Inclusione, un augurio per il 2025: che sia l’anno della cattedra inclusiva

di Cinzia Mion

E’ tornato di grande attualità oggi il tema dell’inclusività della scuola collegato alla formazione di “tutti” i docenti, fino all’ipotesi della cosiddetta “cattedra inclusiva”, che tante polemiche sta suscitando. Molto importante e chiarificatore appare l’individuazione da parte dell’INVALSI degli indicatori di “inclusione” della scuola: condivisione, spinte al cambiamento, senso di appartenenza ad una comunità inclusiva fondata sul sostegno reciproco, sulla solidarietà e il sentire comune.
Proviamo ad addentrarci nella tematica.

Un manifesto della scuola inclusiva non può non partire dall’articolo 3 della Costituzione che, come tutti sanno, parla di uguaglianza…
Compito della scuola, Istituzione della Repubblica, è quello di rimuovere l’ignoranza che impedisce ai suoi cittadini la completa realizzazione e partecipazione in un Paese democratico. Questo è riferito ai soggetti che frequentano la scuola, ovviamente appare speculare l’impegno dei docenti. O meglio dovrebbe apparire!

Il contesto

Il contesto su cui ci troviamo a condurre delle riflessioni sulla scuola inclusiva ha delle caratteristiche particolari che vanno esplicitate. Descrivere il contesto significa non soltanto far riferimento semplicemente al territorio di appartenenza, sia pur indispensabile. Significa in modo più pregnante focalizzare il contesto socioculturale che può avere attinenza con l’operazione di includere o escludere. Significa allora fare un’analisi seria sui messaggi di intolleranza, di ideologica esclusione, per non dire di razzismo, che hanno attraversato e continuano ad attraversare la nostra società negli ultimi tempi, con grande preoccupazione per il livello di inciviltà raggiunto, nella più completa impudicizia degli acclamanti o nella indifferenza della massa. Una specie di “bullismo sociale” spesso gravemente agito da figure istituzionali. I bambini e i ragazzi ci guardano ed imparano.

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Signor Ministro, ahi ahi, lei mi è caduto sull'educazione civica

di Cinzia Mion Ahi, ahi signor Ministro, lei mi è caduto… sull’Educazione civica laddove auspica il consolidamento della comune “identità Italiana”. Avrei voluto definirla “perla” ma chiamiamola con una definizione corretta e non distopica: si tratta di una vera e propria “gaffe”. Non mi dirà infatti signor Ministro che Lei non conosce il famoso saggio degli anni 50 di un sociologo inglese Edward Banfield, dal titolo “THE MORAL BASIS OF A BACKWARD“, tradotto in italiano dal Mulino nel 1976 con il titolo “Le basi morali di una società arretrata”. Non mi dirà che non ha mai sentito parlare di “familismo amorale”, speciale malattia degli italiani che privilegiano il proprio tornaconto personale e della propria famiglia al posto di quello della collettività. Non a caso siamo stati infatti noi italiani ad esportare la famigerata “famiglia mafiosa”. Non mi dirà che non è a conoscenza che questo familismo è ormai iscritto nel DNA degli italiani per cui se desideriamo fare in modo che gli alunni vengano educati, attraverso l’educazione civica, prima di tutto alla concettualizzazione del BENE COMUNE (v. COSTITUZIONE) e successivamente ad imparare tutti a rinunciare a qualcosa per co-costruirlo, bisogna innanzi tutto decondizionare la società italiana da questo “riflesso incarnato profondamente”. Parlo della società per cui prima ancora di rendere consapevoli i ragazzi bisognerebbe rieducare i loro genitori. Continua a leggere

