Nuove Indicazioni: il ruolo dell’autonomia scolastica e della progettazione didattica

di Pietro Calascibetta

Si moltiplicano i documenti e i convegni per commentare le “Nuove Indicazioni” per il primo ciclo pubblicate in bozza dal Ministro Valditara per il “dibattito pubblico”. Nonostante i tempi ridicoli che sono stati lasciati per esprimere un feedback professionale, le osservazioni sono unanimi e convergenti nel contestare quasi ogni pagina del documento sul piano didattico, pedagogico, disciplinare, epistemologico e perfino dal punto di vista della coerenza e della struttura testuale.
Molti ne chiedono una profonda revisione, altri le considerano inemendabili e irricevibili.
Vi sono però alcuni indizi precisi che ci dicono che le Nuove Indicazioni sono un testo “blindato” nel suo impianto complessivo e pertanto il problema che si pone nonostante le proteste sarà uno solo: come applicarle in modo “creativo” senza abdicare ad una didattica inclusiva e multiculturale che sia ancora in grado di trasmettere i valori e i principi costituzionali.

QUALE ASCOLTO ALLE CRITICHE E QUALI MODIFICHE ATTENDERSI?

Il primo indizio che non ci sarà alcun ascolto e nessuna modifica sostanziale è che sia stata nominata una commissione ad hoc per compiere questa riscrittura e non sia stato riattivato il “Comitato scientifico nazionale per l’attuazione delle Indicazioni nazionali e il miglioramento continuo dell’insegnamento» istituito con l’art, 3 del DM 254 contestualmente al varo delle Indicazioni nel 2012
La norma indicava una scadenza per la durata dell’incarico dei membri del Comitato, ma non per l’organismo per il quale si può ben intendere che si prevedesse un ruolo di accompagnamento in itinere proprio per permettere quel “miglioramento continuo” come metodo democratico per orientare le proposte di cambiamento in un sistema che si è voluto potenzialmente in grado di evolvere autonomamente, come in effetti è avvenuto nel 2018.
Sarebbe bastato procedere alla nomina di nuovi membri per il Comitato individuando degli esperti in base ai criteri previsti dalla norma vigente, dimostrando così una sincera volontà di avviare una reale revisione migliorativa. La nomina di una commissione nelle segrete stanze del Ministero e l’estromissione di fatto di chiunque (esperti e università) abbia partecipato alla redazione delle Indicazioni del 2012 non può che essere letto come un atto politico e un messaggio chiaro da parte del Ministro leghista non solo nei confronti dell’opposizione e del mondo accademico, ma anche nei confronti della stessa coalizione e dà la misura delle reali intenzioni dell’operazione e del ruolo che vuole giocare la Lega nella “normalizzazione” della scuola.
Un secondo indizio è dato dai tempi messi a disposizione per il “dibattito pubblico” e soprattutto l’impostazione del questionario inviato alle scuole. Questo modo di procedere fa trasparire quanta sia la considerazione del Ministro per la professionalità dei docenti in servizio di cui non si fida e che non considera risorse da ascoltare con attenzione, semmai un intralcio. Questo modo di agire contrasta con le modalità con le quali erano state elaborate le precedenti Indicazioni che avevano avuto addirittura una gestazione bipartisan come ben ricorda Gabriele Benassi su Scuola7 del 31/3/2025.
Un terzo indizio è dato dalle vicende relative all’adozione delle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica. Una vicenda simile a quella che si sta per compiere e a suo tempo sottovalutata. In quella occasione i rilievi del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, che esprimeva un pare tecnico obbligatorio anche se non vincolante, sono stati accolti solo per aspetti marginali, mentre le obiezioni di merito sull’impianto del provvedimento sono stati punto per punto espressamente contestati e rigettati dal Ministro nella premessa stessa del Decreto (da rileggere con attenzione) affermando perentoriamente che “la facoltà di modifica completa rientra nelle prerogative dell’Amministrazione” e lasciando intendere nelle interviste che la scelta di non tenere conto dei suggerimenti si basava sulla convinzione che il CSPI era da considerarsi un organismo di parte.

