Ricordo che, quando entrai in ruolo all’età di 20 anni nel lontano settembre 1983, compilavo e tenevo aggiornata la scheda personale dell’alunno contenente notizie sul bambino, sulla sua partecipazione alla vita della scuola, nonché le osservazioni sistematiche sul suo processo di apprendimento e sui livelli di maturazione raggiunti (Legge n. 517 del 1977).
Si trattava di una soluzione innovativa alternativa, davvero rivoluzionaria, a quei tempi, a quella che era la pratica valutativa tradizionale. Ricordo ancora i lenzuoli cartacei da riempire per iscritto con stile amanuense e una pazienza certosina. Nel susseguirsi degli anni la valutazione continuò ad essere oggetto di studio e di approfondimento da parte mia poiché mi rendevo conto che questo tema così importante, nonostante le varie modifiche ed introduzioni legislative, rimaneva nel mondo della scuola la “Cenerentola tanto bistrattata”.
Ogni volta che mi si presentava una qualche novità ministeriale in campo valutativo mi ci buttavo con anima e corpo pensando che quella fosse veramente un’occasione di crescita professionale; mi mettevo in gioco, ci credevo, e spendevo tutte le mie energie migliori per rivedere il modo di fare valutazione e il concetto stesso di valutazione nell’ottica del miglioramento. Continua a leggere→
… abbiamo raccolto un po’ di contributi degli accrocchi di intelligenza artificiale generativa alla liturgia di celebrazione dell’evento.
ChatGPT agli studenti
🎓 Ragazzi, in bocca al lupo per l’esame di Stato! Ecco i miei consigli sintetici:
🧠 Ripassate con metodo – focalizzatevi su ciò che conta davvero, non tutto ha lo stesso peso.
📝 Simulate le prove – scrivere aiuta a chiarire idee e gestire i tempi.
📚 Siate trasversali – collegate discipline e attualità: fa la differenza.
😌 Gestite l’ansia – dormite, respirate, e ricordate: non è un giudizio su chi siete.
🗣️ Durante l’orale, parlate – meglio una riflessione imperfetta che il silenzio perfetto.
💡 Mostrate pensiero critico – non recitate, ragionate.
Ce la potete fare. E anche bene. 💪
Ecco due slogan motivazionali pensati per chi affronta l’esame di Stato:
🧭 “Non dimostrare quanto sai, ma chi sei quando pensi.”
(per incoraggiare la riflessione personale)
🔥 “L’esame è un ponte, non un giudizio: attraversalo a testa alta.”
(per ridimensionare la pressione e guardare avanti)
ChatGPT agli insegnanti
🎓 Care e cari docenti,
non temete i chatbot durante le prove scritte: non sono il nemico. Ecco perché:
🧠 Il pensiero non si copia – Un testo generato può offrire spunti, ma non sostituirà mai l’intelligenza viva di uno studente che sa rielaborare, collegare, sorprendere.
📌 Le prove ben costruite smascherano l’automatismo – Domande autentiche, con riferimenti concreti al percorso svolto in classe, rendono inefficace l’uso pedissequo dell’IA.
🎭 L’originalità non è simulabile – Chi copia da un chatbot resta piatto. Chi ha pensato con voi, invece, brilla per voce, stile e profondità.
📚 L’esame valuta un cammino – Un elaborato non è che un frammento: lo sguardo dell’insegnante riconosce il passo di chi ha davvero camminato.
💬 Dialogare con l’IA non è barare – Se uno studente ha imparato a usarla criticamente, ha acquisito una competenza in più, non in meno.
In fondo, la vera sfida non è evitare le scorciatoie, ma rendere il viaggio troppo interessante per volerle prendere.
Cosa prevede l’ordinanza per lo svolgimento dell’Esame di Stato? Il voto in condotta può pregiudicare la “maturità degli studenti”? Qual è il senso nascosto dell’ordinanza emessa dal ministro Valditara?
