Metodologie innovative nella scuola primaria: applicazioni e criticità

Light Bulb Ideas Creative Diagram Concept

di Monica Piolanti

A mio giudizio, la didattica che si pratica oggi nelle scuole primarie italiane è un tentativo, spesso coronato da successo e animato da grande impegno, di integrare armonicamente il meglio della tradizione con le più recenti spinte innovative.

Non assistiamo più a un modello rigidamente frontale e unidirezionale come unica forma di insegnamento. Al contrario, si osserva una crescente e diffusa consapevolezza dell’importanza di metodologie attive che coinvolgano gli studenti in prima persona nel processo di apprendimento, trasformandoli da spettatori passivi a protagonisti attivi e costruttori del proprio sapere. Tra queste, emergono con particolare rilevanza gli Episodi di Apprendimento Situato (EAS), promossi dal Professor Pier Cesare Rivoltella. Gli EAS, come suggerisce il nome, sono piccole esperienze di apprendimento significative, che guidano gli alunni verso la realizzazione di “artefatti” (materiali) digitali, favorendo un’appropriazione personale e profonda dei contenuti. Questa metodologia si articola in tre fasi distinte: la fase preparatoria, dove l’insegnante definisce il quadro concettuale e assegna un compito, stimolando la curiosità con strumenti multimediali ; la fase operatoria, in cui gli studenti, individualmente o in gruppo, producono l’artefatto multimediale, mettendo in pratica le conoscenze acquisite ; e la fase ristrutturativa, conclusiva, con il debriefing guidato dall’insegnante e la proposta di una “lezione capovolta” (flipped lesson), che ricapitola i concetti chiave e offre spunti per ulteriori approfondimenti. Il ruolo del docente negli EAS è quello di mediatore didattico, facilitatore e guida, indicando il perimetro dell’azione educativa entro cui l’alunno sperimenta l’apprendimento in autonomia.

Nel mio pensiero, questa metodologia incarna pienamente i principi dell’attivismo pedagogico, del mobile learning e del microlearning, trovando riferimenti in autori come Norbert Pacler, Celestin Freinet con la sua “scuola del fare” e la “lezione a posteriori”, Maria Montessori, John Dewey con il suo “learning by doing”, Jerome Bruner e le sue “fasi di sviluppo dell’apprendimento” e il concetto di scoperta, Howard Gardner e la teoria delle intelligenze multiple, e Don Milani con l’esperienza della scuola di Barbiana e il motto “I-care”.