CHE FARE DI FRONTE AD UN MURO DI GOMMA?

Il rischio peggiore a mio avviso è fare della questione una disputa tra esperti o una questione circoscritta alle Indicazioni Nazionali e lasciare soli i docenti. E’ la trappola dentro al quale si vuole portare il dibattito pubblico ed è difficile non cadervi.
Già nell’audizione al Senato la professoressa Perla, responsabile della Commissione ministeriale, ha messo le mani avanti dicendo che “oltre 100 persone, alcune delle quali spiccano nel firmamento intellettuale italiano e internazionale, […] e tanti altri, hanno coordinato i lavori delle sottocommissioni e prodotto corposi documenti finalizzati alla redazione della bozza attuale. Nel mese di giugno 2024 sono state svolte, inoltre, più di 120 audizioni con associazioni di categoria, consulte degli studenti, società scientifiche, sindacati, associazioni professionali.”
Contrapporre esperti ad esperti, anche se doveroso e direi necessario in certi contesti, non è sufficiente perché non permette di smascherare i veri obiettivi dell’operazione e allontana le famiglie e l’opinione pubblica dal prendere parte al dibattito sentendosi incompetente a parlare di didattica o di epistemologia.

In realtà quella che sta avvenendo è un’operazione politica per minare l’autonomia scolastica e la credibilità scientifica di chi ha predisposto le attuali Indicazioni e le riforme di questi anni con lo scopo di ribaltarne i presupposti e portare la scuola sotto il controllo diretto dell’esecutivo. Non è solo una questione di scelta di contenuti tra Muzio Scevola o la “piccola vedetta lombarda”! D’altronde l’ispiratore di questo nuovo corso e non solo delle Nuove Indicazioni è Galli della Loggia che ha addirittura cercato di fare delle sue opinioni politiche una teoria scientifica con il volume ( da leggere) “L’aula vuota. Come l’Italia ha distrutto la sua scuola”, che vuol dire secondo quanto afferma nel volume, come la sinistra ha distrutto la scuola con le sue riforme.
Mi sembra di sentire già l’accusa che ad essere faziosi e ad avere un atteggiamento ideologico contro l’interesse della scuola e delle famiglie siano quelli che ora contestano le Nuove Indicazioni, etichettati di “sinistra”, come tutti coloro che la pensano diversamente,
L’estromissione delle facoltà universitarie e degli esperti che hanno lavorato alle precedenti Indicazioni perché considerati “woke”, si potrebbe dire usando le parole di Trump, è un atto di cui la destra si vanta con il proprio elettorato! Accettare da parte del Ministro le critiche di quegli stessi che ha estromesso o discuterle sarebbe un cedimento.
Al di là di qualsiasi e pur fondata osservazione che esperti e associazioni possono fare sui singoli punti del testo proposto è sul piano del coinvolgimento diretto delle comunità scolastiche e delle famiglie che a mio avviso si giocherà la possibilità di un confronto con il Ministero che abbia la probabilità non tanto di ottenere delle modifiche significative, bensì di far comprendere all’opinione pubblica la reale posta in gioco e cominciare a costruire un’opposizione dal basso rispetto alle nuove leggi sulla scuola che presto verranno varate.