L’ordinanza per lo svolgimento dell’esame di Stato, secondo una legge approvata lo scorso anno, prevede:
• Solo chi avrà ottenuto un voto pari o superiore a 9 in condotta potrà conseguire il punteggio più alto agli esami.
• Chi ottiene 6 in condotta dovrà discutere un elaborato di cittadinanza attiva e solidale assegnato dal Consiglio di classe.
• Se uno studente ha un voto in condotta inferiore a 6, non verrà ammesso alla maturità.
Diciamo subito che non vi è relazione fra condotta sanzionata e ammissione agli esami.
Le sanzioni “giuste”, fondate sul piano educativo, con “comprensione del valore formativo” e ravvedimento, quando opportunamente emendate con comportamenti “riparativi” e comprese nella loro necessità, con risarcimento e restauro dei danni provocati, non possono né debbono giustificare una “scuola della paura”, autoritaria, escludente, incostituzionale.
L’ordinanza Valditara, invece, rappresenta una stretta sul voto in condotta, uno strumento punitivo, non educativo, con palese confusione tra condotta e profitto.
Qualche giorno fa improvvisamente la piattaforma FUTURA, 4.0 che registra tutti i corsi che si stanno svolgendo in Italia in attuazione del PNRR.ISTRUZIONE, ha introdotto un assurdo filtro che ha fatto per qualche giorno diventare le procedure di gestione complicate, lunghe, inutilmente burocratizzate. Nelle chat dei dirigenti scolastici è partita una serie di post di protesta che sono andati avanti per un paio di giorni finché il MIM non ha fatto marcia indietro. Sempre più spesso le chat dei dirigenti e i post sui vari social stigmatizzano la burocrazia oppressiva: tutto questo rientra nella logica propria dei social che sono molto più facilmente attivabili per indignazione, piuttosto che per proposta. Cioè, se noi ci indigniamo di qualcosa abbiamo audience sui social, se proponiamo qualcosa cadiamo nel dimenticatoio. Dal punto di vista dei contenuti l’idea ministeriale di inserire un filtro nella piattaforma era peregrina e burocratica oltre che inutile e le proteste logiche. Quindi nulla da segnalare.
Le vicende di questi mesi in materia di valutazione (come il ripristino del voto in condotta e il ritorno dei voti numerici nella scuola di base, aboliti nel lontano 1977) segnalano un rapporto difficile tra le esigenze “interne” degli addetti ai lavori e le aspettative “esterne” della società. Ormai sembra che i valori che ispirano coloro che operano all’interno della scuola (pensiamo alle idee di inclusione, accoglienza, pari opportunità, solidarietà) siano assai lontani dalle tendenze della società civile (ove sembrano prevalere l’affermazione dell’individuo, la competizione, il successo). Anche la questione del voto (e più in generale della valutazione a scuola) non sfugge a questo dilemma. Chi sta a scuola, soprattutto in quella dell’obbligo, è legato ad una prospettiva di valutazione formativa, orientata a riconoscere e valorizzare l’apprendimento, piuttosto che a giudicarlo e sanzionarlo. Questi principi pedagogici stanno scritti anche nel testo delle Indicazioni per il curricolo del 2007 (e nelle linee guida del nuovo obbligo scolastico). In poche righe si delinea un coerente sistema, dall’osservazione diagnostica alla valutazione in itinere e a quella sommativa, con il preminente obiettivo di stimolare il miglioramento continuo degli allievi e di regolare l’iniziativa didattica degli insegnanti. Questa filosofia si estende anche all’azione della scuola e del sistema educativo nel suo complesso.
La valutazione, in sintesi, è finalizzata ad introdurre elementi di riflessività in tutti gli attori del sistema, a partire da insegnanti e allievi, per consentire loro di prendere decisioni a “ragion veduta”.