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L'etica del limite

di Cinzia Mion Sto pensando ai molti interrogativi che suscitano in questi giorni certi comportamenti violenti di adolescenti, o giovani in genere, che mettono in crisi gli adulti e la scuola. All’ interno della fenomenologia dell’adattamento sociale, preso atto di quella che qualcuno oggi chiama giustamente “emergenza educativa” compare grande come una casa il problema dell’incapacità dei genitori ad assumere il “no” che sta alla base delle regole ed appunto alla radice dell’etica del limite. Sembra quasi una banalità ma teniamo presente che, contrariamente ad un passato recente, quando erano i bambini a temere di non essere amati abbastanza dai genitori, oggi sono i genitori ad avere questa paura. Ricordiamoci poi, come ricorda Pietropolli Charmet, che oggi nella culla non viene più depositato “edipo”, bambino pulsionale, bisognoso di regole, ma viene depositato “narciso”: il cucciolo d’oro, su cui cresceranno ben presto aspettative grandiose (da ciò l’eccessiva enfasi sulle prestazioni dei figli: scolastiche, sportive, artistiche, ecc) che farà perdere il controllo ad alcuni genitori “adolescenziali a loro volta” – in fondo incapaci di contenere la rabbia violenta, scaturente dalla frustrazione- che stanno aggredendo i docenti. Genitori che probabilmente, quando il loro figlio è arrivato alla fase “dell’opposizione”, da collocarsi sempre più precocemente verso l’anno di vita che non verso i due, descritta come “bisogno di potere o affermazione di sè”, non è in grado di sopportare e “contenere” i capricci e le pretese del bambino, senza andare in tilt e senza paura di entrare in conflitto con un bambino alto un soldo di cacio. Qualcuno dovrebbe insegnare loro (ecco la necessità del sostegno alla genitorialità) che devono mantenersi tranquilli, “solidamente” dentro al loro ruolo educativo, mantenendo la posizione assunta del “no” senza urlare ed andare in pezzi, resistendo ai tentativi manipolatori del proprio figlio. Continua a leggere

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L'educazione civica (o "cinica") a cui pensa il ministro Valditara

Composizione geometrica di Gabriella Romano[/caption] di Cinzia Mion E pensare che c’è stato un tempo della mia gioventù professionale in cui ho creduto fortemente che fosse possibile “cambiare “ il mondo in senso migliorativo, attraverso la Politica, la Democrazia, l’applicazione della partecipazione democratica a Scuola attraverso un’ Educazione cooperativa e sensibile all’attenzione per tutti, in grado veramente di realizzare quello che oggi definiamo il BENE COMUNE. Ricordo anche che più avanti, diventata direttrice didattica, trovandomi tra i fondatori dell’ ANDIS ( Associazione nazionale dirigenti scolastici) ho steso la traccia del Codice Etico della stessa associazione. Rammento di quanto abbia insistito in questo codice, ancora sopravvissuto ai giorni nostri, nel porre attenzione al rischio che l’impegno etico dei dirigenti non si traducesse nelle semplice “correttezza” dovuta all’appartenere alle figure dirigenziali del settore pubblico, dimenticando che “per dettato esplicito della legge, invece, l’Istituzione Scuola deve formare le giovani generazioni alla “cittadinanza e all’etica pubblica”. Credo allora che questa ultima espressione vada esplicitata meglio. In questo momento storico si fa un gran parlare, nuovamente, di affidare alla scuola l’educazione civica anche da parte del nuovo governo, attraverso il ministro Valditara. Non credo assolutamente che così come è stata configurata finora l’educazione civica, disciplina di 33 ore annue, con verifiche e voti conseguenti, possa risanare il Paese attraverso ‘i ragazzi’. Noi pensiamo che formare alla cittadinanza voglia dire invece diffondere quell’etica pubblica, e non solo una morale privata, che risulti fondata sui valori condivisi e costituzionali, laici e pluralisti. La difficoltà in Italia a diffondere questi valori ha radici lontane. Vediamo però ora che cosa si intende per “etica pubblica”. Continua a leggere

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L'empatia perduta

di Cinzia Mion I recenti fatti di cronaca ci portano a fare delle considerazioni desolanti e insieme molto dolorose, indotte da moti di orrore e direi quasi di ripugnanza. La soggiacente formazione pedagogica però mi porta a cercare di piegare tali emozioni all’interno di una riflessione tesa alla ricerca di un riscatto o almeno ad una svolta educativa correttiva. Non posso darmi per vinta. Non posso… Tra le derive sociali più preoccupanti da tempo noi persone di scuola segnaliamo l’INDIFFERENZA intesa come NON-CURANZA che sta crescendo in modo preoccupante. Il filosofo lituano di origine ebraica Levinàs trent’anni fa affermava che il “volto dell’altro mi interpella”, volto dell’uomo sofferente e morente, e dove “l’interpellare” aveva un significato profondo e quasi viscerale di richiamarci alla nostra umanità… Beh oggi il volto dell’altro non solo non ci interpella più con questo significato ma stiamo purtroppo spesso verificando che invece di sollevarci pietà, lascia via libera non alla semplice indifferenza ma addirittura al “sadismo”, alla “crudeltà”, e addirittura alla “perversione”. Da troppo tempo stiamo assistendo al fenomeno delle baby gang, formate da preadolescenti carichi di rabbia, ma ora ciò che è successo a Pescara da parte di due sedicenni, nei confronti di un altro sedicenne, ha superato di gran lunga i limiti. Non possiamo tutti noi adulti non auto-interrogarci: famiglia e scuola. Continua a leggere

