di Mario Maviglia
L’intervento di Stefano Stefanel e Aluisi Tosolini (La disintermediazione tra istituzioni come schiaffo all’autonomia scolastica), pubblicato in queste pagine il 24 maggio 2025, mi ha sollecitato ad esprimere a mia volta alcune osservazioni. Il ministro Valditara comincia a prendere gusto a maltrattare l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Ci aveva già provato con la non necessaria nota sui compiti a casa (rivolta ai dirigenti scolastici perché se ne facessero latori presso i docenti); adesso alza il tiro inviando direttamente ai genitori (utilizzando il registro elettronico delle scuole) una nota per informarli che sono stati stanziati specifici fondi per “finanziare attività ricreative, di potenziamento delle competenze, di socialità per il periodo di sospensione estiva delle lezioni (c.d. “Piano estate”)”. La nota si conclude invitando i genitori a “rivolgersi all’istituzione scolastica presso cui sono iscritti i propri figli per poter accedere al programma “Piano estate””
Ovviamente il ministro è libero di interloquire con chicchessia nell’ambito delle sue attività istituzionali. Ma proprio perché si tratta di “attività istituzionali” di solito i responsabili politici e amministrativi degli uffici apicali seguono un codice non necessariamente scritto, ma abbastanza rispettato (almeno fino a questo momento), che trova il suo principio cardine nella “cortesia istituzionale”, ossia nell’informare preventivamente o contestualmente il responsabile della struttura cui è indirizzata l’informazione (nel nostro caso il dirigente scolastico) del contenuto della comunicazione stessa. In questo caso il ministro ha scelto di rivolgersi direttamente ai genitori, scavalcando i dirigenti scolastici. Il ministro poteva far pervenire la medesima comunicazione ai genitori attraverso il sito del MIM, magari amplificando la diffusione attraverso i canali social, come peraltro è uso fare. E invece ha deciso di utilizzare il registro elettronico, ossia uno strumento interno alla scuola, pagato dalla scuola, usato istituzionalmente (anche) per curare i rapporti tra scuola (quella specifica scuola) e le famiglie.
Ognuno, ovviamente, può interpretare questo gesto nel modo che ritiene più opportuno. Personalmente mi trovo d’accordo con Stefanel e Tosolini quando affermano che si tratta di una “disintermediazione ministeriale per raggiungere le famiglie e l’opinione pubblica senza che le scuole possano dire nulla”. Si coglie, in questo atteggiamento del ministro, un profondo disprezzo verso i riottosi dirigenti e docenti che non hanno fatto quanto dovevano o potevano per far decollare il “Piano estate” e allora i genitori vengono utilizzati come clava per fare pressioni sul personale della scuola perché si adegui e realizzi i desiderata del ministro.
Ma a riflettere bene, queste escursioni del ministro perseguono anche un altro scopo, molto più sottile, configurandosi di fatto come veri e propri mezzi di distrazione di massa. Infatti in questo modo l’attenzione dell’opinione pubblica e del mondo della scuola viene dirottata su aspetti che non riguardano problemi ben più importanti di politica scolastica. Ne citiamo solo alcuni, a titolo puramente esemplificativo, che danno l’idea di quanto lavoro serio potrebbe svolgere il ministro invece che occuparsi di questioni di contorno:
- La spesa per l’istruzione in Italia è del 4,1% rispetto al PIL. La media UE è del 4,7%. Considerato che un punto percentuale del PIL italiano corrisponde approssimativamente a 22 miliardi di euro, ciò vuol dire che l’Italia spende circa 13,2 miliardi di euro in meno per l’istruzione ogni anno. Non si ha notizia di misure portate avanti del ministro per sanare questa situazione.
- Gli stipendi dei docenti italiani rimangono ancora molto lontani da quelli dei loro colleghi dell’area Ocse. L’indagine Ocse Talis 2024 mette in luce come se all’inizio di carriera la differenza tra l’Italia e gli altri Paesi è minima, a fine carriera il gap diventa significativo e ingiustificabile. Infatti, mentre i docenti italiani di scuola secondaria di secondo grado percepiscono in media circa 40.000 euro annui, a conclusione della carriera, in Spagna i docenti arrivano a 48.876 euro, in Portogallo a 55.497 euro, in Austria a 60.947 euro, e ancor più distanziati risultano gli stipendi dei docenti della Germania e dei Paesi del Nord, dove si arriva fino a 100.000 euro. Risultati simili sono riportati anche nel rapporto Ocse Education at a Glance 2024, da cui risulta che l’Italia è ultima nell’area Ocse per quanto riguarda gli stipendi degli insegnanti. Il ministro potrebbe finalizzare il suo attivismo per colmare, o almeno attenuare, queste differenze stipendiali, ma non sembra che ciò rientri nelle sue priorità. Più facile “incentivare” i docenti conferendo loro il titolo di Maestri con la lettera maiuscola. Costa sicuramente meno.
- Infine, la formazione iniziale dei docenti e le forme di reclutamento sono quanto di più cervellotico si possa immaginare con la girandola di CFU da conseguire per l’abilitazione all’insegnamento e l’immissione in ruolo.
Beninteso, questi problemi non sono sorti con la gestione Valditara, ma si trascinano ormai da anni. Proprio per questo motivo ci si aspetterebbe che un ministro così voglioso di lasciare il segno nella politica scolastica si dedicasse di più alla soluzione di questi problemi invece che indugiare in minutaglie amministrative, peraltro in maniera maldestra.
I dirigenti scolastici e i docenti dovranno presidiare i vari ambiti dell’autonomia perché vi è il fondato rischio che si tenti di svuotarli dall’interno con questi interventi che mirano a depotenziare le prerogative delle scuole autonome. Le norme che istituiscono e regolano l’autonomia scolastica sono tuttora in vigore. Qualcuno lo dica al ministro, ma le scuole lo ricordino a loro stesse se non vogliono essere scippate.