Gli EAS, in particolare, si pongono all’incrocio tra la ricerca-azione, la didattica per concetti (come quella del gruppo Damiano) e la didattica per problemi (di Italo Fiorin), privilegiando l’uso delle moderne tecnologie e una valutazione continua e formativa, che accompagna ogni fase del processo. Accanto agli EAS, la Lezione Segmentata (Chunked Lesson) offre un’altra prospettiva innovativa e di grande efficacia, supportata da evidenze neuroscientifiche.
Nata dagli studi che hanno evidenziato il calo drastico dell’attenzione degli studenti in una lezione frontale tradizionale, questa metodologia propone una riduzione del flusso di informazioni in blocchi significativi. La lezione viene frazionata in parti brevi e ritmate, alternando momenti di spiegazione diretta del docente con attività operative degli studenti e successivi feedback. Essa si compone di quattro momenti chiave: la verifica delle preconoscenze, per attivare il sapere pregresso; una breve lezione frontale mirata, per introdurre nuovi concetti; attività operative (individuali o di gruppo), per mettere in pratica e confrontarsi; e, infine, la restituzione collettiva con confronto e chiarimento delle lacune.
A mio parere, questa frammentazione non è affatto una semplificazione del sapere, ma una strategia intelligente per ottimizzare l’attenzione e l’apprendimento, rendendo la lezione più interattiva, partecipata e adattabile alle diverse esigenze degli alunni, inclusi quelli con disturbi dell’apprendimento. In questo panorama vivace di metodologie attive, ritengo sia fondamentale includere anche l’approccio del “Problem Posing” di Paulo Freire recentemente rivisitato da Cinzia Mion.
Questa prospettiva didattica, che si focalizza sulla formulazione di problemi da parte degli studenti stessi, rappresenta un’ulteriore e stimolante evoluzione della didattica per problemi. Il “posing” non si limita a chiedere agli alunni di risolvere un problema già dato, ma li invita a costruire attivamente il quesito, a identificare le incertezze, a formulare ipotesi e a delineare percorsi di indagine.
A mio avviso, questo processo stimola in modo eccezionale il pensiero critico, la creatività e la capacità di analisi autonoma, trasformando lo studente da mero risolutore a vero e proprio ideatore e costruttore del percorso di conoscenza.
Il “posing” si allinea perfettamente con l’idea di una didattica che promuove l’autonomia e la proattività, ponendo l’alunno al centro non solo della soluzione, ma della genesi stessa del problema, un’abilità cruciale nel mondo complesso e in continua evoluzione in cui viviamo. A queste metodologie, si affiancano le preziose riflessioni della professoressa Lucia Balduzzi sulle didattiche attive, che enfatizzano ulteriormente l’importanza di un coinvolgimento diretto e significativo degli studenti nel processo di costruzione del sapere, superando la passività dell’apprendimento meramente trasmissivo e aprendo le porte a un’esperienza educativa più ricca e profonda. Un’altra esperienza che merita di essere citata in questo contesto di rinnovamento didattico è quella della “Scuola senza zaino“. Questo modello, che va oltre la semplice eliminazione del peso fisico dello zaino, propone una vera e propria rivoluzione pedagogica e organizzativa. L’idea centrale è quella di un ambiente di apprendimento più accogliente e stimolante, dove gli spazi sono ripensati per favorire la collaborazione, l’autonomia e la personalizzazione dei percorsi. Nelle classi “senza zaino”, gli arredi sono flessibili, i materiali didattici sono a disposizione di tutti e l’organizzazione della giornata scolastica è pensata per promuovere attività laboratoriali e cooperative. Dal mio punto di vista, “Scuola senza zaino” non è solo un approccio logistico, ma una filosofia educativa che mette in pratica molti dei principi dell’attivismo e della didattica attiva, valorizzando l’esperienza diretta, la responsabilità individuale e collettiva, e la costruzione condivisa del sapere.
È un esempio concreto di come la scuola possa evolversi per rispondere meglio alle esigenze di apprendimento dei bambini di oggi, creando un ambiente più sereno, inclusivo e stimolante. Infine, non possiamo tralasciare la proposta pedagogica del Service Learning, che trova in Italo Fiorin uno dei suoi più autorevoli sostenitori in Italia.
Questa metodologia, a mio avviso di fondamentale importanza per la formazione integrale dei futuri cittadini, unisce in modo sinergico l’apprendimento di contenuti e competenze (learning) con un servizio concreto alla comunità (service).
Non si tratta di semplice volontariato o di attività extracurricolari, ma di un vero e proprio approccio didattico in cui gli studenti applicano ciò che apprendono in classe per rispondere a bisogni reali del territorio, riflettendo criticamente sull’esperienza vissuta e sul suo impatto. Il Service Learning, nel mio pensiero, rappresenta un ponte eccezionale tra la scuola e la società, promuovendo non solo l’acquisizione di conoscenze, ma anche lo sviluppo di competenze civiche, etiche e sociali, il senso di responsabilità e l’impegno attivo per il bene comune.
È una didattica che “fa”, ma che “fa” con uno scopo, con un impatto tangibile sulla realtà, e che permette ai bambini di comprendere il valore del loro apprendimento nel contesto della vita reale, rendendoli protagonisti attivi del cambiamento. Gli insegnanti, nel loro quotidiano e instancabile operato, si sforzano di bilanciare la necessità di fornire solide basi di conoscenza – dalla grammatica della lingua italiana ai fondamenti della matematica, dalla conoscenza della storia alle scienze naturali – con l’esigenza di sviluppare competenze trasversali e un pensiero critico autonomo.
Questo implica che, accanto alla lezione frontale, che mantiene la sua dignità e utilità in specifici contesti, troviamo sempre più frequentemente attività di gruppo collaborative, laboratori esperienziali, progetti interdisciplinari e un uso integrato e funzionale degli strumenti digitali. La differenziazione didattica è divenuta una prassi comune e necessaria, con gli insegnanti che si adoperano per adattare le strategie alle diverse esigenze e stili di apprendimento di ogni singolo alunno, riconoscendone e valorizzandone le peculiarità. In questa prospettiva, il ruolo dell’insegnante si è trasformato radicalmente: da trasmettitore di sapere a facilitatore dell’apprendimento, a regista di ambienti stimolanti e a “mentore” capace di guidare i propri allievi nel percorso di scoperta e costruzione autonoma delle proprie competenze, un vero e proprio architetto del sapere. In questo contesto, è opportuno ricordare anche la didattica breve, un approccio che, pur non essendo una metodologia specifica come gli EAS o la lezione segmentata, si inserisce nella logica di ottimizzazione dei tempi e di focalizzazione sull’essenziale, spesso in risposta alla necessità di gestire in modo efficace i contenuti e i tempi di attenzione degli studenti.
La didattica breve, a mio parere, si integra bene con le strategie di segmentazione e di microlearning, contribuendo a un approccio più agile e responsivo alle esigenze didattiche contemporanee.
Tuttavia, è fondamentale, a mio avviso, non cadere nell’idealizzazione di queste nuove prospettive.
Ogni metodologia, per quanto innovativa, presenta delle criticità che è doveroso affrontare con lucidità. L’implementazione degli EAS, ad esempio, richiede una preparazione e una progettazione da parte del docente che possono essere estremamente onerose, soprattutto in contesti con classi numerose o risorse tecnologiche limitate. La “lezione capovolta”, pur promettente, può generare disuguaglianze se non tutti gli studenti hanno accesso a strumenti digitali o a un ambiente domestico favorevole allo studio autonomo. Il “Posing”, se non adeguatamente guidato, rischia di trasformarsi in una dispersione di energie o in una formulazione di problemi poco significativi. La “Scuola senza zaino“, pur lodevole nei suoi intenti, implica un ripensamento radicale degli spazi e delle risorse che non sempre è facilmente attuabile in tutte le realtà scolastiche, e potrebbe generare resistenze da parte di chi è abituato a modelli più tradizionali. Anche la didattica breve, se mal interpretata, potrebbe portare a una superficialità nell’approfondimento dei contenuti, riducendo la complessità del sapere a “pillole” frammentate. Il Service Learning, pur con i suoi immensi benefici, richiede un’attenta pianificazione e la capacità di creare connessioni significative con il territorio, aspetti che possono rappresentare una sfida organizzativa non indifferente. La sfida, dunque, non è solo adottare nuove metodologie, ma farlo con consapevolezza critica, riconoscendo i limiti e le difficoltà, e investendo nella formazione continua dei docenti per dotarli degli strumenti concettuali e operativi necessari a navigare con competenza e serenità in questa complessa ma affascinante dinamica evolutiva. È in definitiva, un investimento indispensabile per garantire che la scuola primaria continui a essere un pilastro fondamentale e insostituibile per la crescita armoniosa e lo sviluppo integrale dei futuri cittadini.