Dall’esterno, invece, proviene una spinta diversa, quella del controllo, della verifica, del rapporto costi/benefici, della tenuta del sistema, riassumibili nella domanda “quanto mi costi, quanto mi rendi?”. Sono istanze che risalgono all’introduzione dell’autonomia, alla legge 59 del 1997, là ove si ricorda che la scuola che gode di autonomia è tenuta a “render conto” della propria produttività culturale. Oggi la rendicontazione sociale (c.d. accountability) è ormai il cardine fondamentale di ogni sistema valutativo, capace di coniugare l’esigenza di trasparenza verso l’esterno, di affidabilità e leggibilità dei dati, di feed-back indispensabile per la scuola (che non può chiudersi a riccio nell’autoreferenzialità delle sue pratiche autovalutative).
Domande impegnative, ma indispensabili
Ma che cosa si valuta? Quali sono gli “oggetti” della valutazione? Tutto è misurabile o nulla è misurabile? C’è il rischio che l’apprendimento sia visto come una scatola nera inespugnabile, che ci si debba limitare a rilevare qualche prestazione/abilità parziale e visibile, mentre le competenze sarebbero condotte della persona ben più profonde, che chiamano in gioco risorse non solo cognitive, ma affettive, sociali, emotive (e quindi assai difficili da descriver, standardizzare, certificare). Da un lato occorre rifuggire da una idea naturalistica dell’apprendimento (a quel punto dove starebbe il valore aggiunto dell’istruzione a scuola, il guadagno di ciascuno rispetto al proprio punto di partenza?), ma anche dalla facile semplificazione che impoverisce la ricchezza dei processi di conoscenza a mere prestazioni comportamentali.
Il dibattito sulla valutazione scolastica, sui voti e sulla media aritmetica (aritmetica, non matematica) tradisce un ragguardevole livello di fraintendimento dei termini impiegati. Questo fraintendimento, che talvolta riguarda anche gente che nella scuola lavora, è sintomatico del fatto che troppo spesso le pratiche didattiche sono governate da luoghi comuni e stereotipi più che da reali competenze. In poche parole, talvolta a scuola certe cose si fanno così perché “si è sempre fatto così” e tanto basta.
In questi ultimi mesi ho visitato decine di scuole e dialogato con centinaia di docenti, studenti, famiglie. Condivido con voi le domande che mi sono state poste più frequentemente e le risposte da me fornite.
I voti sono obbligatori ?
I voti sono obbligatori sulla scheda. Dalla scuola primaria in su, per ogni ambito disciplinare è obbligatorio un voto (numerico o non numerico) sulle schede di fine bimestre/trimestre/quadrimestre (valutazione periodica) e sulle schede di fine anno (valutazione finale).
Questo perché il voto sin dalla sua nascita ha una funzione rendicontativa/classificatoria. Infatti, il voto è una sintesi ordinale della valutazione: è sintetico e classificatorio. Non dice nulla sull’apprendimento ma consente di posizionare studentesse e studenti entro una graduatoria. Continua a leggere→
di Mario Maviglia
Talvolta si coglie nei piccoli dettagli il senso di un’idea, di un comportamento, di una concezione di vita. Prendiamo l’esempio dell’art. 1 della legg 1 ottobre 2024 n. 150 (Revisione della disciplina in materia di valutazione delle studentesse e degli studenti, di tutela dell’autorevolezza del personale scolastico nonché di indirizzi scolastici differenziati) laddove – in riferimento alla scuola secondaria di secondo grado – si stabilisce che nel caso di valutazione del comportamento degli studenti pari a sei decimi, il consiglio di classe assegna “un elaborato critico in materia di cittadinanza attiva e solidale da trattare in sede di colloquio dell’esame conclusivo del secondo ciclo”.
E più avanti si aggiunge che “la mancata presentazione dell’elaborato prima dell’inizio dell’a.s. successivo o la valutazione non sufficiente da parte del consiglio di classe comportano la non ammissione della studentessa e dello studente all’a.s. successivo.”