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Come fronteggiare le insidie della I.A.

di Cinzia Mion Progettazione a ritroso e comprensione profonda Nel panorama delle offerte che si incontrano, nelle pubblicazioni specialistiche, di esempi di progettazione di competenze, spicca per originalità la cosiddetta “progettazione a ritroso”. Quando ho scoperto Wiggins e i suoi testi a dire il vero sono rimasta molto affascinata. Mi sono detta: ”Ecco l’uovo di Colombo”. Finalmente gli insegnanti finiranno di sperare che le competenze possano scaturire come per magia alla fine del percorso tradizionale delle conoscenze come da programma. Si tratta in parole povere di rendersi conto che le “competenze” non possono scaturire dalla programmazione lineare delle conoscenze e dall’applicazione pedissequa del libro di testo. Bisogna progettarle prima. Ora invece posso affermare che questo tipo di progettazione, che pone il suo focus sulla competenza “profonda e duratura”, è l’unica che è in grado, ovviamente fino ad oggi, di poter essere considerata adatta a fronteggiare le insidie della Intelligenza Artificiale. Con il mio contributo non intendo demonizzare tale dispositivo e tanto meno analizzarlo perché non ne ho le competenze. Continua a leggere

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Cara Giorgia, le scrivo (e le spiego qualcosa sulla "teoria gender")

Composizione geometrica di Gabriella Romano[/caption] di Cinzia Mion LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, alias GIORGIA. Da tempo volevo scriverLe, Onorevole Presidente, ma ora penso che sia arrivato il momento in cui non posso veramente più stare zitta. Anche perché non mi si addice! La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la Sua dichiarazione “urlata” al congresso organizzato a Madrid recentemente da Vox, alla presenza di tutti i rappresentanti della destra estrema, prossimi al voto europeo. Dichiarazione da Lei urlata in spagnolo (chissà perché quando deve parlare spagnolo Le scappa sempre di urlare…forse ha interpretato “vox” in questo modo?) in cui dichiara, tra le altre boutade ad effetto, anche che, in osservanza delle radici cristiane, Lei non accetterà mai che nelle scuole si parli della “teoria gender”. Ora mettiamo le cose in chiaro, carissima Presidente, non si faccia cogliere “in castagna” pure lei come gli altri “gaffeurs” del suo governo che in genere, a dire il vero, si stanno dimostrando spesso piuttosto claudicanti, rispetto alla competenza culturale ma anche politico-amministrativa che sarebbe giustamente loro richiesta. Dia l’esempio Lei, Presidente, e prima di aprire bocca si informi bene, come si conviene alla leader del Governo, i cui membri in teoria dovrebbero amministrare la “cosa pubblica” verso il BENE COMUNE e non verso la ricerca di facile consenso popolare, come sta invece accadendo nel caso di specie. Continua a leggere

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Revisione Indicazioni Nazionali: l'assalto alla diligenza di Galli Della Loggia & C.

di Cinzia Mion Operatori scolastici vi prego : state tutti con le orecchie alzate! Sono una vecchia dirigente scolastica in pensione e mi permetto di allarmarvi. Il  Ministro Valditara e il suo entourage stanno per sferrare un attacco alle “Indicazioni nazionali per il curricolo per la scuola dell’infanzia e del il primo ciclo”, testo che ha visto la sua prima stesura nel 2007, con il Ministro Fioroni. Presidente della commissione che allora ha steso la prima versione del documento è stato Mauro Ceruti, allievo del grande Edgar Morin,  ancora prolifico nonostante la veneranda età. Alla presentazione ufficiale  delle Indicazioni era stato invitato anche Morin stesso ed io mi sono “fiondata” a Roma, a quel tempo potevo permettermelo(!), per ascoltare e vedere da vicino il grande saggio di cui avevo letto uno scritto all’interno di una  raccolta di altre dissertazioni dal titolo “La sfida della complessità” (1985) a cura appunto di Bocchi e Ceruti, che mi aveva affascinato! Era presente tutto il Gotha (compreso Cerini) della scuola e non solo. Continua a leggere