LA COMUNITA’ EDUCANTE PROTAGONISTA DELLA DEMOCRAZIA SCOLASTICA

Le comunità educanti che hanno negli organi collegiali la loro struttura organizzativa sono composte da famiglie e studenti oltre che dal personale scolastico e rappresentano uno spaccato di quella società civile che è il contesto dove è possibile entrare nel merito dei problemi reali sia educativi , sia di apprendimento che i ragazzi e le loro famiglie si troveranno ad affrontare quotidianamente nelle aule quando si dovranno applicare le Nuove Indicazioni con le loro contraddizioni.
Con le famiglie e non solo nei convegni può essere possibile ri-costruire anche attraverso le mediazioni necessarie un consenso intorno a quel modo di fare scuola inaugurato con l’autonomia e con le Indicazioni vigenti in grado di creare nelle aule quel contesto multiculturale in cui è possibile agire quei valori democratici a cui si ispira la Costituzione.
Spostare il dibattito nelle comunità scolastiche vuol dire credere ancora nella democrazia partecipativa e valorizzarne il ruolo come l’autonomia intendeva fare.
I genitori sono anche potenziali elettori che possono avere una visione non necessariamente ideologica se si discute dei problemi concreti della crescita e del futuro dei loro figli.
Tra le famiglie vi sono anche coloro che non vanno a votare perché delusi o in attesa di essere coinvolti in qualcosa per cui valga realmente la pena impegnarsi e la scuola potrebbe proprio essere l’ambito in cui tornare a dare il proprio contributo di cittadini.
Guardando poi la piattaforma comune della coalizione sulla scuola e le priorità espresse va tenuto conto che le posizioni dei partner di governo della Lega non collimano perfettamente tra loro. Ad esempio a me pare che non sia stata proprio gradita da Forza Italia l’impostazione complessiva data dal Ministro della Lega a queste Nuove Indicazioni. “Secondo Aprea- come scrive Orizzontiscuola.it in un intervista alla responsabile del Dipartimento Nazionale di Foza Italia – il prossimo passo consisterà nell’aprire un dibattito approfondito, coinvolgendo non solo il mondo della scuola, ma anche la cultura, le famiglie e le altre realtà sociali. Il confronto servirà a valutare la fattibilità e l’impatto delle nuove proposte sul piano didattico e formativo, assicurando che le opportunità offerte vengano comprese e implementate con successo”.
Insomma dopo aver fatto un elogio d’ufficio all’introduzione del latino nella prima parte dell’intervista, a me sembra che l’enfasi con cui Aprea parla della consultazione faccia intendere che confidi sulle osservazioni e le proposte che già fioccano dal mondo della scuola sul tavolo del Ministero per aggiustamento del testo senza doversi esporre come partito visto l’esito della proposta di Forza Italia sullo “Ius Italiae” stoppato in malo modo dalla Lega, episodio che ha svelato il reale rapporto di forza tra le due formazioni nella coalizione.
Ciononostante, su queste differenze potrebbero aprirsi delle crepe soprattutto tra l’elettorato della coalizione.

AUTONOMIA, SE CI SEI ANCORA BATTI UN COLPO!

Puntare all’autonomia non è una strategia come un’altra e ha le sue motivazioni tattiche e strategiche. L’autonomia è il contesto giuridico entro al quale le scuole possono confrontarsi se lo vogliono da una posizione di forza con il Ministero e con il Governo.
Se le scuole statali in Italia sono enti pubblici autonomi dotati di personalità giuridica , le comunità educanti che le costituiscono hanno il pieno diritto di agire direttamente attraverso i propri organismi rappresentativi per esprimersi sulle scelte che hanno a che fare con i propri compiti istituzionali e che ora vengono messe in discussione.
Se il compito e la responsabilità delle scuole attraverso gli organi collegiali per la normativa vigente (finché non verrà modificata!) “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana” (DPR n.275/99 art.1 comma 2), per quale motivo l’educazione non dovrebbe più avere a che fare con i compiti della scuola e con la libertà di insegnamento? Perché le scuole tacciono di fronte alle proposte sull’educazione sessuale o sull’inclusione degli studenti arabi e musulmani?

Se il compito istituzionale è di adeguare la progettazione « ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti» spetta ancora legalmente alle scuole, attraverso gli organi collegiali, rivendicare voce in capitolo sulle questioni che le riguardano direttamente.
Purtroppo, e lo noto come triste evidenza, non mi risulta che i consigli di istituto abbiano detto fino ad ora alcunché o si siano riuniti nell’ambito delle loro funzioni per formulare ufficialmente un parere e dare una risposta con formale delibera qualunche fosse stata, al questionario ministeriale sulle Nuove Indicazioni.
I pronunciamenti dei collegi o delle associazioni possono essere etichettati facilmente come “di parte” perché composti da addetti ai lavori influenzati, secondo la propaganda del governo, dalla cultura “woke” che pervade, secondo la vulgata che si vuole affermare, gli “intellettuali”, ma le famiglie in verità fanno parte di quel “popolo” a cui le destre si riferiscono spesso.

