che non siamo in grado di seguire i ragazzi metodicamente e scientificamente, offrendo a ciascuno l’educazione più adatta, ci accontenteremo di preparare e di offrire loro un ambiente, un materiale e una tecnica capaci di aiutare la loro formazione, di preparare le vie sulle quali potranno lanciarsi, seguendo le loro attitudini, gusti e bisogni. [3]
Il primo elemento organizzatore è dunque il contesto, l’organizzazione della classe, in cui ognuno/a possa trovare il suo spazio di crescita.
Il secondo elemento è il rapporto con il contesto esterno, l’ambiente. Ambiente naturale, ma anche ambiente socioeconomico e culturale con la sua complessità.
Su cui esercitare osservazione, ricerca, documentazione.
Il bambino, come gli animali selvatici, non è fatto per vivere al chiuso. Il suo ambiente migliore è la natura. Noi mettiamo dunque la natura a sua disposizione. [4]
La scuola tradizionale funziona in un ambiente chiuso.[…] Al contrario, attraverso le possibile incontro alla vita. I lavori di giardinaggio, le passeggiate scolastiche, le uscite di studio o per far visita a qualcuno, individuali o collettive, s’inseriscono normalmente nel nostro percorso di lavoro. [5]
Il limite sarebbe costituito dal ritenere che le attività di elaborazione individuale delle suggestioni raccolte rimanessero a livello di impressioni dei singoli e non trovassero collocazione in un contesto collegiale in cui confrontarsi e costruire modelli interpretativi condivisi. Le elaborazioni individuali acquisiscono validazione sociale se discusse criticate e condivise. Purtroppo sembra che in diversi movimenti delle cosiddette scuole nuove o di pedagogia attiva sia data giusta importanza alla individuazione degli apprendimenti ma risulti assente o scarsamente considerato il ruolo della comunità nell’ambito di un contesto favorente ricco di stimoli e strumenti di uso comune. Fferta
Nella nostra attività di modernizzazione, punteremo tutte le carte a disposizione sull’individualizzazione dell’insegnamento. Il che non esclude affatto che ci sforziamo di ricercare e di realizzare una pedagogia che debba realizzare sotto ogni suo aspetto il comportamento individuale e sociale dei soggetti.[6]
Citando un discorso del 1965 alla Sorbona del ministro dell’educazione del Québec, Freinet ne riporta le seguenti dichiarazioni: il rinnovamento pedagogico fa riferimento all’obiettivo centrale dell’individualizzazione dell’insegnamento. Ogni alunno potrà progredire in base al ritmo che è più confacente alle sue capacità e alla op. cit- troppo incentrate sull’acquisizione delle nozioni. Il concetto di classe in quanto tale sparirà progressivamente lasciando il posto, soprattutto a livello della scuola dell’obbligo, a un’organizzazione che consenta agli alunni di progredire in base al loro ritmo personale. A condizione che il concetto di insegnamento si trasformi alla luce dei principi e dei metodi dell’educazione attiva. [7]
A questo punto che relazione c’è tra questo principio di individualizzazione e il concetto di personalizzazione introdotto più volte nelle indicazioni per i diversi ordini scolastici a seguito di una pedagogia personalistica?
La personalizzazione, se da un lato sembra aprire la strada a una possibile libertà del soggetto nello scegliere i propri percorsi, anche differenziati rispetto ai compagni, quindi una maggiore offerta culturale (Dienes, lo psicomatematico americano autore di molte proposte per un’acquisizione critica delle strutture logicomatematiche alla luce di una messa a disposizione di una multimodalità di oggetti contenenti le strutture concettuali da conquistare, diceva che la scuola dovrebbe essere una specie di self service in cui ognuno possa ‘acquistare’, secondo i suoi bisogni e desideri, le conoscenze funzionali alla sua vita.)
Ma rispetto a una tale prospettiva liberatoria delle potenzialità dei soggetti, vi è, soggiacente, un’idea di patrimonio genetico che ‘premierebbe’ chi possiede i talenti atti a consentirgli di scegliere percorsi adeguati alla propria personalità e alle proprie propensioni. E qui si pare il campo a una pedagogia discriminatoria e selettiva. Secondo Freinet il compito dell’insegnante è di mettere a disposizione dei ragazzi una gamma di strumemti e tecniche che consentano di acquisire le competenze per la vita: tutti, secondo adeguate progressioni e una differenziazione di richieste e stimoli.
Perché questo sia possibile bisogna che negli insegnanti sia profondamente radicata l’attenzione e la sensibilità alle diversità negli alunni: non solo agli emergenti e possibili ‘eccellenti’.
L’‘individualizzazione’ per realizzarsi richiede strategie didattiche che aiutano tutti gli studenti a raggiungere le competenze fondamentali del curricolo attraverso una diversificazione dei percorsi di insegnamento. Per ‘personalizzazione’, invece, si intendono quelle strategie didattiche che sono finalizzate a garantire a ogni studente una propria forma di eccellenza, e che gli danno la possibilità di coltivare al meglio le proprie potenzialità. Nell’individualizzazione gli obiettivi sono gli stessi, ma si raggiungono in modi diversi, nella personalizzazione gli obiettivi possono essere diversi da persona a persona. Si tratta, probabilmente, di due approcci che vanno perseguiti contemporaneamente. Di sicuro, sia la ‘individualizzazione’ che la ‘personalizzazione’ aiutano una scuola a non essere indifferente.[8]
I fenomeni di aggressività e di bullismo, che sembrano divenuti il problema più preoccupanti per la scuola, si fondano spesso sull’incapacità degli adulti di riconoscere e di apprezzare le differenze individuali.[9]
E di intervenire con proposte differenziate in contesti di comunicazione e scambio che consentano di esercitare le singole differenze a vantaggio della comunità di pratiche.
- Baldacci M. (2008), Una scuola a misura d’alunno, Utet ↑
- op. cit. ↑
- Freinet C. (2022), La scuola “moderna”(trad. Bottero E.), Asterios, Trieste, pag. 26 ↑
- op. cit. pag. 34 – ↑
- op. cit. pag. 109 ↑
- Freinet C. (2002), a cura di Eynard R., La scuola del fare, Junior, Bergamo, pag. 261 ↑
- op. cit. pag. 261 ↑
- Uguale, a scuola, non è indifferente…di Daniele Fedeli e Davide Zoletto in https://multiverso ↑
- op. cit. ↑