di Cinzia Mion
Il recentissimo fatto di cronaca in cui una ragazzina di 14 anni, Martina, ha perso la vita per mano di un diciannovenne che non ha sopportato la “frustrazione” di essere stato “abbandonato”, non sopportando la fine di una relazione amorosa, riaccende i riflettori sul problema dei femminicidi sempre più tra giovanissimi.
Non è facile trovare un po’ di silenzio interiore per analizzare il fenomeno perché siamo rimasti tutti sconvolti. Eppure io avverto la necessità impellente di metter qualcosa nero su bianco.
Non intendo con queste mie parole sminuire il peso del fenomeno del “patriarcato”, cancellato a livello giuridico ma la cui portata con tutta evidenza rimane incarnata profondamente nella cultura antropologica italiana, fino a determinare ancora i suoi influssi, difficilmente estirpabili con il “rispetto delle regole”.
Intendo fare riferimento alla giovane età dei protagonisti.
La mente corre immediatamente alla modalità genitorialità odierna di crescere i propri figli.
PREMESSA
Sarò sintetica: un tempo, famiglia e scuola convergevano sulle medesime modalità di educare i figli : obbedienza, rispetto (degli adulti e delle regole), impegno, fatica, rinuncia, ecc.
Oggi, i cambiamenti della società e dell’ atteggiamento nei confronti dell’infanzia ovviamente hanno trasformato la genitorialità, fino a snaturarla. Intendo dire che spesso incontriamo genitori che delegittimano l’aspetto “asimmetrico” della genitorialità, indispensabile per poter fare da supporto alla crescita dei figli.
Ricordiamo che la prima componente della genitorialità deve essere “l’adultità” (essere autonomi) e Massimo Ammaniti parla oggi invece di genitori “adultescenti”.
La genitorialità poi si dovrebbe reggere su due pilastri: prendersi “cura” e fare da “guida”.
Teniamo anche in considerazione ciò che afferma Pietropolli Charmet: nella culla oggi viene depositato Narciso, il cucciolo d’oro su cui maturano aspettative grandiose, e non più Edipo, bambino pulsionale che ha bisogno di regole.
Diamo allora uno sguardo a ciò che avviene oggi il più delle volte all’interno della famiglia. Il fenomeno della denatalità, insieme all’aspetto che la genitorialità ha assunto spesso una dimensione molto più affettiva che normativa, hanno comportato che, attraverso il fenomeno dell’IPERPROTEZIONE, si cerca :
– di far felici i figli;
– di soddisfare tute le richieste fino ad anticipare i desideri (tutto subito anzi prima!)
– di evitare le frustrazioni;
– di spianare gli ostacoli,
– di trattenere sul principio del “piacere” invece di agevolare il passaggio a quello di “realtà”(Freud).
Tutto ciò porta spessissimo alla difficoltà ad assumere il “NO”, rispetto al pilastro educativo della “guida”.
Nella fase allora dell’opposizione (versoi 12-18) quando il bambino non vuol cedere l’onnipotenza che lo contraddistingueva fin dalla nascita e non vuole “satellizzarsi”, anzi vuol essere lui a manipolare l’adulto, il genitore temendo di perdere il suo affetto (un tempo succedeva l’inverso, come dice Recalcati!) inaugura un permissivismo di cui diventerà schiavo, nella paura incredibile dei capricci di un essere di cui ha la responsabilità dell’educazione!
Dovrebbe capire, e magari qualcuno dovrebbe spiegarglielo, che quando è evidente che dovrebbe dire “NO”e non accontentare le pretese del bambino, lo deve fare con una grande solidità e tranquillità, senza timore di entrare in conflitto con il bambino, in modo che questi avverta “l’autorevolezza” insieme “all’amorevolezza”perché lo state facendo per il suo bene.
LE INDICAZIONI
Le indicazioni del 2012, nella premessa dedicata alla scuola dell’Infanzia, a proposito delle famiglie, recitavano: “Il primo incontro con la scuola, nonché l’esperienza scolastica dei figli, aiutano i genitori a prendere più chiaramente coscienza della responsabilità educativa che è loro affidata. Essi sono stimolati a partecipare a un dialogo intorno alle “finalità” della scuola e agli orientamenti educativi, per rendere FORTI i bambini ed attrezzarli per un futuro che non è facile da prevedere e decifrare.” Forti ovviamente nel senso di “resilienti”.
Le Indicazioni del 2025 non accennano a questo e, per tornare al problema iniziale, rispetto al paragrafo “Scuola che educa alle relazioni”, caricano la scuola della responsabilità di “sviluppare sani anticorpi di contrasto di quella ‘triste patologia che è la violenza di genere’”, salvanguardando la FAMIGLIA che non viene sfiorata da responsabilità pregresse rispetto al fenomeno che stiamo affrontando.
CONCLUSIONI
Io credo che sia ormai chiarissimo dove voglio andare a parare.
Aggiungo soltanto che i giovani oggi oltre a non essere educati a rielaborare le frustrazioni, a saper rinunciare (si tratti di una rinuncia ad un bene materiale per il BENE COMUNE, o a una rinuncia ad un sogno che si scontra con la “realtà”) vanno osservati attraverso un altro preoccupante fenomeno. Credo infatti che dovremo anche allargare lo sguardo. Allargare lo sguardo per affrontare il fenomeno della violenza non solo di genere ma anche quella che sta contrassegnando i tempi attuali, resi terribili dalla facilità con cui dall’aggressività si è passati appunto ad una violenza micidiale, oltrepassando i LIMITI, senza esitazioni o ripensamenti, anzi portando appresso coltelli pronti all’uso.
Dobbiamo fermarci tutti, interrompendo la frenesia del vivere, e riflettere sul fatto che se è saltata l’ETICA del LIMITE sono saltati anche i FRENI INIBITORI che tradizionalmente l’educazione morale familiare (differenza tra giusto e sbagliato), quella religiosa poi (differenza tra bene e male) costruivano più o meno solidamente dentro alla cosiddetta “coscienza”. L’importante è però che le PREDICHE corrispondano alle PRATICHE . Altrimenti ciò che impareranno a reiterare i figli non saranno i dettati morali ma gli esempi ipocriti.
Dovrebbe suonare un forte allarme che altrettanto ipocritamente dobbiamo smettere di far finta di non sentire… noi adulti dobbiamo autointerrogarci tutti, dalla POLITICA politicante e guerrafondaia del mondo intero e di casa nostra, alla SOCIETA’ diventata comunità diseducante, ai MEDIA e al loro uso, alla SCUOLA e alla FAMIGLIA,ecc.
Rispetto alla famiglia mi sento di aggiungere ai governanti : invece di spendere energie per paura dello spauracchio del “gender”, toglietela da quel piedistallo su cui arbitrariamente l’avete di recente collocata e invece ri-orientatela avviando un sostegno alla genitorialità, serio e rivolto a tutti.