La mancanza di uno specifico organismo associativo delle autonomie scolastiche in grado di essere un interlocutore autorevole nei confronti nel Ministero, come è, tanto per fare un esempio, l’ANCI per i comuni, anch’essi enti pubblici autonomi e la mancanza di una vera e propria governance saldamente e normativamente imperniata in modo vincolante intorno al Sistema delle autonomie come l’impianto dell’autonomia richiedeva, fa sì che le scuole nonostante siano soggetti giuridici a sé, siano vulnerabili alle pressioni ministeriali perché isolate le une dalle altre, come nel caso delle Nuove Indicazioni e in ogni scuola altrettanto isolati siano i docenti. Un isolamento che permette che siano eterodirette di fatto da viale Trastevere con un approccio pseudo gerarchico.
Penso sia necessario riflettere sulla necessità di liberare le scuole autonome da un atteggiamento ancora contrassegnato da una dipendenza psicologica rispetto al Ministero anche su questioni che la legge stessa delega all’autonomia.
L’autonomia scolastica è rimasta così come in bilico tra la possibilità giuridicamente concreta delle istituzioni scolastiche di giocare fini in fondo il proprio ruolo nella società e l’ambigua tutela del Ministerio esercitata a suon di note e circolari a cui ci si è abituati ritornando a quell’atteggiamento esecutivo di dipendenza del passato che ora fa il gioco del Ministro leghista.
(Interessante su questo tema della rappresentanza e il coordinamento delle scuole autonome un lucido intervento del compianto Franco De Anna all’interno del suo contributo ” Autonomia differenziata e equivoci culturali, politici, istituzionali” in Aspera-Adastra.com/politichedellistruzione).

Credo che nella scuola la resilienza debba ripartire dalle assemblee, dai comitati di genitori e studenti e degli organi collegiali di istituto, tutti organismi legali previsti dalle norme (fino ad ora!). E’ nella comunità scolastica, ripeto ancora, che si trova quella società civile che sembra sia stata dimenticata dall’opposizione.
Forse non c’è stato il tempo, ma mi auguro che il coinvolgimento della comunità attraverso i suoi organismi avvenga realmente e le scuole facciano sentire la loro voce.

LE NUOVE INDICAZIONI UN’OCCASIONE PER RICONSIDERARE IL RAPPORTO CON LE FAMIGLIE

La valorizzazione del ruolo delle famiglie e degli studenti nella realizzazione del curricolo di istituto e il loro coinvolgimento ribadito anche dalla Buona Scuola così criticata diventa strategicamente fondamentale in questa fase, perché di solito ci si mobilita per difendere solo ciò che si comprende e in cui si crede fino in fondo!
Voglio consigliare di rileggere quanto è stato scritto nelle Indicazioni 0-6 dalla Commissione coordinata da Giancarlo Cerini sul ruolo delle famiglie che non riguarda solo la scuola dell’infanzia come può sembrare. Chi ben inizia è a metà dell’opera recita un detto. L’input che i maestri possono dare all’ingresso delle famiglie nel sistema scolastico può influenzarne il ruolo e la partecipazione negli anni successivi fino alla maturità. Una mia riflessione più ampia su questo punto delle Indicazioni 0-6 si può trovare su Scuola7 del 6/6/2021.