Bibliografia

  • Fiorin I, Il Service Learning: per una pedagogia della responsabilità, La Scuola, 2017.
  • Fiorin I, Oltre l’aula -La proposta pedagogica del Service Learning, Mondadori Università, 2023.
  • Maglioni M., Biscaro F., La classe capovolta, Innovare la didattica con la flipped classroom, Erikson, Trento, 2014.
  • Paulo Freire “Pedagogia degli oppressi”, prima edizione statunitense del 1970.
  • Cerini G, Atlante delle Riforme (Im)possibili, Tecnodid Editrice 2021.
  • Maknouz D, La lezione segmentata, Zanichelli Bologna, 2021.
  • Orsi M., A scuola senza zaino. Il metodo del curricolo globale per una didattica innovativa, Erikson, Trento 2016.
  • P.C. Rivoltella, Fare didattica con gli EAS, ed. La Scuola, 2013.
  • P.C. Rivoltella, Didattica inclusiva con gli EAS, La Scuola, 2018.
  • Nicola Serio “Una scuola sostenibile – Itinerari pedagogici e tendenze evolutive”, Armando Editore Roma, 2023
  • Nicola Serio “Scritture e confronti – Incontri Itineranti nelle Scuole”, Armando Editore Roma, 2025
  • Stefano Porcu “Metodologie per l’apprendimento” Franco Angeli, 2025

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