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Mario Maviglia
Il CSPI ha recentemente espresso il previsto parere sullo schema di ordinanza ministeriale riguardante la valutazione periodica e finale degli apprendimenti nella scuola primaria e la valutazione del comportamento nella scuola secondaria di primo grado. Il Ministro dell’Istruzione, Valditara, ha predisposto lo schema di ordinanza in relazione a quanto previsto dalla recente legge 150 del 1° ottobre 2024 che, com’è noto, introduce nella scuola primaria i giudizi sintetici al posto dei preesistenti giudizi descrittivi previsti dalla precedente legge 41 del 6 giugno 2020.
Dunque, dopo appena quattro anni scolastici la scuola primaria viene di nuovo coinvolta in un processo di revisione del processo di valutazione degli apprendimenti.
La prima questione riguarda proprio questo aspetto: questi continui cambiamenti rischiano di mettere sotto stress le scuole di questo grado scolastico. I docenti non hanno fatto in tempo ad approfondire le modalità di attuazione del precedente sistema valutativo, centrato sui giudizi descrittivi, su cui hanno investito tempo ed energie anche in termini formativi, che sono costretti a rincorrere le novità volute dal ministro di turno.
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Ho letto con l’opportuna attenzione il testo dell’O.M. (in BOZZA) che disciplina le modalità di valutazione periodica e finale degli apprendimenti nella Scuola primaria e quelle del comportamento nella Secondaria di primo grado.
Al netto del format, in Bozza, con cui il documento è stato diffuso, che consiglia come al solito una certa cautela nei commenti, alcune osservazioni si possono già fare. Anzitutto, trattandosi di un provvedimento applicativo della norma primaria (Legge 1° ottobre 2024, n. 150) non ci si aspettavano novità eclatanti, che avrebbero esondato dai limiti e dai vincoli imposti dalla legge. Infatti, non ce ne sono. Vanno semmai evidenziate alcune sottolineature che, in fase applicativa, assumono un certo significato e aprono spazi di agibilità per le scuole.
Per cominciare, attenzione all’articolo 3, commi 4 e 5.
Il primo ribadisce che la nuova (??) modalità di valutazione mantiene nella piena disponibilità delle scuole la VALUTAZIONE IN ITINERE.
Infatti: “La valutazione in itinere resta espressa nelle forme che il docente ritiene opportune e che restituiscano agli alunni, in modo pienamente comprensibile, il livello di padronanza dei contenuti verificati.”
Il secondo valorizza il ruolo dell’istituzione scolastica autonoma e dell’attività collegiale che vi si esplica. Come troviamo scritto: “Le istituzioni scolastiche, nell’ambito dell’AUTONOMIA DIDATTICA di cui all’articolo 4, comma 4 del D.P.R. n. 275/99, elaborano i criteri di valutazione, da inserire nel Piano triennale dell’offerta formativa, declinando, altresì, per ciascun anno di corso e per ogni disciplina del curricolo la descrizione dei livelli di apprendimento correlati ai giudizi sintetici riportati nell’Allegato A alla presente ordinanza.” Continua a leggere→
Composizione geometrica di Gabriella Romano[/caption]
di Stefano Stefanel & Aluisi TosoliniAnche quest’anno, come ormai accade da una decina d’anni, per alcuni giorni dell’autunno le cronache giornalistiche e i social saranno avvolti dai risultati di Eduscopio, il centro di ricerche finanziato dalla Fondazione Agnelli che fa le classifiche delle scuole superiori. Eduscopio agisce in regime di monopolio, perché il Ministero nelle sue varie denominazioni (Pubblica Istruzione, Istruzione, Istruzione Università e Ricerca, Istruzione e Merito) si rifiuta di mettere i dati a regime e di pubblicarli ufficialmente facendo solo trapelare dati parziali dentro indicazioni generali sempre molto controverse (combattere la dispersione ed essere più rigorosi nel bocciare, fornire educazione e formazione e punire il più possibile, insegnare il cognitivo e progettare il metacognitivo) e lasciando, quindi, ad Eduscopio il monopolio dell’informazione sull’orientamento post diploma della Scuola superiore.
La ricerca di Eduscopio è condotta in modo rigoroso, ma parte da un punto di vista settoriale e dunque analizza solo una parte del sistema scolastico. Continua a leggere→