Purtroppo anche nella scuola si trovano i delusi sia tra i genitori, sia tra i docenti. Nella scuola si scontano le mancanze e le leggerezze di questi anni nel sottovalutare l’importanza della comunicazione e del coinvolgimento delle famiglie e degli studenti nella progettazione del curricolo di istituto, soprattutto nella secondaria di secondo grado.
La partecipazione delle famiglie e degli studenti è stata vissuta troppo spesso come un rituale concesso e sopportato in nome di una democrazia immateriale, piuttosto che un atto di democrazia sostanziale per migliorare la qualità della scuola e la formazione civile degli studenti che è un bene comune e non di un partito, né di una corporazione.
In questi anni non è ben emerso agli occhi di tutti lo scopo e il significato che avevano non solo gli organi collegiali, ma l’intero sistema di norme che possiamo chiamare dell’autonomia per l’applicazione dei valori della Costituzione alla scuola e la specifica funzione delle Indicazioni nazionali per creare quei contesti di apprendimento che potessero permettere di fare della scuola un laboratorio per l’ apprendimento dei valori e dei principi costituzionali attraverso lo studio delle discipline e la collaborazione con il territorio che vuol dire con la società civile e quindi con le famiglie.
Se illustri commentatori ed esperti, financo esponenti dell’opposizione non certo indulgenti verso il governo attuale, affermano pubblicamente che i genitori dovrebbero stare fuori dalla scuola e molti docenti lamentano una burocratizzazione del lavoro anche per la presenza dei genitori c’è evidentemente qualcosa che non va nel modo con cui si è agita l’autonomia da parte di chi ci ha governato nel passato.
In un momento come quello attuale in cui si tenta di isolare i cosiddetti “intellettuali di sinistra” dal cosiddetto popolo, la difficoltà è passare da un linguaggio per addetti ai lavori ad un linguaggio in grado di essere compreso da tutti e che possa essere difficile manipolare perché centrato sui problemi concreti che nella scuola sono quelli di apprendimento degli studenti di fronte alle Nuove Indicazioni, come ad esempio nella primaria e nell’infanzia.

LA PROGETTAZIONE COME POTENTE DISPOSITIVO PER UNA RIELABORAZIONE CREATIVA DELLE NUOVE INDICAZIONI

Un altro elemento cardine per una resilienza che possa ri-costruire un futuro alternativo alla situazione che si va prospettando nella scuola è la progettazione didattica.
La progettazione del curricolo di istituto, dei singoli percorsi disciplinari, delle UdA e delle singole lezioni alla luce delle Nuove Indicazioni che si dovranno pur sempre applicare. Ma la progettazione va agita fino in fondo e bene.
Sarà necessario prepararsi con un approfondimento serio sugli aspetti epistemologici delle discipline e soprattutto migliorando le competenze di progettazione dei docenti non particolarmente consolidate in questi anni, visti anche i rilievi fatti in tal senso dal Comitato durante la revisione del 2018 che sottolineava ad esempio la persistenza delle lezioni frontali.
Per questo motivo è necessario un coinvolgimento del modo accademico e dell’associazionismo democratico e una revisione dei modelli di formazione per adattarli al maggior impegno professionale a cui si aggiunge quello civile richiesto oggi per curvare le Nuove Indicazioni in modo da salvaguardare quel modo di fare scuola che le Indicazioni vigenti permettevano.
Gli organismi nell’affrontare una ri-progettazione dei curricoli possono ancora godere di non pochi strumenti nella normativa dell’autonomia per poter continuare ad adeguare la progettazione « ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti» (DPR n.275/99 art.1 comma 2) in base ai valori costituzionali.
Ricordo che l’allora Ministro Berlinguer a chi chiedeva cosa si potesse fare realmente con l’autonomia rispondeva dicendo che tutto ciò che non è espressamente vietato sarebbe stato possibile. Un insegnamento che non ho mai smesso di tenere presente nella sperimentazione in cui ho lavorato.
E’ proprio nel rivendicare la propria autonomia nel compito di progettazione del curricolo che le scuole possono trovare quelle soluzioni “creative” per sviluppare il pensiero critico e la riflessività partendo dalle contraddizioni presenti nel testo, facendo così di “necessità virtù”.
Io credo che questa possa essere la linea di condotta da assumere in questa occasione nei dipartimenti disciplinari, nei collegi e nei consigli di istituto rispetto all’applicazione delle Nuove Indicazioni.
La collegialità e la scrupolosa attenzione agli aspetti procedurali delle decisioni sarà fondamentale nella progettazione delle Nuove Indicazioni in previsione di un’azione particolarmente vigile da parte del Ministero che sarà supportata capillarmente dalle “sentinelle” dormienti degli elettori della Lega nelle singole scuole pronte a segnalare qualsiasi scelta da parte dei docenti che sembrerà loro sospetta come già hanno fatto e le cronache ci hanno segnalato.
Per questo i docenti non vanno lasciati soli perché la partita si giocherà di singoli istituti.