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Valutazione formativa, questa sconosciuta

di Cinzia Mion  Recentemente è stata ripresa con enfasi la discussione intorno alla tematica della valutazione scolastica. Infatti ultimamente il Ministro Valditara ha fatto approvare un emendamento che sta modificando profondamente il “senso” dell’Ordinanza n° 172, datata 4-12-2020, riguardante le Linee Guida per l’applicazione della L. n. 41/2020 che prevedevano alla scuola primaria, e ancora prevedono finché non ne verranno varate di nuove, l’introduzione dei LIVELLI al posto dei voti numerici. I livelli sono stati modificati con questo intervento in “giudizi sintetici”. Il giudizio “insufficiente” ha soppiantato il raffinato” in via di prima acquisizione”. Tale operazione ha rievocato dei giudizi chiaramente non solo “sommativi”, perché sommativi erano anche quelli descrittivi, ma i giudizi cosiddetti “sintetici” sono tali per cui non possono non riattivare nella mente dei docenti, ma anche dei genitori, i voti numerici la cui abolizione nel 2020 si era configurata come la vittoria di “un” primo traguardo. Continua a leggere

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Ma esiste ancora la laicità della scuola?

di Cinzia Mion Il testo che segue non è recente, anzi è datato. L’aspetto sconvolgente però è che è ancora di estrema attualità. Non ho cambiato una virgola. Potrebbe essere stato scritto stamattina dopo i fatti di Pioltello o di Altavilla (messa pasquale in orario scolastico) in cui ancora una volta è sotto assedio un dirigente scolastico che cerca solo di far rispettare la Legge.       Diceva Guido Calogero, in tempi non sospetti, e precisamente nel 1955, che la fondamentale legittimità della difesa della laicità della scuola consiste nel fatto che un’educazione condotta, comunque, in base a certi orientamenti dottrinali presupposti come indiscussi, o discussi in maniera insufficiente, crea uomini moralmente e civicamente meno solidi di un’educazione la quale non presupponga alcun tabù ed alleni continuamente i giovani all’attenta e rispettosa discussione di qualunque idea e fede, propria ed altrui. D’altro, canto aggiunge sempre Calogero, il laicismo (parola che non ha un’accezione dispregiativa come si vuol far credere ultimamente) consiste nel fatto di non accettare mai, in nessun caso, l’organizzazione e l’esercizio di strumenti di pressione religiosa o politica o sociale o morale o economica o finanziaria al fine della diffusione di certe idee, e di procurare invece, sempre più, l’equilibrio della loro possibilità di dialogo individuale (G.Calogero “Che cosa vuol dire scuola laica?,in “Mondo”, dicembre 1955). Calogero, noto come il filosofo del dialogo, fondatore con Aldo Capitini del movimento liberal-socialista è stato tra i protagonisti della cultura laica nel dopoguerra. Norberto Bobbio lo ha ricordato poco tempo prima di morire come suo maestro su la “Stampa” (21 dicembre 2001). Oggi il laico, che voglia intraprendere tale dialogo con le gerarchie ecclesiastiche, si accorge subito che non è possibile perché queste si professano attualmente i custodi dell’ortodossia della ragione non solo filosofica, come è stato per secoli, ma anche della ragione scientifica, cioè della ragione applicata alle scienze naturali. Scrive Gustavo Zagrebelsky, a tal proposito, che il dialogo tra la Chiesa e un non cattolico è impossibile perché quest’ultimo interlocutore, per le gerarchie, è “uno che, in moralità e razionalità, vale poco o niente; è uno che le circostanze inducono a tollerare, ma di cui si farebbe volentieri a meno” (da Repubblica 10 gennaio 2007: G.Zagrebelsky , Cosa pensa la Chiesa quando parla di dialogo?) Continua a leggere

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