IL DIRIGENTE SCOLASTICO IN MEZZO AL GUADO

Nell’applicazione delle Nuove Indicazioni un ruolo importante dovrà necessariamente giocarlo la dirigenza. Il dirigente scolastico come responsabile di un istituto giuridicamente autonomo si troverà da una parte ad essere impegnato a sostenere la propria comunità nel trovare soluzioni giuridicamente praticabili nell’ambito dell’autonomia per porre rimedio almeno ai “bachi” più evidenti delle Nuove Indicazioni e dall’altra a dover rendere conto del proprio operato secondo gli obiettivi di valutazione che in base alla nuova normativa saranno formulati da parte dei capi dipartimento del Ministero gerarchicamente dipendenti dal Ministro con il rischio che tali obiettivi siano funzionali ad allineare le scuole ad un atteggiamento esecutivo e ad obbligare di fatto i dirigenti al ruolo di meri esecutori di disposizioni ministeriali piuttosto che leader autonomi delle loro istituzioni a cui dover eticamente rispondere per il ruolo ricoperto.
Rivendicare e soprattutto agire fino in fondo il proprio ruolo di dirigente sarà la vera sfida che i dirigenti scolastici dovranno affrontare, ma potranno affrontarla solo se nel proprio istituto sarà presente una vera comunità educante consapevole dei propri diritti e con la volontà di affrontare la situazione in modo pragmatico, creativo e intelligente nell’interesse degli studenti e non di qualsiasi ideologia. Anche il dirigente non va lasciato solo.
I dirigenti sanno bene che le Nuove Indicazioni non sono il primo intervento che mette in discussione l’autonomia delle scuole.
E’ stato il caso delle disposizioni ministeriali durante il Covid che non hanno permesso alle scuole di poter adattare le norme generali alle situazioni locali e hanno lasciato a casa gli studenti anche quando il contesto avrebbe permesso di fare diversamente; è stato il caso delle Indicazioni per l’educazione civica che, pur definendo per fortuna ancora i traguardi da raggiungere, entra nel merito di come organizzare la progettazione di tale attività e soprattutto le modalità di valutazione che avrebbero dovuto essere prerogativa dei collegi, lo stesso è accaduto più recentemente nelle disposizioni sulle iniziative del PNRR.
Se si leggono con attenzione le norme per l’istituzione della figura del tutor e per i corsi di recupero possiamo renderci conto che, con il pretesto che si tratta di fondi europei da rendicontare, alle scuole sono stati dati dei vincoli precisi non solo organizzativi, ma anche metodologici vincolanti uguali per tutti che condizionano le possibilità di agire l’autonomia organizzativa, di ricerca sperimentazione e sviluppo da parte dele scuole su ambiti cruciali per poter adattare l’azione “alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti” .

Il Ministero si sta già riprendendo nell’indifferenza generale e non da oggi , la sua potestà nella gestione della didattica ponendo vincoli che sono incompatibili con l’autonomia didattica, di ricerca, sviluppo e sperimentazione usando in modo ipocrita in ogni circolare e nota l’espressione “nel rispetto dell’autonomia delle scuole”. Una deriva che ora è sfruttata alla grande in questa operazione di ripresa di controllo della scuola per quella transizione silenziosa in atto ad una democrazia non liberale, confinando così l’autonomia solo a quella burocratica e amministrativa.
L’applicazione delle Nuove Indicazioni nazionali può offrire la possibilità di ridare alle autonomie scolastiche il proprio ruolo di avamposto dell’educazione alla cittadinanza attiva se le scuole come comunità sapranno reagire in modo intelligente e pragmatico perché la forma che assumerà la scuola è cruciale nella difesa della democrazia

Loading